Le Rocce Madri del Lago d'Orta

ESPLORAZIONI DI RICERCA

La Preja Batizà di Bugnate (Gozzano) e La Preja Serpente di Pella, Novara(NO), Piemonte
Ovvero delle Antiche Pietre Rituali delle Donne del Lago d'Orta
Anche definite “Massi delle Streghe” o col nome di “Trovanti”, sono enormi rocce che, a seguito del ritirarsi dei ghiacciai, e quindi dopo essere state trasportate a fondovalle, viaggiarono in solitudine ritrovandosi, “casualmente”, ad occupare le più insolite posizioni sulla pianura.
 Potremmo azzardare un’illazione e considerarle come delle sorelle, nonché figlie di una più grande e saggia Roccia Madre, sirene originarie di uno stesso oceano, messaggere di amore e conoscenza che, giunte fino a noi, rivestono il ruolo di portatrici di quella verità che nella Roccia Madre vibra al ritmo dell'incessante e salvifico tamburo ancestrale della Dea.
Le Rocce Erratiche (in questo caso anche dotate di coppelle rituali) che ho potuto conoscere fino ad ora sono due, la “Preja Batizà” di Gozzano e la Preja che ho soprannominato "Serpente” di Pella, entrambe ubicate in provincia di Novara, nel folto dei boschi del Lago d'Orta. 
Sebbene mi sia mossa anche verso rotte più lontane, alla ricerca di altri sassi erratici, devo ammettere che ad oggi sono proprio le mie “vicine di casa” ad avermi donato una più alta forma di contatto con la dimensione animica del viaggio svolto in merito a questo tipo di rocce.

La vipera guardiana della Preja di Pella

Esattamente come avvenne anche lungo il sentiero di ricerca per la Preja Batizà, il percorso è stato a tratti non di facile percorrenza, poiché, avendo scelto una stagione non esattamente appropriata, mi sono imbattuta nella presenza di cespugli molto alti e...vipere! 
Curioso che una di queste enigmatiche creature sia apparsa, come per magia, sul sentiero roccioso e in salita che stavo percorrendo e, erigendosi con fascino ed eleganza tutta femminile  sembrava stesse bisbigliandomi qualcosa; forse una segreta verità, a prova dell’arcana energia che emanava dalla roccia di cui forse, la vipera, era a vedetta e protezione.
La serpe danzava sinuosamente su di un piccolo masso aguzzo all’altezza del mio volto, sporgendosi verso di me a tratti, impedendomi di attraversare quello che – secondo me – sarebbe stato il passaggio giusto per giungere alla Roccia. 
Dopo qualche tentativo di scavalcare quell'ostacolo e faticando per non perdere l'equilibrio in mezzo alla fitta e pruriginosa vegetazione estiva, fu chiaro che quella non sarebbe stata la strada corretta, tant’è che, dopo essere ritornata al punto di partenza, ho trovato un gentile ragazzo che ha saputo indicarmi esattamente che stradina imbucare, così riuscii a proseguire verso la meta, scoprendo, peraltro, che un centinaio di metri più avanti un piccolo cartellino in legno con una freccetta rossa recante il nome di Preja era stato affisso da qualcuno proprio per aiutare i viandanti solitari – e sprovveduti – a giungervi.

