Streghe, Dee, Befane, Donne e Valchirie: alle origini della Stregoneria e la Vecchia Religione nell'Europa Antica e Occidentale

“Sappiamo dalla storia che l'inquisizione cancellò per lungo tempo tutte le tracce dell'antico potere. Ma in molte donne l'antica strega si è risvegliata e rivela i suoi segreti”.
Le Tredici Lune, Luisa Francia

Premessa

Sebbene l’apogeo della persecuzione contro le streghe nell'Europa occidentale sia stato raggiunto nel periodo tra il 1580 e il 1650, ovvero nell’epoca della controriforma, la durata della Caccia alle Streghe va collocata pressoché tra il 1300 e il 1700, con un picco tra il 1560 e il 1630 e, del resto, non si è mai conclusa veramente, dato che sono state registrate accuse di stregoneria e relativi pestaggi e uccisioni di donne innocenti anche a Ottocento inoltrato, persino nella Valsesia, praticamente dietro l'angolo.
Secondo un documento chiamato Consilium citato da Laura Rangoni in Vivere Wicca, la prima accusa di stregoneria mai registrata in Europa riguarderebbe una strega di Orta San Giulio, in Piemonte, e venne inviato all'allora vescovo di Novara intorno al 1340. 
Sebbene lo storico erudito Massimo Centini suggerisca l'inattendibilità storica di tale testimonianza (poiché tale documento non venne mai ritrovato) l'informazione mi ha sempre colpita a diversi livelli: sentire per credere (e non vedere per credere) è forse uno dei concetti fondamentali che una strega dovrebbe conoscere, prima di dirsi tale.
Chiunque abbia mai visitato il Lago d'Orta, sa bene che i reami di nebbia e foschia ove pare sospesa, non fanno stentare a credere che, proprio lì, in prossimità dell'isola di San Giulio, un tempo abitata dai mitici serpenti della Grande Madre, scacciati dall'omonimo santo, secondo la leggenda, possa aver vissuta una vera strega
— Ma chi è la vera strega? —. Questa è la domanda cruciale, alla quale questa ricerca si propone di rispondere.
A ogni modo, secondo dati raccolti dal Centini, solo in Piemonte, la terra in cui sono nata e da cui mi accingo alla stesura del brano, i casi schedati di accusa per stregoneria o eresia abbracciano un inquietante arco di tempo che ha flagellato le vittime coinvolte dal 1292 al 1740, ossia quasi cinquecento anni! 
Per saperne di più sulla strega di Orta è disponibile il testo intitolato La Strega di Orta.
Per scoprire il resto, si può proseguire la lettura...

Una via eretica

“Ciò in cui credo è ciò che conosco e quindi lo vivo”.
Guido Von List, Il Segreto delle Rune

Nel corso del Medioevo la Chiesa e in generale le istituzioni ecclesiastiche acquisirono sempre più potere, esercitando un crescente controllo sulla vita della gente in Europa. 
Per combattere ed estirpare le eresie, ovverosia le “scelte” – dato che eresia deriva dal greco «haìresis», ovvero scelta – difformi rispetto al nuovo dogma ormai imperante e destinato a ulteriore diffusione, nel 1231, il Tribunale della Inquisizione acquisì uno status legale che, manifestatamente, ne rivelò il carattere crudele e coercitivo: l’allora papa Innocenzo IV autorizzò infatti gli inquisitori a servirsi di violente torture al fine di estorcere dalle bocche dei sospetti miscredenti forzate confessioni, nonché denunce di altri eretici. 
Tale organizzazione giuridica, definita “santa” dagli esponenti della Chiesa di Roma, formalmente approvata e riconosciuta da numerosi pontefici, ha confiscato beni, rinchiuso in buie e inospitali prigioni, calpestato i più elementari diritti umani e civili, messo all’indice innumerevoli opere di pregiata fattura ma soprattutto ha mietuto, nell’arco di circa cinque secoli, decine di migliaia di vittime, prediligendo l’arsione dei corpi ancora in vita. 
Essere bruciate vive doveva infatti costituire un formidabile deterrente nei confronti di eventuali pagani che intendessero continuare a praticare i loro culti e rituali, giudicati inferi e diabolici dalla nuova religione. Tuttavia, se pur in un clima diffusamente macabro e repressivo, nelle campagne, al limitare dei boschi, nei luoghi più isolati, gli antichi culti pagani continuarono, in segreto, a sopravvivere. In epoca medievale, ed ancora all’inizio dell’età moderna, è verosimile che gruppi di donne disseminati in tutta Europa mantenessero vive tradizioni e rituali risalenti a un passato che andava forse svanendo. All’inizio del Quattrocento si erano ormai delineati, nell’immaginario popolare, i tratti peculiari della cosiddetta “strega”. 
Con questo termine, si indicava una donna eretica accusata di aver rifiutato, oltraggiato o rinnegato la fede cristiana, di aver stipulato un patto con il Diavolo, ovvero con la figura che nelle Scritture bibliche incarna il maligno, e di essersi a lui congiunta. 
Innumerevoli supposte streghe vennero perciò arse vive dai tribunali dell’Inquisizione, come testimoniano i verbali dei processi giunti fino a noi.
Le Streghe nell'Europa Occidentale, Margaret A. Murray; brano edito da Edizioni della Terra di Mezzo, pp. 7-8

“Studiate il passato se volete vedere con chiarezza il futuro”.
Kung Fu-Tse, filosofo e riformatore cinese, padre del confucianesimo

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Strega, Sirena, Valchiria e Sibilla: etimologia comparata dall'Europa Antica al gelido Nord

Colpita dal fatto che, etimologicamente, anche la Valchiria (alla stregua della eretica) è colei che sceglie (dal ted. Walküre, antico nordico valkyrja comp. di valr "ucciso" e kyrja "che sceglie"), ho svolto questa ricerca seguendo una pista inaspettata, ma che ha risolto ogni mio dubbio, confermando che le mie intuizioni, ab origine, erano vere!

“La dea della morte compare nelle regioni europee come un rapace sul campo di battaglia, come per esempio l’irlandese Morrìgan o Badb(corvo), o la greca Atena (civetta). Nella mitologia norrena diventa la Valkyrja, ovverosia “colei che sceglie i caduti” o “masticatrice di cadaveri”,  fanciulla guerriera che riecheggia la dea-avvoltoio dell’Europa antica. (…) Nei miti, gruppi di Valchirie compaiono anche come cigni che possono assumere fattezze di fanciulle e appartarsi al limitare di corsi d’acqua”. 
Marija Gimbutas, Le dee viventi, cit., p. 265; Cfr. Le Divinità Femminili del Pantheon Nordico, Claudia Emanuele, Edizioni La Zisa, pp.73-74

La parola inglese «witch» ha origine nella cultura anglosassone e deriva dall'antico inglese «wicce», da cui “witchcraft”, l'arte della strega. 
“Witch” è un termine relativamente moderno dai molteplici significati come «piegare, modellare», oppure potrebbe avere una connessione con «wise», che significa saggia o saggio
Secondo un altro testimonio, la parola witch potrebbe derivre da una radice wyc dell'Antico Inglese, con il significato di dare forma, piegare, altri sottolineano la connessione con un termine più recente, wit, che vuol dire costruzione ingegnosa, inconsueta.
Il termine witch, che dovrebbe essere adoperato indistintamente sia per gli uomini che per le donne, inizialmente per i cristiani ebbe connotazione prettamente femminile per il semplice fatto che i misteri femminili di cui tale connotazione era pregna erano considerati intrinsecamente maligni. 
In altre lingue, come in tedesco, l'etimologia è differente.
Hexe, strega in tedesco, ad esempio, deriverebbe dall'antico alto tedesco «hagzissa», che ha a che fare con le figure folcloriche connesse al sangue, alla luce e all'inverno.
Una parola simile a strega, di origine norrena, era «vitki» di chiara etimologia legata a wicce
In genere il termine «strega» (almeno per quanto riguarda la lingua italiana) è collegato al latino «strix», ovvero “uccello notturno”, nello specifico un barbagianni, anche se l’etimologia è incerta. 
Col tempo il latino striga si è trasformato nell'italiano stregare, ossia incantare, pertanto strega e incantatrice sono diventati sinonimi ma, secondo Raven Grimassi la prima parola per indicare una strega  potrebbe avere radici nel greco antico «pharmakis», che significa «erborista che prepara pozioni», oppure nell'italiano «strigare» che significa «estrarre», di chiara semantica alchemica rispetto alla estrazione dell'«aurum non vulgi» dalla grotta interiore del sé (ovverosia l'oro non comune cui si riferivano gli alchimisti, figure per certi versi molto simili alle streghe). 
In effetti, è proprio da questa visitazione singolare del termine che si è originata la cosiddetta «stregheria italiana», ove stregheria ci piace di più, rispetto a stregoneria (fosse anche per la connotazione negativa che ha assunto ultima e per il fatto che il termine è palesemente maschilista, poiché fa riferimento allo stregone).
Nell'Alto Medioevo i testi giuridici propongono termini come striges, strigae, lamiae: demoni pagani femminili, dediti a truculenti rituali notturni, creature spesso assimilate anche alle herbarie popolari, che nel Pactus Alemannorum(600), per la prima volta furono accostate alla strega.
Fu altresì a partire dal Medioevo ‒ nonché dall'affermarsi sempre più del culto cristiano in Europa ‒ che la strega venne identificata con le qualità dei rapaci notturni: nella religione romana arcaica c'era una creatura mitologica chiamata “striga” a cavallo tra il vampiro e un rapace notturno, forse è da ciò che nacque il mito della strega che succhia sangue ad animali e bambini.
Durante una delle campagne inquisitorie nella Valle Antigorio, testimonia il celebre Don Tullio Bertamini in Luci su Croveo (un libro non più rintracciabile e che ho avuto la fortuna di sfogliare tra i documenti locali) alcune streghe vennero addirittura imputate come Lamie, figure non dissimili dalle Empuse, ovverosia una delle tante epifanie della dea infera Ecate (come suggeriscono Claudia e Luigi Manciocco ne L'Incanto e L'Arcano, p.36).
In spagnolo, ad esempio, il termine Bruja sembra significare sia strega che «civetta». 
Le striges di Ovidio, erano per metà uccelli e per metà donne (similmente alle sirene omeriche, dove fra l'altro una delle molte dibattute origini etimologiche di «sirena» è il termine greco «syrizo», che significa zufolare, fischiare, e ancora Esichio menziona un tipo di gufo detto «sirena»).
Non mancano leggende europee dove streghe, sirene (e fate, che sono con tutta probabilità antenate delle streghe) condividono i loro corredi e poteri naturali legati alle acque e ai boschi.
Le sirene, pure se i più le credono nate dalla mitologia patriarcale odissiaca, hanno una dietrologia mitica preindoeuropea, mesopotamica/asiatica che, come si vede nella mia ricerca intitolata Le Sirene, Miti e Rivelazioni Alchemiche dalle Originiaffondano le radici etimologiche in espressioni descrittive della acustica, sensorialità e morfologia di animali come gufi, cormorani e, in generale, trattasi di figure femminili rappresentative di quasi tutte le dee aviformi (e ittiomorfe) che hanno attraversato il mito antico, a partire dalla mezzaluna fertile e, per espansionismo/diffusionismo, fino al più gelido Nord, in un continuum di donne, streghe e creature acquatiche che, in fin dei conti, sono da considerarsi sfaccettature di un unicum, «temutissimo» volto ancestrale di donna sacra che, alla stregua dell'uccello notturno, sosta nei reami di foschia e oscurità, ben rappresentati dalla notte e dalle profondità delle acque cui la strega, antenata della dea ctonia è famigeratamente attribuita.
La stessa dea norrena Frigg/Freya (la figura più simile a una grande madre rimasta viva nella mitologia Eddica) entra qui in causa per il suo attributo di dea-uccello e strega: ella dimora nel Fensalir, ovvero nella «sala delle profondità marine» ed era chiamata presso tribù germaniche diverse Mardoll – che significa splendore del mare –  e Syr – forse in relazione all’uscita asiatica del suo doppio Freya, del resto assimilabile in quanto dea dell’amore al femminile “sirenico” dell’antica Asia che ha generato anche Afrodite, nondimeno un altro volto della dea Syria, sirena per antonomasia.  (Giambattista Vico nella Scienza Nuova, fa riferimento alle sirene in quanto Sir, citando anche la Ninfa Siringa di Ovidio, e collegandole entrambe ai versi con cui comunicavano Siri e Assiri).
Ancora alla Madre dei Vani ci si rivolgeva con l'epiteto norreno «Heidh», con il significato di strega; i cui attributi delle sue nove ancelle filatrici sono per certi versi assimilabili a quelli delle Nornir e delle Dísir (le ultime venerate come Madri della Stirpe nelle Dodici Notti di Natale).
Fra i suoi animali sacri sono ricordati il «falco» di cui possiede un segreto travestimento e l'airone, il cuculo e la rondine....
Proseguendo, molti dei culti antichi legati al femminile magico, ab origine connesso a poteri di guarigione e miracolo, poi degenerato nella accezione negativa di stregoneria durante l'epoca della caccia e conversione, sono infatti connessi alla donna e al suo legame profondo con l'acqua e le famose correnti telluriche individuate dapprima dagli etruschi e poi dai celti, nella «Wouivre» (così chiamata dai Galli) ovvero l'energia serpentina sotterranea, motivo che richiama le dee nelle forme di serpente e altri animali ctoni, emblema del femminile antico schiacciato sotto al piede dell'arcangelo Michele o da San Giorgio e San GIulio. 
L'energia tellurica che serpeggia nei meandri della nostra terra ha sempre ispirato una natura femminile, in quanto simile ai genitali della donna che sono interni e bui, tanto è vero che animali come serpenti, lucertole e altri quali uccelli notturni sopraddetti, sono tipiche forme che la dea e la donna (e per estensione la Strega) hanno assunto nel mito, a partire dalla Grande Signora degli Animali Mesopotamica da cui con tutta probabilità si sono generate nel corso del tempo altre dee asiatiche tra cui Syria ‒ dea sirena per eccellenza ‒ Derceto, Atargatis, Astarte (Madre celeste dei semiti e miracolosa meteora che coincide con la apparizione della  cometa di Epifania) fino alla Afrodite della bianca spuma del mare, che porta il corredo sirenico di queste ultime.
La donna-strega (e sirena), nella quale tutte queste vesti si sono canalizzate e hanno trovato posto, era una conoscitrice intuitiva dell'incanto e veniva perciò intimamente collegata al “diavolo” e al maligno in generale, «poichè tutto ciò che è arcano è da temere», almeno quando il germe dell'ignoranza impera
Un altro termine utilizzato per delineare le streghe era «pagano/pagana» che entrò in voga in Occidente intorno al IV secolo d.C., (in contrapposizione a christianus). Etimologicamente, pagano, delineerebbe le donne e gli uomini che abitavano nei «pagus», ossia nei piccoli paesi, ben lontani dalle città ormai inevitabilmente cristianizzate, che perpetuavano riti, usanze e preghiere che, a causa della venuta del cristianesimo, venivano sempre più intimamente connessi a entità di natura malefica, concentrate nella figura sempre più ripugnante del diavolo. 
Il diavolo, però, non ha assolutamente nulla a che fare con l'antico culto cui le vere streghe erano e sono dedicate, poiché è una suggestione puramente cristiana. 
I greci, semai, parlavano di un «Daimon» ossia un demone (identificabile secondo una personale suggestione anche nel termine «Luonto» utilizzato dalla sapienza millenaria sciamanica balto-finnica e artica, negli incantesimi riportati nella Mythologia Fennica del 1789) che abitava all'interno di ognuna e ognuno, una presenza misteriosa che veniva scelta da ogni anima nel viaggio che precedeva l'incarnazione fisica,  sotto l'egida delle Parche/ Fatae.
Tale Daimon, «demone», inteso come anima e volontà profonda innata, non ha nulla a che fare con Satana e i cattolici.
Altre espressioni che connettono il significato di strega a quello di sirena sono, ad esempio, quella individuata da Robert Graves  ne La Dea Bianca che chiama le sirene «coloro che prendono al laccio». 
L'etimologia più condivisa per sirena, però, ed è ciò che fa tornare alla «nostra strega», sembra essere il radicale semitico «sir», nonché la parola «sirein», che letteralmente si traduce con magico canto o «incantamento». 
La parola incanto è composta dal prefisso «in», che significa dentro e «cantum», che in latino significa canto: streghe e sirene sono entrambe “Klagefrauen, ossia signore del lamento, un suono che esiste nel cielo, nel mare, sulla terra e produce l'armonia delle sfere, si incarna nel sibilo del vento e nel fragore delle onde del mare”. (Le Sirene Esistono, Elissa Piccinini).
Se ne conclude che la strega come la sirena è una incantatrice, colei che intona «un canto che proviene dall'interno». 
La strega è colei che sa, colei che vede, colei che sente e, ancora, «estrae» (Cfr: strigare, estrarre) dalle profondità del suo essere la voce di una memoria antica, che contiene in sé tutta la sapienza.
Un'altra etimologia che si potrebbe sentire vicina a quella di streghe, sirene e in generale alle filatrici del destino, è quella della Sibilla: la parola sibilla proviene dal latino «sibyllinus» ma l'etimologia è incerta, pure se Varrone suggerisce un significato simile a consigliera di dio oppure «volontà divina». 
Le sibille, presso il Tempio di Apollo predicevano il futuro e avevano funzione oracolare/indovina. 
Anche per le sirene c'è stato un tempo in cui avevano dimora presso il Tempio di Apollo:  nella profetica Delfi erano anche dette «cele'dones» «le Incantatrici» illuminate dalla luce lunare della dea Selene.

Scopa, cappello e volo magico: streghe, Nornir, Valchirie e il Volo delle dee alle origini della caccia Selvaggia

Certe femmine perverse, rese schiave di Satana e sedotte da immagini e fantasmi di demoni, credono e attestano di cavalcare nelle ore notturne con Diana, la Dea dei pagani o con Erodiade (cfr. Nota II), e una innumerevole moltitudine di donne su certe bestie (...) e fanno qualsiasi cosa quelle fate o signore comandano
Concilio di Ancira, canone del IX secolo; cfr. Le Streghe nell'Europa Occidentale, Margaret A.Murray, Casa Editrice della Terra di Mezzo

Dalle testimonianze tratte dagli interrogatori durante la prima ondata di persecuzione a carico delle streghe della Valle Antigorio, Ossola e Formazza del 1519, riportate nel Libro Luci su Croveo da Don Tullio Bertamini, emerse che il volo delle streghe si alzava al massimo ad un metro da terra e non di più. Molte sono le credenze, attestate da James G. Frazer tra i contadini primitivi dell'Europa sia occidentale che dell'Est, nondimeno in alcune aree balcaniche, dove a gennaio c'era l'usanza di scacciare le figure volanti (oltre le quali c'è senz'altro la figura della Grande Antenata neolitica, la Befana ) che avrebbero potuto danneggiare i raccolti. 
Venivano curiosamente scacciate con le scope, quando sono proprio bastoni e altri ricavati dallo spirito della antenata arborea, come visto, ad essere stati ab origine i simboli di queste madri e tutrici del focolare e del raccolto, figure preesistenti che prima della assimilazione e conseguente storpiature dei miti e delle figure folkloriche ad opera di popoli indoeuropei arrivati dopo, erano considerate benevole e di buon auspicio. 
D'altra parte, il tema del volo magico, fa notare Mircea Eliade in Lo Sciamanismo, op. cit. p. 511, ampiamente diffuso nei miti, fa parte della ideologia della magia universale ed è caratteristica peculiare degli esseri d'oltretomba, oppure di iniziati che compiono un viaggio estatico. 
Dalla Siberia fino all'antico Egitto sono state molte le rappresentazioni dell'albero-madre; che nel caso degli Egizi è considerato una vera e propria dimora della progenitrice. 
Nelle fiabe si sono infatti conservati i motivi del bastone, della scopa o della bacchetta magica.
Del resto, l'opinione che le streghe si potessero librare in volo ha radici nell'antico ed era diffusa in tutta Europa fin dalla preistoria. 
Anche la scopa (ricavata dall'albero-madre ove dimorava la progenitrice mitica della stirpe, sia nella tradizione siberiana con parallelo in quella dell'antico Egitto) è alla base della credenza che il defunto o antenata celata nell'albero come potenza madre-arborea, potesse conferire a rametti, bastoni e conseguentemente alla bacchetta fatata di causare il movimento magico (ibidem)
Le streghe cavalcavano, nelle leggende, bastoni o animali magici ‒ quando non direttamente i diavoli, secondo la degenerazione cristiana della narrazione ‒ invero queste si ungevano con delle pomate magiche, di cui sono girate anche alcune ricette sconcertanti, fatte di carne di bambini non battezzati e altre diavolerie sostenute tra gli altri da Reginald Scott, autore di The Discoverie of Witchcraft(1584). 
A ogni modo, è probabile che il volo famigerato, sia da intendersi come volo interiore (o spirituale), altresì come volo sciamanico che le antenate e gli antenati di potere svolgevano viaggiando sull'albero madre (Axis Mundi) in quel particolare cammino di scoperta interiore che conduce a conoscere i vari piani dell'esistenza che, se sono sempre stati immaginati come connessione tra la terra e il cielo, sono in realtà piani che, a livello microcosmico, esistono dentro.
Tornando ai paralleli; Claudia Emanuele, nel libro Le Divinità Femminili del Pantheon Nordico, p. 74, ricorda che a suo avviso non andrebbe a ogni modo confusa la valchiria con una strega o una gigantessa e, d'altro canto, conferma la possibile assimilazione tra Valchirie e Norne, a causa del loro legame col destino.
Si fa notare, a ogni modo, che secondo i miei studi, una voce in particolare sarebbe una efficace conferma del collegamento tra la valchiria e la strega. 
Il nome di una delle valchirie proviene dal norreno ed è «Thrudhr» (Cfr: Claudia Emanuele); mentre gli spiriti o folletti scompigliatori della «Strega Perchta» si dà il caso si chiamassero «Truden», che corrispondono alle paure segrete e inspiegabili, dette anche angustie della Trud. 
Perchta deriva dall'alto tedesco peraht, berht o brecht che significa splendente, luminosa ed è una figura folclorica prealpina a cavallo di scopa, diffusa in area celto-alpina e germanica, in particolare  in area linguistica bavarese e connessa alle leggende della Befana.
Tale strega è assimilabile alla Dama Bianca (figura preindoeuropea di riferimento la cui leggenda si perde nella notte dei tempi, e alla quale sono assimilabili per attributi di filatrice e strega e aree di provenienza delle leggende sia Frigg/Freya che le sue ancelle, e ancora Dísir e Nornir (che secondo Marija Gimbutas sono i volti della triplice dea ereditata dall'Europa Antica); nonché assimilabile alla dea germanica Hertha/Nerthus, che ha radici con tutta probabilità nel proto-norreno «Njörðr», ovverosia forte e vigoroso/a. 
Nondimeno, la Befana, ha radici anche nelle dee celesti semite, custodi del fuoco celeste e meteore: un'altra possibile etimologia è infatti il sanscrito bhraj (latino fulgeo) e la sua figura delinea l'antenata preistorica comune a quasi tutte le religioni primitive (Cfr. Claudia e Luigi Manciocco, L'Incanto e L'Arcano, p. 36). 
Tali spiriti e folletti della Perchta (etimologicamente sovrapponibili al nome della Valchiria suddetta) pare che marciassero nelle «Dodici Notti brumose» (in Boemia recentemente ancora chiamate Mutternächte, le notti delle madri; dette anche Unternächte (notti del regno di sotto) o Rauhnächte (notti fumose, di nebbia e incenso) che cadevano sotto l'egida di Yule; tra il Natale e l'Epifania (ovvero la notte della Perchta/Befana).
Mettevano a soqquadro le case, facevano giustizia di violenti e ubriaconi che avessero importunato donne e bambini; e mettevano in riga le fanciulle che non avessero svolto i compiti di casa e le faccende della filatura per bene. 
Tale «marcia degli spiriti» (di probabile origine preindoeuropea e capitanata proprio dalla Strega Perchta) secondo le mie intuizioni solo in un secondo momento, è stata assicurata al comando di Wotan/Odino, assumendo il famigerato epiteto di «caccia selvaggia» e diventando elemento della leggenda norrena per eccellenza e, d'altro canto, potrebbe essere stata in seguito degenerata nella famosa «cacciata delle streghe» o delle vecie; svolta sia nel periodo delle Lunghe Notti d'Inverno suddette, che nel tempo della Candelora, di cui Frazer ne Il Ramo d'Oro ha rintracciato usanza nell'Europa occidentale, slava e balcanica. 
Nei trascorsi di tale marcia (ab origine marcia di spiriti e folletti femminili) antica quanto quel culto lunare/ctonio che Margaret Murray chiamò «culto di Diana», si delinea secondo me anche la figura della stessa «Aradia»; rinvenuta nel Canon Episcopi come «Erodiade/Diana»; e personaggio di rilievo delle leggende toscane sedute su radici etrusche, che potrebbe essere Diana stessa o addirittura figlia di Diana e “Lucifero” secondo lo stravagante Vangelo Delle Streghe di Charles Godfrey Leland(1899)). 
Lucifero, dal latino “lucifer”, composto di lux (luce) e ferre (portare); il famigerato angelo caduto che la mitologia cristiana ha confuso con Satana era già una divinità romana, assimilabile al greco Eosforo ed era associato al pianeta Venere (così come l’Adone semitico, dio delle cose, “ne sposava la stella”, ovvero la Madre Celeste dei Semiti nonché Astarte, dea di dietrologia sirenica e connessa alla Befana che scende come meteora per resuscitare Adone/Cristo). 
Se si considera Lucifero come una degenerazione cattolica del doppio Lucia/Lussi, che è uno degli aspetti predominanti del corredo leggendario della Dama Bianca suddetta e delle dee di luce e fortuna; ovverosia «la portatrice di luce» ma al contempo scompigliatrice e oscura strega (nel Medioevo chiamata anche Hagse o Hagazussa); allora tutto appare chiaro. 
Ciò che Leland ha romanzato potrebbe non essere così lontano dalla verità:
Aradia è infatti la figlia della regina delle streghe, incarnata sulla terra per mezzo di sua madre per vendicare degli innocenti e radunare i “reietti” abusati dalla chiesa durante la caccia alle streghe, per proteggerli e capitanarne la ribellione; alla stregua della Perchta.
Entrambe, Aradia, la figlia di Diana; e Perchta (la luminosa che porta la morte) guidano la processione dei rifiutati, spiriti e diavoli respinti dalla chiesa e mandati a morte. — Ma c'è di più!—.
Alla base delle credenze sulla Perchta, che potrebbe essere la vera madre di un culto femminile protostorico della antenata; c'è anzitutto una Dea molto antica, erroneamente considerata romana, che in realtà potrebbe avere origini preindoeuropee e si chiama «Diana»: il fatto che la parola celtica «Dianna/Diona» significasse proprio «luminosa o brillante» (esattamente come Perchta/Berchta) e che la parola Diana fosse in uso nelle  Gallie Alpina e Transalpina, fra le altre; molto prima che vi giungessero i romani ed ancora, il fatto che cippi votivi dedicati a Diana siano stati rinvenuti sui luoghi di culto delle Matronae qui venerate; consente di credere che Diana e Perchta fossero intimamente connesse, forse appartenenti al medesimo culto preindoeuropeo, rinvenuto nelle stesse aree.
A seguito la Perchta (come le altre dee delle streghe) venne spodestata con l’opera missionaria Alpina, e sostituita da Maria. 
Oggi può essere cercata, insieme alle Matronae e a Diana, nonché alla Brigid/Belisama venerata pressoché negli stessi luoghi come guardiana delle fonti e della luce (che solo in un secondo momento sono stati romanizzati e passati sotto la egida di Minerva) nelle varie Madonnine della Campagna: del latte, della neve e delle grazie. 
Se a causa del sincretismo che nascose il primigenio volto della Perchta ella perdette parte del suo potere; è pur vero che grazie ad esso rimane tutt’oggi, con molti nomi o epiteti; protettrice delle donne e dei bambini, dei più deboli e degli emarginati. 
La Perchta, come Aradia/Diana, vive al fianco delle donne che hanno scelto di non appartenere a nessuno, a loro dona la forza e la protezione dei suoi “folletti scompigliatori”, la cui marcia selvaggia è anche la nostra! 
— Queste donne in cui vive la ribellione della strega originaria, non sono forse il peggior incubo della società patriarcale? —.
Non dovrebbe sorprendere, allora, la sorte che è loro toccata.