Le Coppelle, il primo specchio rituale delle Donne: macrocosmo nel microcosmo

Avevo già ammirato le cosiddette “coppelle” rituali collocate sulla superficie della Preja Batizà a Gozzano – che ne presenta addirittura cinquantasei! – tuttavia, quel giorno, il clima era secco e le coppelle del tutto asciutte. 
La sorpresa, a Pella, fu  trovare un’enorme “coppella” stracolma d’acqua piovana, all’interno della quale si era addirittura creato un ecosistema, con tanto di animaletti acquatici e foglie inzuppate in questo piccolo stagnetto che pareva essere una tenera laguna in miniatura; che, con una chiarezza oltremodo cristallina, aveva finalmente fatto luce nella mia mente sul paradigma del “macrocosmo nel microcosmo” sopra citato. 
Improvvisamente, come quando ci si trova a brancolare nel buio ma infondo al tunnel una fiaccola ardente illumina il sentiero, attirandoci a sé, tutto è parso chiaro. 
La coppella si era trasformata, ai miei occhi, in tutto e per tutto in un “ventre cosmico”,  vaso ermetico all’interno del quale le trasformazioni avvengono, attraverso lo sgorgare di quell’aqua permanens che tutto attraversa.
Esattamente come il liquido amniotico nutre il feto nell'oscurità del ventre materno, così l'acqua presente in quel profondo solco inciso nella Roccia dai nostri antenati e dalle nostre antenate dell'Europa ancestrale, stava nutrendo la mia sete di conoscenza, che a quel punto era gravida di nuove, strabilianti, rivelazioni numinose. 
— Se la coppella è così chiaramente simile a un ventre femminile — mi sono detta — Non c’è da meravigliarsi se le nostre antenate, sorelle e donne di magia e medicina, si accorsero di questa sacra e impenetrabile verità ancor prima “che molte cognizioni e classificazioni filosofiche sarebbero divenute necessarie ad una più erudita comprensione” — per riprendere una affermazione in cui mi sono imbattuta ultimamente analizzando l’opera Imitazione di Cristo.
A conferma delle mie intuizioni, cito le parole di Luisella Vèroli, archeologa dell’immaginario, nelle quali mi sono imbattuta solo successivamente, nonostante il suo libro “Dal Cosmo alla Cosmesi” giacesse, strabordante di profonde verità esattamente come la coppella, su uno scaffalino della mia libreria già da alcuni mesi. 
“Lo specchio d’acqua è il simbolo dei simboli, perché, riflettendo la luce del sole, della luna, delle stelle, è in grado di mostrare i lati nascosti della realtà visibile a occhio nudo”. “Riflettendo, a seconda del posizionamento, ciò che sta sopra, in basso, dietro e avanti, lo specchio mostra ciò che non percepiamo coi cinque sensi”. 
“Mentre i maschi sono in grado di vedere il proprio sesso dall’alto e lo confrontano con quello degli altri uomini; lo specchio diventa, dunque, prerogativa prettamente femminile”. 
Non a caso questi enormi sassi erratici sono stati soprannominati anche “Sassi delle Streghe” e, come ricorda la Vèroli, lo specchio è da sempre un attributo delle sacerdotesse delle religioni pre-patriarcali che lo usavano, oltre che per truccarsi ed esplorare le parti intime, come oggetto divinatorio.
Furono proprio le coppelle contenenti acqua ferma, fra l'altro, ad essere i primi specchi delle donne, solo più tardi arrivarono quelli in ossidiana levigata. 
Lo specchio, peraltro, come si legge ne L'Atlante delle Sirene di Agnese Grieco, è stato da sempre associato alle sirene, creature acquatiche di mezzo, alchemiche per eccellenza. 
Lo specchio (speculum) è medievale strumento/momento della riflessione/speculazione/conoscenza. 
Un esempio di questa attribuzione dello specchio a quello che chiamerò femminino sirenico è conservato ad oggi al Paul Getty Museum; qui una dama sirena in miniatura abbellisce l'Hortus Deliciarium (la prima enciclopedia in assoluto che sia stata redatta da una donna) ed è raffigurata mentre tiene in mano lo specchio.