“Maledetta, maledetta Erodiade, tua madre è una pagana, dannata da Dio e incatenata nel sangue del Redentore”. 
James G. Frazer, Il Ramo d'Oro, testimonianza contadina Jugoslava; p. 756

La Stregoneria pre-agricola, la Magia e il Culto Dianico

Un'età della religione è stata ovunque preceduta da un'età della magia
James G. Frazer

La celebre Margaret Murray nel saggio pubblicato nel 1921 sostenne per la prima volta la tesi secondo cui la stregoneria rituale sarebbe da ricondursi all'antica pratica cultuale, risalente all'epoca precristiana che chiamò, guarda caso, «culto di Diana», in riferimento probabilmente alla Diana preromana che in verità ha radici preindoeuropee e siede su tracce cultuali antichissime, insieme alla antenata Befana. 
Tale religione di matrice femminile-lunare, secondo la nostra «visionaria» Murray era diffusa presso i popoli dell'Europa Occidentale in una fase storica pre-agricola, ovvero persino antecedente allo sviluppo dell'agricoltura quale sistema preminente per l'approvvigionamento del cibo.  
Le origini della stregoneria sono celate tra le nebbie del tempo e potrebbe avere effettive radici nel momento in cui l'Homo Sapiens cominciò a migrare verso oriente e occidente. 
Le pratiche magiche essenziali primitive, con tutta probabilità avevano lo scopo della «sopravvivenza», ossia di guidare e proteggere, ad esempio, nella stagione della caccia o degli amori, da cui dipendeva la sopravvivenza stessa. 
Da sempre, alla cura e alla guarigione erano per natura affini le donne, nondimeno alla protezione del focolare nel neolitico, che quindi avevano a che fare con gli spiriti che erano considerati causa delle malattie. 
La guarigione e la sua magia erano soprattutto ad appannaggio delle donne, che si suppone custodissero anche la magia del sangue, della vita e della morte in quanto datrici del sangue sacro, la mestruazione. 
Furono con tutta probabilità lo sviluppo agricolo e stanziale a far sì che la pratica della guarigione incominciasse a passare ereditariamente, di famiglia in famiglia. 
La magia – dal greco «magikē», a sua volta connesso alla parola mantica – era una arte che veniva tramandata alla stregua delle altre, come la lavorazione dei metalli e del legno o la cura del bestiame. 
Nelle tribù e villaggi viveva quindi un concetto di strega puro, privo dai preconcetti del cristianesimo e del ventesimo secolo a venire. 
Conseguentemente si diffusero le differenti culture nel continente: celtica, germanica, italo-etrusca, greca ecc.… che portarono alla acquisizione di una semiotica culturale che ben si esprimeva anche nelle specifiche differenze linguistiche. 
In quanto figlie e figli delle nostre antenate e antenati europei antichi, siamo tutte e tutti, però (perlomeno per coloro che ne sentono la chiamata) eredi delle nostre madri, delle nostre nonne e via dicendo, fino a ripercorrere l’intero albero genealogico che ha radici nel mistero delle origini. 
Un mistero che cela memorie di cui alcune di noi sono dimentiche ma che una parte del nostro cervello antico, non ha dimenticato. 
Oltre ad essere le persone umane che crediamo di essere, in noi scorre infatti «il flusso delle memorie di quelle ave» da cui, come streghe, abbiamo il potere di attingere.
Ogni strega ha effettivamente una  sua “borsa del ricordo” – un sussurro – glifo tracciato nell’anima come un segno, reminiscenza di un tempo in cui, chi ha camminato nel mondo con il nostro DNA prima di noi, ha praticato l’antica arte delle donne dedicate ai Misteri della Grande Madre , in qualche forma, in qualche contesto
Per Europa Antica (dove effettivamente tale culto si è generato) intendiamo la dizione scelta dalla archeologa e paleontologa Marija Gimbutas per indicare la cultura preindoeuropea dell'età neolitica, relativamente omogenea e ampiamente diffusa, dove la forma di magia praticata dalle antenate si potrebbe chiamare incanto, inteso come «veglia» o «custodia» della natura in quanto corpo sacro «animato» dalla Grande Madre.

 “Diana in the leaves green,
Luna that so bright doth sheen, 
Luna that so bright doth sheen, 
Persefone in Hell”.

Diana nelle verdi foglie
Luna che splendi così luminosa
Luna che splendi così luminosa
Persefone nell'inferno”.
John Skleton, Garland of Laurell; Cfr. R. Graves, La Dea Bianca, p. 443


La svolta: il Concilio di Efeso e il Passaggio al Neopaganesimo

Secondo Janet Farrar e Gavin Bone, le radici delle pratiche stregonesche  delle moderne religioni neopagane, potrebbero trovarsi nella eredità tracciata dal Concilio di Efeso del 431, dove il maggior «culto ereditato da quello delle antiche madri» venne ufficialmente sostituito con quello della «Santissima Vergine Madre di Dio».
Tale culto era basato sulla venerazione della egizia Iside (Stella Maris) e Sopdet/Sochet (Sochit/et sta per campo di grano, per questo Iside è connessa ai raccolti e ai misteri poi ereditati da Demetra e considerati greci), sulla assiro-babilonese Isthar (volto delle sirene mesopotamiche preindoeuropee come visto nella sezione dedicata alla etimologia), la romana Diana (invero preindoeuropea e antichissima, presente già tra celti e etruschi) e la greca Selene lunare.
Proprio a Iside, con tutta probabilità, la Madonna dovrebbe il suo epiteto di Stella Maris, che nella prima storia israelita (assumendo diversi nomi tra Ittiti, Sebitti, Cananei ecc..) guidava le rotte dei marinai che identificavano nelle sette sorelle Pleiadi la loro salvezza. 
A tal proposito si cita James G. Frazer ne Il Ramo d’Oro, p.461: “nell’arte la figura di Iside con bimbo Oro al seno somiglia talmente alla Madonna col Bambino che qualche volta ha ricevuto l’adorazione di inconsapevoli cristiani”.
Se questo tolse in parte una spina dal fianco dei cattolici romani, che per quattro secoli non riuscirono a liberarsi di questa reminiscenza del culto della Grande Madre dell’Europa Antica, spianò la strada che consentì alla Dea (e alle usanze e credenze a lei connesse) di rimanere presente fino ai nostri occhi, proprio sotto al naso delle gerarchie cristiane, seppure sotto la logora veste delle Madonne. 
A ogni modo, la chiave per comprendere la natura della stregoneria ereditaria nell’Europa occidentale va cercata nella rivalità tra cattolicesimo e protestantesimo, tenendo presente che i protestanti si sono sistematicamente adoperati per la distruzione di ogni traccia di paganesimo. Nel cattolicesimo persistevano, e tutt’ora persistono, vestigia pagane che Martin Lutero (e del resto la Riforma ne fu riflesso) accusava nel sistema delle indulgenze, nelle reliquie e nei santi; considerati empi verso dio. 
Pertanto, è probabile che, delle trecentomila streghe che si stima siano state giustiziate in quel periodo, la maggior parte non fossero affatto “streghe”; nel senso che qui abbiamo presentato, bensì povere e poveri cristiani anche molto devote e devoti, che difficilmente avevano praticato una qualsivoglia forma di “stregoneria” (non consapevolmente, almeno) e che di certo non definivano se stessi e se stesse streghe. 
Anche in Inghilterra sembra che “la Caccia alle Streghe” fosse un pretesto per alimentare il conflitto con il principale antagonismo del tempo, ovvero quello tra il cattolicesimo romano e il protestantesimo puritano inglese che risaliva ai tempi di Enrico VIII Tudor
A ogni modo, le reminiscenze della stregoneria antica nell'era moderna, tramandatesi per via ereditaria, secondo la scuola di Janet Farrar e Gavin Bone, sono connesse alla nascita del cristianesimo e alla sua incorporazione di culti quali il mitraismo (proveniente dalla Persia) e lo zoroastrismo. 
Dal mitraismo, sembra che il cristianesimo abbia ereditato la concezione duale – che l'Antro non condivide – che scinde tra assoluto bene e assoluto male; osservanza che nei tempi delle Madri dell'Europa Antica non esisteva; in quanto ogni energia, sia d'ombra che di caos, di armonia e luce, erano parti sacre di una anima primigenia comprensiva di ogni aspetto. L’interessante paradosso è che, essendo proprio il protestantesimo ad aver estirpato ogni traccia di stregoneria da Regno Unito, Germania e dagli altri paesi che si convertirono, o comunque ad aver costretto i pochi e le poche vere praticanti superstiti a praticare la reminiscenza dell’antica religione in modo del tutto segreto; si dovrebbe comprendere che la “moderna stregoneria”, ossia quell’insieme di pratiche rinate negli anni cinquanta, di cui si ritengono fondatori personaggi come G. Gardner; che hanno per così dire battezzato gli ordini stregoneschi sfociati in confessioni come ad esempio la Wicca; sarebbe derivata proprio dalla ribellione contro la cultura monoteistica protestante dominante, e non, come si crede, contro quella cattolica. 
Del resto, il neopaganesimo attuale è intriso di elementi cerimoniali che sono più simili al cattolicesimo romano, che a quelle pratiche antiche, che si rifanno al culto delle dee preindoeuropee; cui invece poche e pochi si ispirano nella propria forgia.
Pur essendo quelle, le vere radici della cosiddetta stregoneria, hanno poco o nulla a che fare con la stregoneria nel modo in cui la si è intesa e portata avanti dopo l’onda travolgente della caccia alle streghe. 
Se ne conclude che, le usanze delle donne che un tempo vegliavano il fuoco sacro della Grande madre come puro incanto e manifestazione gioiosa della armonia naturale, hanno veramente poco in comune con la maggior parte dei percorsi di sacerdozio femminile o maschile, neopagano o Wiccan; nonché con le presunte incantatrici o praticanti della “mantica” del nostro tempo (spesso ridotta alla stregua della ciarlataneria) e ancor meno con le e gli esponenti di qualsivoglia forma vagamente luccicante di New Age e con tutte e tutti i boriosi che, in generale, in cambio di denaro, pretendono di mettere al servizio del loro sciame di seguaci assetati di approvazione; i propri – presunti – “servigi magici” o presumibilmente psicomagici. 
Tutte le forme di pratica e sedicenza, diffusissime soprattutto nel web, fortunatamente sono pericolose sono nella misura in cui si crede che lo siano.
Il più delle volte, sono semplicemente inutili e prive di fondamento, se non altro impoveriscono dal punto di vista economico e interiore; dato che, chiunque, senza l'adeguata preparazione e il dovuto equilibrio dell'anima, del corpo e della mente; intenda mettere in vendita la propria frammentazione, spacciandola per conoscenza e vero risveglio e amorevole illuminazione; non solo non vedrà mai realizzata la propria vocazione di strega o artifex del «processo alchemico ed evolutivo interiore» (di cui qualunque praticante dovrebbe completare ogni fase, prima di erigersi a maestra o maestro) bensì, secondo la tradizione accolta dall'Antro, senza rendersene conto, costui e i neofiti che lo assumono come insegnante di spiritualità, magia o pratica occulta che dir si voglia; suggellerebbero un patto con forze e entità che qui non vengono nominate. 
Poche e pochi, secondo il mio punto di vista, potrebbero realmente trasmettere la conoscenza del «sentiero» ad altre e altri.
Sono quasi certa, però, che coloro che ne avessero intrapreso un autentico, suggerirebbero ai loro seguaci non la mappa del proprio, bensì gli strumenti per varcare la soglia di un cammino che è unico in ognuna/o; ovverosia privo di orme da seguire, ma di strade, ancora non battute, da scoprire in totale libertà e autonomamente.

Nota

Sebbene nella narrazione presentata si sia affermato che molte e molti praticanti delle reminiscenze della vecchia religione, accusati di stregoneria nel periodo della caccia alle streghe, fossero in verità «buone e buoni cristiani», convertite/i alla religione dominante; e si sia altresì ipotizzato, secondo le fonti di ricerca, che è in parte grazie al cristianesimo e alle relative pratiche e santi che hanno conservato, nel Concilio di Efeso, se pur nascosti, elementi della tradizione suddetta; che l'antica religione ha potuto perpetuarsi fino alla ricostituzione di quella che abbiamo chiamato stregoneria moderna, ovvero quella praticata dalle seguaci e dai seguaci del neopaganesimo; è pur vero che M. Murray (voce fuori dal coro) affermò che, se fosse vero ciò che gli scrittori ecclesiastici hanno voluto far credere, ovvero che molte e molti fra gli accusati di stregoneria erano in verità dalla loro parte e, quindi, se fosse vero che le brutalità inflitte fossero da accusarsi al protestantesimo molto più che al cattolicesimo romano; il nome Mary/Maria, ad esempio, sarebbe dovuto essere più comune, nei documenti che hanno attestato i nomi delle condannate, prima del 1645, in questo caso in Gran Bretagna. 
Sembra infatti che da quell'anno, la forma Marion (connesso al finlandese Mariatta, nome mitico che compare anche nella mitologia del Kalevala, e quindi di chiaro uso precristiano) venne abbandonata per utilizzare Mary. 
Dato raccolto da Le Streghe nell'Europa occidentale, Margaret A. Murray, Casa Editrice della Terra di Mezzo, p.211

Le Vere Streghe, Ereditarietà e Iniziazione

Una delle più grandi bugie che circolano di questi tempi, soprattutto in rete, è che sia possibile vantare, ad oggi, una presunta linea di discendenza di sangue di una strega. Sfatiamo subito un mito, soprattutto per tranquillizzare coloro le cui nonne potevano essere persone apparentemente normali, magari per via del fatto che ognuna detiene la propria forma di  magia e incanto, diversa in ognuna e spesso ben celata oltre il velo di normalissime pratiche quotidiane, svolte da tutte le donne.
Premesso, altresì, che ognuna e ognuno ha in sé il DNA delle proprie antenate – che sono le radici stesse della strega, ciò che la ancora al suo stesso passato, alle memorie che sono, sempre, magiche a modo loro (anche considerato che ogni era della religione è stata preceduta da una era della magia dalla quale discendiamo in questo senso tutte e tutti) – l'essere o non essere, autenticamente, la strega che si ha in mente si dovrebbe essere, dipende da fattori strettamente soggettivi, sacrosanti e immuni ai dogmi.
Il consiglio che si da è quello di diffidare di chiunque vi faccia credere il contrario, ossia di dover assomigliare “a loro” prima di potersi sentire e dire tali.
Personalmente – ma questo è il mio sentire, una mia scelta e una mia chiamata a viverla così – ho sempre ritenuto la Grande Antenata che mi vive dentro e che vive nella saggezza della natura e della terra la fonte, il cuore pulsante della mia pratica, del potere al quale attingo come libera strega.
Tutto ciò che è, l'energia dei quattro elementi, ad esempio, è animano da lei, dalla donatrice invisibile, poiché sono le sue radici, le sue ossa, il suo sangue ed il suo respiro, vivi e sondabili dentro ognuna e ognuno e non c'è alcun cammino di sofferenza da fare sulle ginocchia per raggiungere chissà quale stato di fede o illuminazione, per comprendere la verità di questo fatto.
Non è nemmeno necessario andare chissà dove e cercare chissà dove e in chissà chi, per accedere a tale fonte di potere, poiché è possibile accedervi qui, proprio adesso, mentre si lavano i piatti, mentre si sbucciano le patate, mentre si annusa l'aria pungente di un boschetto in autunno o mentre prepariamo un tè caldo la cui nuvola rapisce in terre lontane.
La presenza della “radice”, e della Madre che la nutre e anima, per chi ne sentisse la chiamata e ne abbia predisposizione risulta in genere già totale ed eterna: non chiede che si creda in lei poiché la sua esistenza, il modo in cui influenza la vita di tutti i giorni e la potenza che connettersi a lei consapevolmente scaturisce è sufficiente perché la verità si sveli agli occhi, che hanno solo da riconoscere, osservare ciò che si palesa.
Tale radice si può scorgere nella eco della sua voce, la quale, se evocata in solitudine e raccoglimento o anche nella gioiosità della condivisione con altre o altri, si farà sempre più forte, tanto da amplificare la propria presenza e abbracciare del tutto.
Invece di distrarsi ascoltando le molte voci attorno e riempirsi l'ego con chiassose cerimonie, iniziazioni e pretenziose pratiche stregoniche (che spesso non attirano l'intervento di determinate entità sottili ma le allontanano) si pratichi un acuto ascolto di ciò che avviene dentro: tale radice, se non la si troverà in sé, non sarà rintracciabile neppure altrove.
Tuttavia, per molte e molti è come se si potesse aspirare a un diploma che, una volta preso, e appeso alla parete, possa in qualche modo «legittimare la loro presenza nel mistero», ma la sola e unica “conferma” di dove ci si trovi rispetto al sentiero di ricerca della strega (che sia spirituale, solo magico, religioso o entrambi) può giungere soltanto da una saggezza consapevole e nutrita dentro: nessuno ha il potere di sapere dove si trova qualcun’altra/o in relazione a tale verità soggettiva!
Sebbene sia vero per noi un detto, ovverosia «giudica la tua maestra o te stessa, se la maestra sei tu, dall'armonia che c'è nella sua vita e dai suoi risultati in termini di equilibrio e benessere». Questo potrebbe essere un modo per comprendere il “livello” di Strega raggiunto da altre o altri.
Mi sono imbattuta spesso, soprattutto nel web, in personaggi dedicati a un qualche sentiero misterico e/o spirituale che pretendevano di rivendicare una sorta di posizione di rilievo in tale ambito di studio, ricerca o pratica basandosi soprattutto sul fatto che loro sarebbero arrivate o arrivati prima di altre e altri”.
La domanda che da sempre mi sorge spontanea è — Ma siete arrivate prima dove (e da dove) esattamente? —.
— Nel web? Sui social? Questa la misura della realtà di una strega? — .
Chissà che qualche fanciulla silenziosa, introversa, poco propensa al contatto con le forme di comunicazione sopraddette, non camminasse il suo sentiero di ricerca sin da bambina, nello svolgersi di una quotidiana, discreta vocazione? 
Magari segreta, che le imponesse di non esporsi...
Le più abili donne di magia che io abbia conosciuto, che sono anche coloro che mi hanno, paradossalmente, iniziata a quelli che ritengo «i misteri che mi hanno cambiata», svolgono una vita lontana dai social media, dal pettegolezzo e dai riflettori del web, ma compiono ogni giorno piccoli miracoli indispensabili alla bellezza e alla salute del pianeta nel loro “modo personale”.
Ognuna fa la sua parte e ognuna ha incominciato a sbrogliare i propri nodi a suo tempo, a suo modo, nessuna e nessuno può giudicare o quantificare questo.
Coloro che agiscono, nascoste, nel loro piccolo, non sono meno rilevanti, come streghe, di quelle e quelli che hanno sempre misurato il proprio percorso rendendolo accessibile a altre e altri, spesso utilizzando i propri seguaci come subdola misura di riferimento per il proprio successo o presunto livello di arrivo.
In fin dei conti non bisognerebbe giudicare il cammino di un'altra strega in relazione a dove ella si trova rispetto al nostro!
Questo è un viziato e inaffidabile metro di analisi della realtà, poiché non sappiamo da dove arriva, che esperienze ha affrontato ma, soprattutto, non sappiamo ‒ né forse sapremo mai ‒ quanto potrebbe avere da insegnarci colei o colui che è “altra o altro da noi”.
Dal canto mio, ho imparato che, la vera magia, consiste nell'abbandonare ogni forma di manipolazione della realtà, concedendo totale fiducia alle mani invisibili della Grande Madre e al disegno che lei intesse, il quale è sempre più saggio e giusto per noi.
Spesso, in quella trama sconosciuta è celato  un destino molto diverso da quello cui ambivamo per noi stesse. 
In ogni modo, il tipo di magia qui proposto può infatti essere varcato solo da coloro che prima avranno compreso e accettato di svolgere un particolare viaggio....
Se non esiste una vera e propria ereditarietà di sangue, e quindi il (per così dire) gene della strega”, potrebbe esistere, però, una cascata di memorie ataviche che, attraverso quella vocazione inspiegabile a qualcosa che talvolta prende, approfittando del canale aperto e ci raccontano la loro storia, che è anche la nostra: il nostro lignaggio segreto che può essere letto solo se la tela dell'interiorità è tersa e il canale pulito. 
Il cammino misterico, inteso come appartenente alla sfera di ciò che non può essere visto ed esperito da chiunque solo perché lo vuole; è un cammino che sin dalla tenera età sceglie i suoi viandanti e le sue “muse” e vorrei supporre che ciò che è velato, custodito e preservato da energie non sempre di facile accesso, lo sia per una ragione precisa, che non a tutte e tutti (per fortuna) è dato sondare.  
L'esistenza di molte e molti ciarlatani, dopotutto, bilancia questa realtà occulta che per molte e molti resta fortunatamente arcana e perciò inviolata, protetta.
L'accensione e la conseguente veglia della fiamma genitrice” interiore non è del resto qualcosa che tutte e tutti desiderano, ma nemmeno accessibile a chiunque lo desideri.
A tal proposito, gli alchimisti nel Medioevo credevano che non si potesse creare l'oro nelle anime di coloro che, alla nascita, non ne possedessero già una particella innata.
Perciò l'oro, ossia la magia radicata, il potere che trae forza dalle sue radici, non arriva mai da una fonte esterna, ma dall'interno si estrae, e solo se già c'è...

Anima e Spirito: la eco di una tradizione Animista ancestrale per una Via Esoterica

La parola «anima» è forma femminina del latino «animus», spirito.
Come questo è congiunta etimologicamente al greco «ànemos» che significa vento e che da sempre, essendo un principio immateriale e non misurabile, è stata associata a qualcosa di aureo, evanescente, che si percepisce ma non si vede, come la nebbia. 
In questo senso, Il Biancospino è una «via esoterica» e «spirituale», ovvero destinata, per sua stessa natura, a una stretta cerchia
Il termine esoterico ha radici etimologiche nel greco «esōterikós», a sua volta da «esṓteros», che significa interiore, in contrapposizione a «exoteros», «essoterico», ovvero che riguarda cerchie più ampie.
Le vie qui sondate e proposte non devono essere confuse con il dilagante mare della inconsistenza che molti chiamano spiritualità (radicata o presumibilmente trascendente che sia) .
La parola spirituale deriva da spirito, affine ad anima, deriva dal latino «spirĭtus», che significa «soffio» e ha a che fare con il termine «spirare». 
Ecco perché la materia dello spirito è sottile, come l'anima, che è soffio, «psyché».