L'ombelico della Dea Madre

Le coppelle, dice Luisella Vèroli, “imitano le aperture del corpo sul mondo”, simboleggiano  tutti quei fori attraverso cui ci è dato esperirlo, mettendoci nella condizione di far comunicare il mondo interiore con quello esteriore: pensiamo per esempio al fatto che è proprio per mezzo dell’ombelico che noi donne possiamo donare la vita e far sì che il mistero della creazione si ancori a noi, in quanto, in qualità di donne, siamo microcosmo manifesto della Dea Madre. All’interno del nostro apparato femminile, nonché nel mare amniotico di cui siamo contenitrici, si perpetua infatti ogni mese il mistero della creazione. 
La Vèroli, ci fa ancora notare che nell’India Vedica il foro nella pietra era chiamato “porta della liberazione dell’anima”, nonché liberazione della forza creatrice femminile, tradizionalmente rappresentata dalla Roccia Madre e dai suoi simboli.
 Non è un caso che alcune statuette votive paleolitiche venissero rappresentate con caratteristiche particolarmente tondeggianti, simbolo di quel femminile “incinto di mondi in divenire” (1)
Il foro, la coppella, è “omphalos”(1); ombelico, vulva, luogo sacro in cui si concentra la forza della Dea.

La leggenda della Preja Batizà di Gozzano e i riti preistorici di Luna Piena

Le nostre antenate, nonché le antiche custodi del Sacro Femminino Ancestrale, erano a conoscenza dell’energia tellurica di cui queste cavità scalpellate nella roccia erano sorprendentemente dotate, tant’è che ne riempivano l’interno con acqua arricchita con petali di rose e altre erbe dalle proprietà magiche pestate nel mortaio e poi la utilizzavano nelle notti di Luna Piena sia a scopo divinatorio che propiziatorio. 
Si pensi che fino a poco tempo fa, in un contesto ormai lontano da quello preistorico, le donne originarie del Lago d’Orta si affidavano ancora al potere della Preja Batizà di Gozzano a scopo di “scivolo battesimale”.
Persino in epoca cristiana si narrava ancora che se una donna si fosse lasciata scivolare su questo sasso dalla caratteristica forma prismoide, sarebbe “magicamente” rimasta incinta: una versione della leggenda narra che una donna trovò davanti ai suoi piedi una cesta con un neonato al suo interno subito dopo aver percorso il tragitto sullo scivolo, a seguito di un consiglio datole da un donna saggia.
Durante lo svolgimento di queste antiche tradizioni femminili, le “allieve della Dea” imparavano dalla Sacerdotessa divinizzata – nonché personificazione della Dea Madre – a canalizzare e interpretare i messaggi celesti che si manifestavano all’interno dell’acqua delle coppelle in quei momenti magici in cui luce e ombra si davano il cambio – che potremmo definire, per utilizzare un linguaggio alchemico, il momento di massima “Hieros Gamos” in cui oscurità e luce si incontrano, per amarsi e onorarsi a vicenda. 
Un altro rito tradizionalmente svolto dalle antenate era quello di “rispecchiamento”(1), in cui le donne “dopo essersi cosparse di terra biancastra sulla fronte in onore della luna crescente, di terra rossa sulle guance come simbolo della luna piena, e di carbone intorno agli occhi per ingraziarsi la luna nera, si specchiavano nelle coppelle, dopo essersi pettinate ed acconciate la capigliatura a vicenda”(1).
Nel frangente di maggior intensità del rito, ossia in quel “momentum” in cui la Luna Piena e le stelle imperavano divinamente rifulgendo alte nel cielo, la Sacerdotessa sollevava la sua pelliccia – probabilmente la indossava a simbolo del proprio animale di appartenenza, nel tentativo di richiamarne le caratteristiche su di sé, incarnandole (2) – e si metteva a cavalcioni sulla coppella scolpita a forma di valva di conchiglia. 
Questa usanza, meglio conosciuta come il “Rito di mostrare il sesso”(1), aveva lo scopo di far percepire la luce del divino femminile e del contatto magico che il sesso della donna, per sua stessa natura, aveva/ha con la Luna e con i suoi cicli, scanditi da quattro fasi esattamente come accade per il menarca, che è il fluido magico attraverso cui la Dea comunica con noi, letteralmente scorrendoci dentro. 
Esattamente come la Luna agisce sulle maree, così il suo potere influenza le acque delle donne, compreso il ciclo mestruale; pertanto non c'è da sorprendersi se in certi momenti del mese ci sentiamo come astri impazziti in balìa di energie cosmiche che ci attraversano.