Responsabilità emotiva della Strega

“La vera Strega non è seguace di nulla se non del suo intimo sentire. Ella sa che il suo potere dipende dalle sue emozioni: emozioni di armonia generano atti armonici; emozioni caotiche e incontrollate generano il caos”.
Biancaspina

Strega è  colei o colui che vive nel mondo armonicamente e che, consapevole della propria responsabilità generativa «sottile», sceglie di mettere se stessa o se stesso al servizio della verità che sente intimamente e che consegue quotidianamente manipolando anzitutto il proprio campo emotivo, che va mantenuto terso e chiaro poiché è lo strumento più potente di una strega, dato che l'incantesimo più impattante sulla vita propria e altrui, è quello capace di riconoscere le emozioni e, all'occorrenza, intervenire affinché i «campi bui» non si trasformino mai in disagi permanenti e ostacolanti il benessere e l'energia che abita dentro al cerchio e fuori da esso diffonde. 
Finanche nel bel mezzo della tempesta, la strega abbraccia l'onda che la sommerge, lasciandosene guidare ma non dominare. 
Senza una profonda capacità di assumere la piena consapevolezza delle proprie emozioni (consce e inconsce) non si potrebbe agire sugli altri elementi che riguardano «l'arte della strega», intesa come esploratrice dei reami interni e astrali, propri e, altrui...

Libertà e conoscenza

L'arte della strega, nel particolare modo di intenderla qui, consiste anzitutto in quel profondo senso di connessione con le proprie emozioni e con la natura circostante, che può nascere solo dall'assunzione di un “posizionamento emotivo” che può radicarsi e crescere solo nella conoscenza e nella libertà. 
La libertà del conoscere e la conoscenza delle forme di libertà cui una strega ha accesso, che sono la conseguenza ma anche il punto di partenza dell' «armonico emotivo» che si ha citato ampiamente nella sezione Sentiero di Strega.
Se non si vive una vita pienamente libere di manifestare chi si è e non si utilizza quella libertà per conoscere tutto ciò che si dovrebbe conoscere prima di agire su qualunque piano (naturale, emotivo, inconscio, astrale e magico) alcuna pratica occulta potrà essere ritenuta valida e validante il percorso.

Incanto Sciamanico, Canto e Guarigione

Nella mitologia baltofinnica è ricorrente la parola «loitsut», che può incarnare sia il significato di «incantesimo» (ossia la concentrazione di energie volitive atte ad alterare lo stato delle cose) oppure può riferirsi a «guarigione» (ovvero che si verifica dopo atti sia sul piano fisico che sottile e con invocazioni svolte al suo scopo). 
Interessante notare che, per gli antichi Finni, incanto e guarigione fossero rappresentati dalla medesima parola: forse, nell'ottica sciamanica delle culture artiche e baltofinniche (peraltro di profonda dietrologia asiatica/vedica) nell'incantare v'era concepito lo scopo del guarire, del fare del bene.
Il tutto, nel contesto, veniva svolto quasi sempre nell'atto del canto sciamanico, altro strumento di cui le streghe che sono portate ad esso si servono, riconoscendo nella voce un’autentica espressione dell'anima antica. 
Il termine sciamano, che sembra riferirsi a una figura risalente alle popolazioni di cacciatori-raccoglitori, affonderebbe le radici nella lingua di un popolo siberiano, quella dei cosiddetti Tungusi. Delinea colei o colui in grado di mediare fra le dimensioni: corporea/incorporea, nonché fra il mondo materiale e quello esistente nella volta celeste, dove lo sciamano è colui o colei che, camminando attraverso l'asse che connette tali mondi, è in grado di intercedere fra essi, intessendo un contatto.
Ciò è fatto anche dalla strega (almeno nella particolare concezione che si ha qui).
Il fine ultimo di qualunque viaggio o pratica magica, è in effetti l'armonia.
Soltanto una pratica magica dettata da intenti armonici è una buona pratica magica.
Tutto il resto è ciarpame e non potrà mai funzionare beneficamente, ma solo danneggiare. Anzi, a dirla tutta, talune pratiche disarmoniche sono probabilmente talmente dissociate da quella sorgente interiore di armonia antica, che potrebbero essere ridicolmente inutili. Soltanto un'anima armonica e che ha imparato ad intessere la pace fra le parti di sé in un'unica meravigliosa trama, può aspirare a praticare l'incanto.
Queste due parole anticamente avevano infatti una valenza molto simile: armonia deriva dal greco armozein, che significa “connettere”, collegare, ed era originariamente utilizzata per indicare l'armonia musicale, nonché la musica delicata che proviene quando più voci o più strumenti sono connessi, collegati, armonizzati fra loro, mentre la parola incanto è composta dal prefisso in, che significa dentro, e cantum, che in latino significa canto(1).
Un incanto è quindi un canto che proviene dall'interno, da quella voce armonica e armonizzata al tessuto connettivo sia della natura che del regno sottile, che attraverso una donna o un uomo che abbia imparato ad ascoltarla, potrebbe ancora esprimersi di questi tempi, portando bellezza e guarigione attraverso una magia fatta di gesta, canti e parole ispirate.

La Magica Landa delle Donne

Nei miti artici si credeva che una dimensione magica abitasse nella volta celeste, rappresentata dall'Orsa Maggiore, la quale, la orsa antenata; in alcune leggende avrebbe finanche generato delle figlie e dei figli; essendo discesa sulla terra grazie a una corda d'oro. Similmente, la dimora celeste della dea Frigg/Freya nella mitologia norrena, il mitico Fensalir, letteralmente la sala delle profondità marine, si troverebbe in un reame celeste; nonché simile alla Isola di Pohjola, da Pohjios che significa Nord; che compare nella mitologia finnica, ove la Grande Signora (la temibile Strega Louhi) si troverebbe in un Nord mitico, secondo alcuni studiosi la stessa terra che appare in alcune saghe norrene, germaniche o islandesi; ove gli eroi tentarono di varcarla per conquistare le fanciulle incantate, le più chiare e belle. 
Nel ciclo bretone è Avalon, meno conosciuta è la leggenda celtica di «Tirfo Thuinn», La Terra Sotto Le Onde e ancora il palazzo di cristallo sottomarino di Morgana
Sembra che, a prescindere dal particolare sostrato mitologico; a ognuna di queste «dimensioni altre» corrisponda un medesimo sentire, connesso alle donne e al loro antico potere.
Tali isole sono note anche come isole delle sirene, sia per mare che per rotte celesti, come le Pleiadi ove queste sarebbero nate secondo Esiodo e dove del resto la prima storia israelita, poi ereditata a causa degli scambi nel Mediterraneo dai Greci, avrebbe collocato la sua stella a guida dei marinai. 
Come i popoli artici concepirono (o ereditarono dall'Asia) il culto della Stella Polare, anche i marinai cananei/fenici usavano sempre l'aspetto delle Pleiadi come orientamento per l'inizio dell'estate, nonché la stagione dei commerci nel Mediterraneo. 
Questa pratica venne in effetti portata avanti dai Greci, Romani e altri fino alla adozione del vapore, dove i motori hanno sostituito il vento come fonte primaria di energia. 
Se la fonte secondo cui la dea Asherah (una forma di Astarte/Afrodite, dee delle sirene come detto nei paragrafi precedenti) che la vorrebbe associata alle Pleiadi fosse certa; ella, così come la sirena, sarebbe a sua volta una versione cananea di Iside Sopdet, la stella egizia, dea associata a Sirio, (anche conosciuta come Stella Maris) la cui elevazione eliaca indicava l'inizio della stagione delle inondazioni ogni anno. 
A ognuna di queste dimensioni, pare universalmente condiviso nelle leggende; che vi si potesse accedere soltanto con incantesimi specifici che, con tutta probabilità, «erano conosciuti e potevano essere pronunziati solo dalle donne», le uniche capaci di varcare tali reami di nebbia, magia e foschia mistica o di partire alla volta celeste, come avvenne anche per le sette sorelle di alcune mitologie aborigene.
Tracce della famigerata landa delle donne magiche, si trovavano già in Erodoto, in Ippocrate che localizza una «Terra Hyperborea», incognita sotto l'Orsa Maggiore o Stella Polare, oltre i Monti Rifei; in Plinio, che narra di un luogo detto «ges Kleithron», «ovvero serratura della terra», e nelle tradizioni di molti popoli eurasiatici che narrano della medesima «terra nordica di difficile accesso». 
Tale concezione di regno mitico, situato oltre il velo delle cose, accessibile solo a poche e pochi, è senz'altro un elemento che L'Antro di Claudia ha fatto proprio, in quanto «sente» come proprio.
Probabilmente è un sentire ereditato da quella Antica Europa di armonia e pace, tanto è vero che si potrebbe ipotizzare che tale isola celata, sia il luogo ove le genti della Grande Madre, spodestate dai guerrafondai indoeuropei, possano essersi in qualche modo rifugiate, reincarnate in un luogo di incanto cui, persino coloro che hanno fatto sì che quel reame di armonia sparisse dalla terra, non hanno mai smesso di ambire, per via della splendida luce che emanano, ancora oggi, le rare fanciulle, di fattezze divine, che li vivono o che da lì provengono, eredi di quella luce tra le luci che da loro emana e può essere percepita come la vaga reminiscenza di qualcosa di assopito e veramente magico.
Se potesse, l'uomo, se naturalmente ne avesse mai accesso, sarebbe capace di arrampicarsi persino su quella corda d'oro, per colonizzare finanche i luoghi immateriali ove la magia delle antiche madri della magia si è nascosta.

“Se si pensa che, in molti racconti irlandesi, magiche fanciulle sono le messaggere dell’Altro Mondo, il più delle volte collocato su lontane isole oceaniche, non sorprende che queste “isole sacre” di cui parlano gli autori classici fossero in buona parte abitate unicamente da donne.” 
Tracce Celtiche, Marco Fulvio Barozzi, Edizioni della Terra di Mezzo, p. 148

Reminiscenza delle fanciulle che vegliavano l'incanto e la sacra fiamma presso tali isole, di cui L'Antro è un riflesso, poiché ne percepisce il richiamo e ne tiene accesa la fiamma della memoria; si trova nelle cinquanta sacerdotesse Danaidi della Grande Dea Danae, ovvero la Dea Bianca Cardea di R. Graves, la grande Danaa di Argo venerata dagli Ioni sotto forma di vacca bianca; ovverosia la stessa Cerridwen che figura nel romanzo di Taliesin, dall'irlandese e gallese Wen che significa bianco e Cerr, lo stesso ceppo linguistico di Cerdo, Cardea, che significa maiale o scrofa.
E ancora la reminiscenza vive nella testimonianza di Gerardo di Cambria, presso il grande monastero di Kildare in Irlanda, ab origine santuario pagano, secondo cui santa Brigida e diciannove delle sue monache si avvicendavano nella custodia di un fuoco sacro che bruciava perpetuamente ed era circondato da una barriera entro la quale i maschi non potevano entrare. 
Tale fuoco, chiara continuazione di un rito precristiano, arse ininterrottamente dal VI secolo fino a che fu spento dai Normanni nel XII secolo. 
Anche le sirene, secondo Robert Graves, erano un collegio di nove sacerdotesse lunari orgiastiche, custodi di un santuario oracolare insulare, forse per via del culto di dee protostoriche di origine mesopotamica/asiatica, da cui la figura della sirena primigenia è emersa, per le quali venivano svolti «atti sessuali sacri» in quanto comunione con la grande madre.

Medicina arcaica e medicina moderna

Secondo Raven Grimassi la prima parola per indicare una strega  potrebbe avere radici nel greco antico «pharmakis», che significa «erborista che prepara pozioni», oppure nell'italiano «strigare» che significa «estrarre», di chiara semantica alchemica rispetto alla estrazione dell'«aurum non vulgi» dalla grotta interiore del sé (ovverosia l'oro non comune cui si riferivano gli alchimisti, figure molto simili alle streghe). 
In effetti, è proprio da questa visitazione singolare del termine che si è originata la cosiddetta «stregheria italiana».
La più potente delle streghe è, a ogni modo, colei che, ottenuto quell’assoluto equilibrio interiore di cui si ha parlato in altri testi di questa sezione, quella imprendibilità da parte degli stati d’animo negativi che si protraggono e nidificano e quella capacità di vedere, sentire e agire nel campo sottile dove ogni forma di malattia mentale o fisica si forma, è in grado di praticare una forma di “medicina” rara e non sempre praticabile da coloro che si servono (solo) dei mezzi scientifici, la quale si attua quando si diventa allenate a mantenere quello stato di armonia tra la mente, l'anima e il corpo, promuovendolo e incoraggiandolo anche nelle altre e negli altri.
Ecco perché, con strega, s’intende per sua stessa natura anche la  figura di una «guaritrice». (Pensiero ispirato solo per brevi cenni ai concetti proposti da Barbara Fiore nel Manoscritto dialettale di una Guaritrice di campagna, ovvero di come le donne possano guarire dalle malattie e dalle tristezze con l’Amore naturale, Edizioni della Terra di Mezzo, pp. 51-73.)

Quando oggi si parla di medicina (dalla locuzione latina ar-te(m) medicina(m) (1))si intende l’insieme delle conoscenze scientifiche e delle tecniche che hanno come scopo la prevenzione e la cura degli stati morbosi nell’essere umano, ai quali, naturalmente, viene sempre data una causa logica e in qualche modo misurabile a seconda dei criteri della scienza e di certo non si crede possibile che tali stati – come invece qui supponiamo – prima di manifestarsi nel corpo, possano provenire da un malessere dell’anima e dalle emozioni dominanti dell’individuo, che altro non sono che l’elemento sottile (non visibile e non ritenuto vero da coloro che non praticano la guarigione intuitiva)  della malattia: la traccia intangibile che precede il germe, il parassita, la malattia stessa
Queste energie invisibili, secondo gli studi qui illustrati, sono abitate da entità che si annidano proprio dove non c’è un equilibrio emotivo e quindi dove si permette a certe “forze” di annichilire lo stato di naturale benessere, lasciandosi pervadere dalla artificialità e, ad esempio, da sentimenti e emozioni caotiche, confusionarie e buie, che viste da colei o colui che trascende la sensibilità oggettiva dei cinque sensi, possono essere accolte, conosciute e quindi debellate. 
Questo è, tendenzialmente, ciò che faceva la «medicina arcaica» e, con tale termine, non ci si riferisce né alla medicina popolare medievale né a quella praticata per esempio dai greci, che anzi furono i primi a privare la medicina delle origini dai suoi parametri intuitivi. 
Colei che praticava questo tipo di guarigione intuitiva, servendosi di potere, gestualità, ed elementi naturali che un medico o uno scienziato considererebbero illogici, che con tutta probabilità venivano tramandati da una maestra all’altra ed erano reminiscenza delle pratiche svolte dalle donne dell'Europa Antica, che ben conosceva i segreti di guarigione della Grande Madre, è ciò che oggi, in fin dei conti, chiamiamo volgarmente «stregoneria». 
La stregoneria intesa come quell’insieme di pratiche cerimoniali volte a ottenere lo scopo prefisso dal praticante o dalla praticante – che si tratti attrarre, bandire, purificare o occultare – è perciò una sorta di invenzione relativamente recente, poiché nei tempi in cui lo sciamanesimo e simili pratiche si originarono la preoccupazione principale era la sopravvivenza, l'arte della cura necessaria.
L'atto della strega, come incanto e mezzo volto alla promozione della guarigione e della autoguarigione è nel paiolo da prima che se ne possa avere memoria e ci riporta indietro a quelle donne che «conoscevano intuitivamente» perché erano state loro insegnate dalle loro madri e dalle loro nonne, proprietà degli elementi di piante e fiori, elementi della natura circostante (e quindi prodotti locali e facilmente reperibili) che venivano destinati a rimedi che oggi rientrano solo in parte, probabilmente come una ombra di ciò che era conosciuto in passato, nel sapere erboristico, olistico e naturopatico (e persino medico!).
Alcuni di questi rimedi, erroneamente considerati innocui poiché “naturali”, sono droghe molto potenti riconosciute anche dalla scienza, i loro effetti sul corpo e sulla psiche non vanno sottovalutati o ritenuti blandi: in quanto caratterizzati da principi attivi, sono in tutto e per tutto dei farmaci che richiedono specifiche competenze e acquisizione di abilità per essere prescritti, questo al di là del ricorrere a quel particolare intuito sopraddetto che, semai, deve integrarsi con intelligenza alla conoscenza piuttosto che pretendere di sostituirla (altrimenti è ciarlataneria  e incoscienza e null'altro).
Un’altra storia è, naturalmente, quella dei «rimedi vibrazionali», ad esempio i Fiori di Bach o australiani, visti dalla scienza come semplice acqua fresca, come del resto le cure omeopatiche, considerate assolutamente inutili da chi non abbraccia il principio della similitudine dell’omeopatia e, quindi, praticabili da chiunque senza che effetti indesiderati comprovati possano insorgere.
A ogni modo, è possibile che queste e intendo tutte le pratiche – intuitive o ereditate – volte a stimolare onestamente la guarigione, anzitutto di sé stesse, siano effettivamente le forme che abbiamo a disposizione, oggi, per avvicinarci a ciò che le nostre antenate intendevano come la figura più simile a quella che solo più tardi è stata chiamata Strega.
Riconoscere nella natura – intuendolo, sognandolo, percependone e studiandone qualità e adoperi sia nella medicina che nella leggenda – gli elementi che potrebbero assecondare la guarigione che nasce dalla consapevolezza del «potere» che abbiamo su noi stesse e sulla nostra salute, ci rende molto più streghe di quanto non lo faccia, a nostro avviso, pronunciare formule magiche imparate a memoria o praticare lunghi riti cerimoniali senza prima aver varcato i regni di mistero che sono proprio sotto i nostri occhi: quelli naturali, intuitivi e spontanei.
Beninteso che, nella mia personale esperienza, ho fatto e di tanto in tanto faccio ancora entrambe le cose, ovverosia pratico sul piano naturale e materiale e su quello inconscio e astrale, ritenendo essenziale la cooperazione sinergica tra due o più dimensioni, dato che principio dell'armonia è, anzitutto, la ricerca della comunione delle parti scisse che lottano per la loro forma. 
Io ritengo che si debba fare ciò che serve a mantenere «pulito» il canale, prestando attenzione a ciò a cui ci sentiamo chiamate (o invitate a lasciare indietro) per liberarlo dalle scorie portate da traumi, relazioni spazzatura e situazioni di vita velenose a cui, spesso, senza il nostro volere veniamo sottoposte per molti motivi, anche solo lavorativi.

“Ogni pratica che nasce dalla volontà di curare me stessa o le situazioni della mia vita, su qualsiasi piano e a qualunque livello, va bene nella misura in cui la percepisco come efficace per me e mi libera dalla volontà, conscia o inconscia, di provocare danno a me stessa o ad alcuna o alcuno per risolvere qualsiasi cosa”.
Biancaspina

Il canale universale del potere: volontà e invano sortilegio

Per «canale» intendiamo quell’energia, ovunque presente, in ogni dimensione permanente, alla quale ogni cultura ha dato uno specifico nome per intendere, circa, lo stesso concetto di energia vitale, sussurro segreto che abita tutte le cose create, scorre sinuosa in ogni anfratto animato del mondo: il norreno “Wyrd”, dal protogermanico wurdís, che significa fato, radice dell’alto tedesco antico wurt e del norreno “urðr”, ossia la «fonte del destino» sotto l’egida delle Nornir,  il “Vril” tipico della Germania occulta, il “Prana” vedico, il cinese “Qi” e ancora il “Mana” melanesiano e polinesiano e in ultimo esempio le parole finlandesi “emo, amanta o emonen”, utilizzate indistintamente per descrivere una «energia», tipica dello sciamanesimo artico e balto-finnico, dove «madre, signora e genitrice letteralmente coincidono con la concezione di una forza acquatica dalla quale ogni sostanza in principio otteneva sostegno, solidità, energia». 
Dal momento che qualsiasi operazione di incantamento e, quindi, di guarigione, dipende dalla connessione naturale della strega a questo «zampillo interiore» e alla sua capacità di irrorarlo al di fuori, va da sé che se tale energia vitale e potenzialmente guarente non scorre libera e pulita, si potranno studiare cento libri di occultismo e materia esoterica, procurarsi anche le oggettistiche più esotiche e costose, indossare gli abiti stregoneschi più affascinanti, ma «l’incanto pronunciato» in rima, prosa, canto o gesto, non sortirà alcun risultato e non porterà neanche tanta fortuna.
Anzi, questa magia sporca getterà cattivo auspicio, nella attivazione di forze invisibili inconsapevoli e non benevole con le quali si stabilirà un patto di assonanza irresponsabile.
Ciò che differenzia un volgare sortilegio – dal latino «sortilegium», estrarre “a sorte” – dal puro e guarente incanto (dal prefisso “in”, che significa dentro e cantum, che in latino significa canto, ossia un canto che viene dall’interno e dunque dalla volontà profonda)  non è pertanto né la appartenenza a qualsivoglia ordine o congrega, men che meno la presunta linea di sangue della praticante né, ancora, l’ardita spavalderia di chi crede di conoscere, senza possedere la capacità (che spesso è innata) di accedere a quel canale e maneggiarne l'energia saggiamente.
L’unico elemento che fa la differenza nella pratica magica è la purezza della volontà, unita alla capacità – che deve essere allenata quotidianamente – di mantenere, incorruttibili a qualsivoglia veleno, la fonte dello zampillo magico che abita nella strega (che solo allora potrà essere direzionato efficacemente e senza danneggiare nessuno).

Presentazione, Iniziazione e Battesimo della Strega

Non è chiaro se la presentazione di una novizia o di un novizio in una congregazione di streghe fosse una pratica antica, ma potrebbe esserlo stata, dato che anche questa potrebbe essere un elemento che il cristianesimo ha assimilato dal paganesimo. 
Secondo certi documenti alcune streghe, prima di accedere alla Religione delle Streghe, rinnegavano il loro battesimo cristiano. 
Quanto alla firma di un patto, invece, è una pratica introdotta in un periodo posteriore e non era contemplata nei tempi antichi. 
Anche la pratica del cosiddetto «battesimo» degli iniziandi alle religioni antiche si ispirava con tutta probabilità, secondo le fonti, a una pratica cristiana. 
In Inghilterra e Scozia, ad esempio, non venne mai certificato. Secondo Margaret Murray, il primo riferimento a un battesimo di strega proverrebbe dai bassi Pirenei, datato 1609. 
A ogni modo, secondo quanto raccolto da Don Tullio Bertamini in Luci su Croveo, una delle pratiche riportate dalle streghe ree confesse della Valle Antigorio era quella di tracciare una croce sul pavimento, ad opera della iniziatrice, per poi sedervisi sopra «con il culo» la nuova accolta nel gioco del Sabba, rinnegando così (si ipotizza) la fede in Gesù Cristo e accogliendo il Demonio” che, magicamente, appariva alla strega novizia unendosi a lei in atto sessuale e guidandola al sentiero della strega.
Al di là delle suggestioni (che spesso sono state più il frutto del delirio della gente e degli inquisitori che materia di verità) ciò che oggi si potrebbe intendere come battesimo o iniziazione di una strega è forse quell'atto di amore puro che rappresenta la scelta di dedicarsi con totale onestà al sentiero prescelto, sancendo la propria unione con il mondo invisibile che si ha scelto di esplorare attraverso un giuramento sincero che non leghi a nulla e nessuno se non a se stesse e alla parte di sé più antica, saggia e magica che abita dentro e guida sulla rotta.
Si potrebbe forse, per la cerimonia, attingere ad elementi naturali che si sentono propri, servendosi di immagini e oggetti che rappresentino quell'intento puro e naturale che spinge a camminare dentro, scegliendo, anche, di evocare silenziosamente (magari pronunciandolo per tre volte, dando fuoco allo stoppino della candela preferita) il nome di una dea o un dio, o una entità particolare alla quale ci si senta particolarmente affini, portandone al proprio interno l'incanto e il corredo magico...

Segni e Tracce fisiche

La presenza di un segno (in passato ritenuto diabolico) su un individuo era considerata la prova irrefutabile dell'appartenenza a una qualche pratica stregonesca. 
Tali segni potevano essere naturali o artificiali, parti del corpo insensibili al dolore e immuni al sanguinamento. 
La presenza di una incisione, o foro, impronta che demarcasse una particolare zona del corpo poteva essere considerata come marchio di appartenenza alla religione delle streghe, così come la degenerazione di certe malattie o altri connotati particolari, ad esempio una bruttezza marcata e altrettanto una bellezza divina e invidiabile.
Era quindi per le streghe (e forse ancora è) necessario preservare ciò che rendeva e rende uniche e unici agli occhi delle altre e degli altri.
Spesso vedere “il mostro” (dal latino monstrum, da monere, che significa portento o prodigio e dunque delinea l'eccezionale) oltre ciò che sembrava strano o inconsueto era la via più semplice per sbarazzarsi (additandolo) di ciò che, essendo diverso o diversa, diventava causa della turba della gente ignorante e mediocre.
Queste donne o uomini, che potevano elevarsi e creare sospetto anche per il loro carattere o particolari predisposizioni, spesso vivevano libere  e liberi, abitate e abitati dal respiro dell’anima antica – che attraverso le loro scelte e comportamenti quotidiani si palesava, facendole apparire “diverse”, talvolta orribili per via dell’ignoranza, talvolta eccezionali per via dell’invidia – diventavano del resto capro espiatorio di ogni sciagura o evento miracoloso e inspiegabile. 
Alla stregua di diavoli le streghe dovevano essere scacciate e punite: forse perché al mediocre non piace, che gli si ricordi che lo è e ciò  lo vediamo nel quotidiano, ogni volta che per essere ciò che siamo, e quindi veicoli di luci, ombre e volontà profonde e spesso impopolari, subiamo la gogna di quella “massa di superstiziosi” tutt'oggi attiva e incattivita, nella quale vive lo stesso spirito  meschino e indagatore che portava  a «urlare alla strega» ogni volta che una di loro era incrociata in paese o nei pressi della sua abitazione...