Tracce della Dea Serpente

Ma tornando all’incontro con la nostra amica dal volto di serpe sopra citato, ci terrei a precisare che la Preja di Pella non solo era palesemente protetta da una Dea Serpente, ma la pietra stessa aveva, come potrete notare dagli scatti, l’aspetto di una serpentessa dormiente; quasi fosse lì a riposare in pace, nella fiduciosa consapevolezza che alcune delle sue figlie sarebbero presto giunte al suo inviolato cospetto, a prova che la nostra amata Dea Serpente(3) c’è, è viva e sebbene possa sembrare inabissata all’interno della Terra (soprattutto a causa della drammatica condizione in cui il pianeta versa) posso assicurarvi che all’occorrenza inietterà il suo veleno proteggendosi, laddove occhi indiscreti provassero a penetrare i suoi boschi senza rispetto.

*****

Fuori sta diluviando, è buio, e la casetta al limitare del bosco da cui scrivo lampeggia a causa del temporale, come a volersi smarrire nel buio della notte, forse per aiutarmi a immaginare il fantasmagorico scenario che in questo momento è sicuramente calato sulle Rocce Madri a cui ho fatto visita la scorsa primavera/estate. 
Chissà, forse, gruppi di donne-streghe si stanno radunando, proprio ora, intorno a questi “altari naturali”, per organizzare un rituale lunare.
A prescindere da quale sia il vostro credo spirituale o fede religiosa – e qui mi rivoglio alle ipotetiche sorelle di percorso e non solo – desidero ricordare che, dal momento che siamo “donne in quanto donne”, l’acqua da cui attingiamo è una sola, aqua permanens, esattamente come è una sola la verità, sebbene venga continuamente canalizzata nelle più svariate forme  (e palesata attraverso l’insegnamento di una moltitudine di maestre/i apparentemente lontane/i fra loro dal punto di vista dottrinale) siamo comunque, esattamente come le Rocce Madri sirene di uno stesso mareninfe di uno stesso lago, germogli di una sola, unica e indivisibile Madre Terra, che è “pozzo di luce” alle cui acque, tutte e tutti, presto o tardi sentiremo la necessità di tornare per abbeverarci, unite e uniti nel sacro vincolo della sorellanza che, attraverso il rito lunare delle coppelle, è giunta, più vivida che mai, fino a noi.

Note e bibliografia

(1) Dal Cosmo alla Cosmesi, la divina seduzione e l’arte del trucco dalla preistoria al futuro di Luisella Vèroli
(2) Ispirato a La Strega di Pian del Lago, Edizioni della Terra di Mezzo
(3) Per quanto riguarda la Dea Serpente sopra citata, vi consiglio di approfondire l'argomento acquistando l'ispirante e prezioso libro di Laura Rimola intitolato La Regina dei Serpenti che potete reperire presso la Casa Editrice Pettirosso Edizioni.
(4) Psicologia e Alchimia di C.G. Jung (tutte le terminologie alchemiche utilizzate sono ispirate soprattutto a quest'opera)

Album fotografico
di Claudia Simone

La Preja Batizà di Bugnate

Le coppelle - in totale se ne contano circa 56 - sulla Preja Batizà

Sulla Preja Batizà

Nel bosco della Preja Batizà al tramonto

La Preja Serpente di Pella


Il "Musetto" della Preja Serpente

Le profonde coppelle sulla Preja di Pella - Fotografia della mia compagna di ricerca Tiziana Salsa

Una profonda coppela nella Preja di Pella - Fotografia di Tiziana Salsa

La Vipera Guardiana della Preja di Pella

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