Assemblee delle Streghe
Sabba e Esba

Esistevano due tipi di assemblee, il Sabba era la grande assemblea dei e delle praticanti, mentre la seconda, chiamata Esba(1) (anche se la parola è stata con il tempo trasformata in Esbat, designando i riti neopagani dedicati principalmente alle fasi lunari)  è un termine coniato da Estebène de Cambrue(1567) per designare gli incontri locali, nondimeno riservati al piccolo gruppo che eseguiva i riti e le pratiche del culto. 
La parola Sabba ha una origine etimologica poco chiara, potrebbe senz'altro avere a che fare con il  numero sette e con tutta probabilità non è connesso al termine cerimoniale giudaico, dato che verrebbe dal verbo «s'esbattre» ‒ giocare(1) ‒ che ben descrive quello stato di estasi e gioia che le antiche sorelle devono aver provato durante i loro convegni, prima che diventassero appannaggio del presunto diavolo e venissero denunciate e perseguite per i loro innocui incontri, volti con ogni probabilità alla ricerca della comunione di quel fuoco sacro che in loro ancora ardeva, come reminiscenza della religione delle antenate e della Grande Madre.
Fin dal neolitico, in effetti (di ciò si ha evidenza archeologica dagli scavi emersi in Anatolia od attuale Turchia, nonché dalla Mesopotamia e da altri luoghi della penisola italica come Molfetta e Matera, dove i defunti venivano inumati sotto alle abitazioni (2, p. 69)) il luogo adibito al contatto con il regno dell'oltretomba ( e, il Sabba, è del resto un modo per vivificare quell'antico contatto) da cui gli spiriti degli antenati riemergevano nelle feste del Capodanno, niente poco di meno che il momento di passaggio tra l'inverno e la primavera, era la stufa, il focolare, il luogo dove il fuoco bruciava e dalle cui ceneri apparivano figure come quella che, con il tempo, si è delineata nella nostra Befana fuligginosa che si cala dal camino.

Ciò aiuta a capire come mai grotte, rocce e in generale le montagne (nel caso delle streghe di Antigorio, in questo sito studiate e conosciute nel profondo, erano i ghiacciai) sono stati da sempre luoghi privilegiati per determinati culti e lo svolgimento di determinati riti sia di fertilità che funerari. 
Quando si ha progressivamente abbandonato il culto dei defunti presso il focolare, ereditato con tutta probabilità dalla Anatolia e già presente in tempi preistorici nel Sud della penisola Italica, ad esempio a causa dei Romani che hanno reputato poco igienico tenere i defunti inumati sotto le abitazioni, il focolare, ossia anche il luogo di potere di una famiglia o di un determinato clan, è stato spostato nei luoghi dove sono stati spostati i propri morti, ovvero grotte, rocce, sassi...(2, pp.65-74).
A questo punto, mi piace pensare ad alcune delle donne accusate di stregoneria, come a delle vere streghe,  ovverosia, per descriverle con semplicità, coloro che, dato che sentivano un particolare legame con la sacralità della natura, soprattutto in certi contesti, probabilmente vi si riunivano per celebrare tale antico contatto di reminiscenza antica, che magari condividevano le une con le altre e gli altri, segretamente.
Probabilmente è per questo che luoghi naturali venivano ancora annessi, in un tempo più recente, alla famigerata riunione, la cosiddetta “tregenda”.
Forse si aveva e ancora si ha, reminiscenza del tempo in cui era sacra la Grande Madre e le antenate che ne tenevano acceso il fuoco (poi degenerate e identificate negli spiriti maligni a causa delle superstizioni del tempo) erano ancora venerate sia nel focolare che in templi naturali presso grandi rocce che ne rievocavano la presenza e il significato.
Il Sabba non è altro che la traccia dell'antico contatto con quel culto selvatico/primitivo locale, che una strega potrebbe ancora intendere e sentire dentro di sé o nella condivisione con una congrega presso luoghi che, un tempo, vennero utilizzati allo stesso scopo.
Fermo restando che, in fin dei conti, il vero luogo dove avviene quel Sabba si trova dentro, ed è visitabile e praticabile ogni volta che lo si ritiene, magari, restituendosi a rotte che si trovano oltre le porte dell'invisibile...

Un'altra espressione per intendere il famigerato Incontro è  “tregènda”, noto nei libri di leggende e storie di streghe ossolane. Deriva dal latino “transienda” ovvero passaggio, via di transito, ossia transire, passare attraverso, iche è effettivamente ciò che fa una strega, nondimeno una donna (o un uomo) che cammina fra più mondi e realtà separate da veli sottili che solo lei conosce.
Con il tempo, nei dialetti settentrionali e nei paesi più coinvolti nella caccia alle streghe e alla stregoneria ha assunto il significato oscuro di “convegno notturno di diavoli”, di spiriti dannati, di streghe, che, secondo leggende popolari di origine nordica, si riuniscono di notte per compiere le loro “malefiche” operazioni. Sono comuni le espressioni che la attribuiscono a una atmosfera, un’aria, “un ambiente da tregenda” allucinante, che incute terrore, oppure “una notte da tregenda”, con la connotazione di cupa, tempestosa, tragica. Raro è anche il significato che la identifica in un pandemonio, in una gran confusione, od una esagerata quantità di gente.

Strumenti della Strega

Dopo aver parlato delle origini preistoriche del bastone/scopa/bacchetta e del cappello, si traccia qui un breve elenco. 
Premesso che, qualunque strumento, purché la strega ne sia convinta, e pertanto sia caricato della volontà ed energia dell'artefice, può essere considerato efficace per colei che lo detiene e ne fa uso.  
«Ogni atto di volontà è un atto magico», dopotutto, ogni strumento atto a creare o bandire, anche nelle azioni quotidiane, rientra nell'atto rituale. 
A ogni modo, e solo dopo aver praticato la imperturbabilità emotiva argomentata negli altri testi della sezione, senza la quale, è stato detto, sarebbe non solo dannoso ma completamente inutile operare, poiché dal caos ne verrebbe generato altro; gli strumenti che tradizionalmente vengono utilizzati dalla strega (neopagana) sono il «coltello» per dirigere il fuoco, che rappresenta la reminiscenza del primo utensile creato dall'umanità e, pertanto, fonte attivante e attiva di potere e utile a invocare «gli elementi grezzi» di ogni elemento, ossia gli spiriti elementali. 
Il pentacolo, che rappresenta l'armonia degli elementi, terra, aria fuoco e acqua, utile alla consacrazione di altri oggetti rituali e per promuovere l'equilibrio di cui sopra si è detto. Inoltre, la sua forma di stella è chiaramente connessa alla sfera astrale e celeste. 
La bacchetta, tradizionalmente utilizzata per connettersi alle forme di energia più alte e trascendenti, ovvero le divinità, di cui lo strumento è estensione.
Il calice, utilizzato soprattutto per evocare energie interiori assopite, per promuovere per esempio sentimenti benevoli volti alla armonia e guarigione. 
Il calderone, o paiolo, che rappresenta l'utero della Grande Madre, il luogo di connessione tra i mondi dove avvengono le trasformazioni, che possono rievocare le energie primordiali di caos e creazione. 
Il calderone è il vero e proprio ventre della magia, «un luogo tra i mondi», da cui possono essere «tratte fuori» oppure essere «rimesse dentro» le cose, affinché seguano l'ordine imposto.
L'energia femminile atavica di cui è simbolo è indistintamente creatrice e distruttrice, a seconda della volontà della strega e delle entità che la tutelano.
Anche il bastone è un elemento con cui sentono affinità alcune streghe, dato che rappresenta la connessione della strega con il cielo e ha vera e propria funzione di «axis mundi», poiché l'energia che lo anima percorre le dimensioni promuovendo una connessione tra la terra e il cielo, atto che ben si delinea nel «come sopra così sotto» (motto attribuito a Ermete Trismegisto, considerato il fondatore della alchimia).
Infine, l'altare, può rappresentare il tempio tangibile della strega, il suo luogo sacro, l'angolo dell'incanto di cui nel mondo immateriale si crea (meglio se consapevolmente, lo dico per esperienza personale) una controparte, un tabernacolo della fiamma interiore che non smette mai di ardere e di cui potete trovare istruzioni nel testo Il Tabernacolo casalingo della Fiamma Eterna che generalmente viene posto a Nord o a Est, anche se ognuna è ovviamente libera di rivolgerlo alla guida dell'elemento che sente più affine. 
Infine, non meno importante, il famigerato «liber umbrarum», il libro delle ombre, anche detto «libro delle luci», dove verranno riportate intuizioni, incanti, formule, ingredienti per pratiche ben riuscite, una sorta di eredità che, nel futuro, capiterà con tutta probabilità nelle mani di un'altra strega, che grazie alle nostre tracce potrà percorrere un cammino dentro se stessa, lasciando a sua volta traccia del suo cammino unico e ispirato ad un’altra.

Famigli e sangue

“Celata dove nessuno la può trovare la mia bestia interiore voglio evocare”. 
The Worst Witch Netflix, formula di trasformazione nell'animale interiore

Si apprende da Frazer che i gatti, proprio per la credenza che le streghe prediligessero questa forma animale per le loro trasformazioni, oltre che in volpi, serpenti e lepri di cui ci sono incantesimi e testimonianze di trasmutazione; erano ancora nell'Europa moderna gli animali maggiormente sacrificati nei falò atti a bandire il maligno. 
A ogni modo, si premette che l'argomento verrà sfiorato solo per brevi cenni e che la natura animale interiore, che abita una strega sin dalla nascita e rappresenta il suo carattere primordiale; ovvero sia ciò che lei stessa è; potrebbe non coincidere con gli animali che lei ritiene essere la sua guida o animali di potere o totemici, cui lei si sente connessa.
Detto ciò, e considerato che non sempre ciò che si è coincide con ciò che piace o si vorrebbe essere e nonostante l'etimologia sia un po' scomoda, dato che la parola «famiglio» deriva dal latino «famulus» che significherebbe servo oppure giovane schiavo (e poco avrebbe a che fare con quel senso di parentela profonda che la strega sente con il suo animale domestico) osservando attentamente i verbali delle accusate, emergono dettagli che fanno pensare che le affermazioni delle streghe, rispetto al loro rapporto con gli animali, si basassero su fatti tutto sommato reali. 
Secondo M. Murray i famigli venivano utilizzati dalle streghe come forma di divinazione, ma obbedivano anche ai loro ordini.
 Gli animali spesso passavano per caso alla fine di una qualche celebrazione magica, quasi a volerne confermare l'efficacia. 
Naturalmente, secondo le condanne, era il diavolo in persona a inviare questi animali alle donne coinvolte. In base all'andatura dell'animale, movimenti, gestualità, era possibile cogliere dettagli preziosi su persone e situazioni. 
Un famiglio può letteralmente essere interrogato, poiché è un oracolo vivente, in grado di percepire ed intuire energie e situazioni prima che la strega ne venga travolta. 
Per questo è anche una fonte di protezione, scudo di energie dà cui la strega rimane schermata poiché vengono riflesse su di lui che, per natura, è in grado di scaricarle. 
Una «proiezione astrale del famiglio» ad esempio potrebbe essere inviata a svolgere indagini, per localizzare qualcosa o qualcuno, e per incoraggiare il nostro stesso intuito. 
Talvolta si potrebbe non avere un vero e proprio famiglio, ovvero l'animale domestico della strega, ma potrebbero farsi vivi degli spiriti familiari, simili a geni tutelari; sotto forma di svariati animaletti, che appaiono proprio quando necessitiamo di essere messe in guardia da qualcosa o protette; tanto è vero che sono state registrate testimonianze del fatto che le streghe nutrissero questi animaletti, che sono da considerarsi dei doni delle dee o degli dei; con briciole di pane, latte e sangue; quest'ultimo, rafforzerebbe con tutta probabilità il legame con la strega. 
Del resto, il «rito del sangue» ha radici millenarie, se si considera che, ogni mese, la strega compie il sacrificio di se stessa, rigenerandosi, nell'atto spontaneo della mestruazione che, con tutta probabilità, era anche il sangue prescelto per stabilire tale contatto. 
Numerose sono le leggende, emerse dagli studi di Luisa Francia sulla Strega Perchta (di cui abbiamo dato delucidazioni nel paragrafo dedicato) illustrate nell'opera Le Tredici Lune; dove si parla delle serpicine domestiche che in ambito celto-germanico potevano portare molta fortuna o molta sfortuna alla famiglia, in base a come sarebbero state accolte in visita. Reminiscenza delle dee ctonie legate ai serpenti; spesso apparivano con una coroncina scintillante,  messaggere della «dea candelifera», meglio identificata nella corona di candele tipica di Santa Lucia, un volto della Dama Bianca. 
Nutrirle avrebbe benedetto la stirpe familiare della strega e portato tanta abbondanza. Personalmente, non ho animali domestici ma «possiedo» tre animali tutelari: la lucertola, che ha dimora fissa sotto alle scope che tengo in veranda e due rospi smeraldini, che incontro quasi sempre nel mio cortile al crepuscolo o nelle ore notturne, nei periodi del giro di ruota o significativi.
Per saperne di più si consiglia l'articolo L'Animale di appartenenza e il Famiglio.

La Tradizione

Una tradizione, dal latino «traditio» che significa consegna o trasmissione, è un insieme di idee, principi e pratiche che vengono tramandate da una strega all'altra nel corso del tempo. Per questo non è necessario che un certo tipo di trasmissione sia conosciuta o sia stata appresa e praticata da molte e molti, perché sia vera per chi l'ha ricevuta e ne consegue la pratica. 
Ogni strega è legittimata a seguire la tradizione trasmessale, ad esempio, dalla sua linea familiare, finanche senza mai aver aperto un libro di cosiddetta magia od essersi approcciata ad alcun tipo di «magia rivelata».
Una strega può sentirsi e dirsi, se lo desidera, tale; anche senza alcun riconoscimento da parte di qualsivoglia ordine, congrega, tradizione in voga o di moda.
Quel senso di reverenza, che porta a rispettare la tradizione delle streghe di famiglia, o di altre maestre incontrare lungo il percorso, per alcune può essere tale da assumerne totalmente la verità, poiché la si sente così propria da non ritenere necessario condividerla con altre o altri, fatta eccezione per pochissime anime affini, sempre più rare da incontrare.
La tradizione alla quale personalmente sento di appartenere, prende il nome di “Dianica”, in virtù di ciò che nella sezione Sentiero di Strega è stato ampiamente esposto.

La Strega, La Sua Terra e la Magia sotto agli occhi

“Se ci pensate, vi accorgerete anche voi che questo è il modo più sensato di procedere. Noi insegniamo alle streghe che studiano con noi che se vogliono sapere di cosa tratta veramente una delle feste stagionali, e quindi condurre un rito con simboli più appropriati, devono guardare fuori dalla finestra e trarre ispirazione dalla natura, non dai libri”.
The Inner Mysteries, Janet Farrar & Gavin Bone

Ho assunto questo principio da molto tempo.
Il solo strumento di cui una strega, una donna connessa a quelle forze che le nostre antenate risvegliarono nell'Europa Antica, perpetuando la gioia e l'incanto naturale, abbia bisogno, risiede nella natura che la circonda, che è completa, se la si osserva bene, di ogni elemento necessario affinché la stregheria avvenga veramente. 
Ognuna è figlia della sua terra e ogni terra racconta i suoi segreti al momento opportuno. Ascoltare le stagioni, armonizzarsi con esse, studiarne le particolarità di fiori e piante, di animali e delle leggende che un tempo abitavano quel particolare luogo dove si vive la quotidianità, celebrando ciò che tutti gli altri hanno dimenticato, è veramente la più nobile forma di magia e connessione con il divino che vi immane.

“Ci fu un tempo in cui la mia vista si aprì, insegnandomi ad abbandonare a poco a poco molte cognizioni, solo per vedere nascere la magia, il rito, l'incanto e, in definitiva, l'atto magico che, tutt'ora, ritengo essere il più potente di tutti: essere consapevoli della meraviglia che accade, quotidianamente, sotto i propri occhi ammirati. 
Onorare la presenza della divinità e della sua energia che immane tutt'intorno, riconoscendo la solennità di ogni elemento, celebrando la vita a ogni gesto, nella consapevolezza che, ovunque ci troviamo, finanche con quel poco che abbiamo a disposizione, siamo sempre, indistintamente, sedute sul tempio che stiamo cercando, e che spesso ignoriamo volgendo lo sguardo a luoghi lontani che non hanno le risposte che cerchiamo, poiché sono già qui.
La magia non è là fuori  (non solo) e non si trova (solo) su quella isola lontana ( che pure esiste e di cui qui ho cercato di donare brevi cenni), ma è nelle nostre radici.
Lasciandosi pizzicare il naso dal freddo e «percependo l'anima naturale tutt'intorno», sentendola vivida e guaritrice, vivendola nella serenità del cuore, ecco, è lì che si sta compiendo la magia. 
La scelta di celebrarla coi mezzi a cui la propria vocazione chiama, o ricorrendo ai propri talenti naturali e ancora la scelta di non celebrarla affatto, ma di scaldare una fiamma silenziosa che arde dentro, nel segreto della casa, è sempre stata libera, è libera, e sempre sarà”. 
Biancaspina

Discrezione e segretezza

“Quando controlli la luce, controlli quello che vedono le persone. E nonostante ciò che si dice, l'apparenza conta, Stella! Perché ci protegge”. 
Regina Luna di Solaria, The Winx Saga
(…)

«Diciannove persone e due cani sono stati impiccati, una è stata schiacciata a morte e almeno altre quattro sono decedute in prigione. Sono tutte morti causate direttamente dai processi alle streghe di Salem, ma, come molti di voi sanno, le ripercussioni hanno avuto una portata ben più ampia. Tante famiglie hanno sofferto per generazioni, per colpa delle detenzioni hanno perso i loro averi e si sono indebitate fino al collo. Senza contare l’inevitabile risvolto emotivo. Faccio questa domanda ogni anno ai miei studenti, quindi oggi tocca a voi: che cosa ha causato i famigerati processi alle streghe di Salem? Una serie di fattori complessi e interconnessi tra loro? O c’è stata una sola causa principale? È successo tutto per motivi politici, religiosi, culturali o per semplice isteria collettiva? Mentre analizzeremo i saggi che state scrivendo e ci prepareremo per la rievocazione, continueremo a cercare la risposta a queste domande».
Antiche Voci da Salem, Adriana Mather, Casa Editrice Giunti, P.84
Il Biancospino conosce alcune risposte a queste domande poste dalla Mather: molte, sono state fornite attraverso ogni articolo di ricerca di questa sezione, dedicata alle streghe. 
Ma, ognuna dovrebbe trovare le risposte in se stessa.
Una cosa è certa: Streghe ‒ e potenziali inquisitori, pronti a trascinare od essere trascinati nelle dinamiche dei tempi bui  ‒ vivono fra noi.
Non è ancora finita, la guerra
Non si è ancora dissolto, l'astio
Interrogarsi e continuare a vigilare su di sé e guardarsi le spalle, sempre, è oggi più che mai essenziale. 
Affinché la storia non si ripeta e alcuna strega debba più patire l'unico inferno veramente esistente, al di là delle concezioni religiose: quello creato e nutrito dalle paure degli uomini sulla terra. 
Afferma Anna Lucia Sofra, in Infernetti, che “l'inferno, più che un luogo fisico, sembra uno stato dell'essere, un habitus mentale dove, coloro che sono nemici della luce, nel senso particolare e antico con cui la si ha descritta qui, forse amano persino stare”.
Nella manifestazione delle ossessioni, delle invidie e delle gelosie, preludio di certe azioni abominevoli (nonché negli atti di violenza in cui sfociano tali emozioni se non vigilate e guarite) risiede la volontà di chi le vive a trascinarci le altre e gli altri, ossia a interferire con quelle e quelli che, oggi come oggi sempre più raramente, vivono una vita di bellezza e incanto, ottenuti altresì con tanto sacrificio. 
Ci sarà sempre qualcuno che tenterà di sabotare coloro che, combattendo per una vita di autentica bellezza e letizia, saranno ancora e sempre giudicate e giudicati pazze e pazzi, oppure bizzarre e bizzarri, strane e strani e, in definitiva; streghe!
Questo lo vediamo nel quotidiano, ogni volta che per essere ciò che siamo, e quindi veicoli di luci,  ombre e  volontà profonde spesso impopolari, subiamo la gogna di quella “massa di superstiziosi” tutt'oggi attiva e incattivita, nella quale vive lo stesso spirito  meschino e indagatore che portava ragazzi e bambini a «urlare alla strega» ogni volta che una donna nella quale vivesse una qualche forma di magia era incrociata.

Le Leggi Occulte in Rima
Inedite, scritte da Biancaspina

(1) La legge del triplice ritorno “Causa ed effetto, dono esige dono, tutto ciò che mando in volo ritorna tre volte all'originario trono”
(2) La legge del ritorno ciclico “Se errar di stesso errore tu farai, tante volte finché impari affrontar dovrai”
(3) La legge della polarità “Se luce vegliar vorrai nell'oscura cava discender dovrai; di due facce è la medaglia, d'oro diventa anche a paglia”
(4) La legge dell'attrazione “Attrai l'affine, a te l'incline, ciò che emani verrà dato”
(5) La legge dell'equilibrio “Se per vanità il calderone sveglierai, l'equilibrio perder potrai; suono e campana, tutte le cose al loro posto rimetter dovrai”
(6) La Legge della contabilità magica “Se l'armonia trovar saprai, scintille di dono irrorai farai, d'oro vero il borsello riempirai”
(7) La legge della triplice invocazione “Ogni incanto sarà bendato se meno di tre volte l'avrai recitato”
(8) La legge della contestazione “Non creder a tutto neppure a niente, accertati del vero o resta silente”
(9) La legge della ripercussione “al cancello dei misteri accederai, se potere maggiore gestire saprai”
(10) La legge del riflesso “Ciò che sotto tu farai anche sopra causar vedrai, ciò che sopra tu vedrai anche sotto sentirai”
(11) La legge della conoscenza “Con perizia incanterai se molto conoscerai, l'ignoranza non è un male se s'accetta d'imparare”. (Cfr. Eric Pier Sperandio, Il Grande Libro della Magia Bianca)
(12) La legge dei nomi “Se il tuo nome occulterai imprendibile sarai, a chi chiami col suo nome avrà presto il tuo tenore”
(13) La legge dell'unità “Ciò che è fuori è pure dentro, nel paiolo rimesti dentro quel che fuori vien riflesso”
(14) La legge della dicotomia e del paradosso “Se non credi a ciò che fai mai incanto che fu vero lancerai”

*****

Bibliografia

(1) Magia, Manuale completo; i presupposti, i principi, i rituali, gli strumenti per diventare veri maghi; Jean de Blanchefort, Armenia
(2) Il Grande Libro della Magia Bianca, Eric Pier Sperandio, I Segreti delle vere streghe: l'arte di attirare le influenze positive, Armenia Edizioni, 1997
(3) Il Ramo D'Oro, studio sulla magia e la religione, James G. Frazer, Casa Editrice Bollati Boringhieri, Edizione 2016
(4) Le Streghe nell'Europa Occidentale, Margaret A. Murray, Edizioni della Terra di Mezzo, 2012
(5) Streghe in Piemonte, pagine di storia e di mistero, Massimo Centini, Editori Priuli e Verlucca, 2018
(6) The Inner Mysteries, Stregoneria Progressiva e Connessione con il Divino, prefazione a cura di Phyllis Currot, Janet Farrar & Gavin Bone, Casa Editrice Brigantia, 2013. Dal testo sono state tratte le quattordici leggi della stregoneria, e solo per brevi cenni gli elementi e gli strumenti cerimoniali della strega neopagana
(7) La Bibbia delle Streghe, Volumi I e II, Janet e Stewart Farrar, Anguana Edizioni, I Blu della Caminata, 2013
(8) Antiche Voci da Salem, Adriana Mather, Casa Editrice Giunti, 2016
(9) Psicologia e Alchimia, Carl Gustav Jung, Edizioni Bollati Boringhieri, 2006
(10) Il Codice dell'Anima, James Hillman, Casa Editrice Gli Adelphi, 1997
(11) Le Tredici Lune, Luisa Francia, Venexia Edizioni, 2011
(12) Literary Witches, A celebration of Magical Women Writers, Taisia Kitaiskaia, illustrated by Katy Horan, foreword by Pam Grossman
(13) Le divinità femminili del pantheon nordico, Claudia Emanuele, Edizioni La Zisa, 2015
(14) All'origine delle parole, ovvero del significato occulto ed antico di alcune parole e del potere di conoscenza e di magia che in esse si può ancora trovare, Mario Negri, Edizioni della Terra di Mezzo, 2011
(15) Manoscritto dialettale di una Guaritrice di campagna, ovvero di come le donne possano guarire dalle malattie e dalle tristezze con l'Amore naturale, studio introduttivo e traduzione a fronte di Barbara Fiore, Edizioni della Terra di Mezzo, 2012
(16) L'antico Fuoco delle Donne, Ovvero di come potrebbero ancora essere segretamente celebrati i Riti della Grande Madre, Edizioni della Terra di Mezzo, 2005
(17) La Dea Bianca, Robert Graves, Gli Adelphi Edizioni, 2022
(18) Oscure Madri Splendenti, le radici del sacro e delle religioni, Luciana Percovich, Venexia Edizioni, 2007
(19) Vivere Wicca, Laura Rangoni, Xenia Edizioni, 2004
(20) Tracce Celtiche, curiose, misteriose ed inquietanti; piccolo viaggio all'interno di alcuni segni, misconosciuti o ignorati, del passato celtico antico e medievale nell'Italia alpina e padana; Marco Fulvio Barozzi, Casa Editrice della Terra di Mezzo
(21) Vocabolario etimologico della lingua italiana di Ottorino Pianigiani, Classic Reprint Series, Forgotten Books, 2018
(22) L'Incanto e L'Arcano, per una antropologia della Befana, Claudia Manciocco e Luigi Manciocco, Armando Editore, 2006
(23) Oscure Madri Splendenti, Luciana Percovich, Le Civette di Venexia, p. 180

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