La Principessa di Neve della Marmolada, Leggenda delle Dolomiti

C'era una volta una principessa di neve. L'avevano tanto desiderata a corte, una principessa!
Un reame senza principessa è come un giardino senza rose, dicevano i sudditi ed erano tristi e triste era il re e più triste la regina.
La regina, anzi, sospirava sempre, per non addolorare il re con i suoi sospiri usciva a sospirare e a piangere sul torrione del castello.
Il castello s'innalzava sopra un poggio; di fronte al poggio si ergeva la Marmolada e sulla Marmolada il palazzo di ghiaccio della Regina delle Nevi. Questa regina, benché avesse il cuore di gelo, un po’ si commosse e un po’ si seccò di questi sospiri e un giorno, affacciatasi al balcone, si sporse, guardò in giù e chiese: — Chi piange nella valle? — .
— Io, la tua vicina Chiomadoro — rispose la regina del reame senza principesse.
— La regina? —.
— Proprio lei —.
 — E perchè? —.
—  Perché sono infelice —.
 La regina delle nevi spalancò gli occhi e la bocca: — Tu? E come mai? Sei regina, sei bella, sei giovane, tuo marito ti ama e ti ama il tuo popolo, e se non erro hai anche un principotto —.
— Si è vero — sospirò la regina Chiomadoro — Il principotto ce l'ho, è bello e buono e virtuoso, ma i principotti appartengono prima ai sudditi, poi al re e da ultimo, ma poco poco, a mamma regina. Il principotto studia da mattina a sera per diventare un saggio sovrano, e nelle ore in cui gli altri bimbi si divertono e vanno a passeggio con la mamma, egli tira di scherma e monta a cavallo per diventare un robusto sovrano e io lo vedo così di rado che invidio tutti i bimbi senza corona e le mamme di questi bimbi —.
— E così? — chiese la regina delle nevi. — E così vorrei avere una principessa... —.
La regina delle nevi sorrise. — Ho capito, per averla sempre alle sottane —.
— Hai ragione —.
 E, accennatole di aspettare, rientrò un momento nel suo palazzo e, quando si affacciò, lasciò cadere nel giardino della reggia di fronte una culla rosa con dentro una principessina desiderabile, ma la regina delle nevi dava ciò che aveva e l'altra regina fu contenta ugualmente.
Tutto il regno fu contento; anche il re, anche il principotto, ma presto cominciarono i guai. Quella principessina non poteva vivere che all'ombra, perché il sole l'avrebbe liquefatta.
Ma quando lo si conosce, si può forse rinunciare al sole?
E allora il sovrano, d'accordo con i sudditi, decretò che dal suo regno fosse abolito il sole affinché la principessina Ombretta, non conoscendolo, non avesse mai a desiderarlo. E fu così.
Nel regno di quel re si capovolse il corso della vita: di giorno si dormì e di notte si vegliò.
Dapprima tutto parve facile e nessuno trovò così grave il sacrificio di far giorno la notte e notte il giorno; amavano tanto la loro principessina che avrebbero dato la vita per lei. Poi, a poco a poco l'esistenza divenne insopportabile. Tutti i lavori si arenarono, il popolo si infiacchì, e nella regga e nel regno entrarono a braccetto quelle due signore inseparabili che si chiamano miseria e malinconia.
Con tale scorta, si sa, nulla può prosperare e a corte e fuori si sentì gravemente quale errore era stato quel capovolgimento di abitudini, ma nessuno volle confessarlo per non recare danno alla piccola principessa di neve.
La principessa intanto era cresciuta ed era una pallida e graziosa creatura tutta piena di amore e di bontà e s’inquietava vedendo il mutamento che ogni giorno si compiva intorno a lei. Visi sempre più smorti, persone sempre più sparute, nessuna risata né un sorriso neppure sulle bocche dei bambini, che ridono tanto facilmente.
“Certo” – pensò la fanciulla – “Qualche terribile dolore angoscia la mia famiglia e il mio popolo, e non mi mettono a parte del loro segreto perché mi amano troppo e non vogliono che io soffra. Ma io soffro ugualmente vedendo soffrire quelli che amo”.
E andò dalla regina e le chiese la causa della sua tristezza generale, ma la regina sorrise carezzandola su suoi bellissimi capelli biondi: —Nessuno è triste, figliola; io sono felicissima e il popolo è felice —.
Ombretta andò dal re, gli si inginocchiò dinanzi e gli ripeté la domanda, e il re si grattò la barba, si soffiò il naso e rispose: — Figliola, l'infelicità nel mio regno non esiste, perché ci sei tu che sei la nostra gioia —. Allora interrogò il principotto Ricciobruno e il principotto scoppiò a piangere ed evitò di risponderle.
La principessa Ombretta restò sgomenta a guardare la porta da cui il fratello era sparito piangendo e si disse: — Certo, la causa di tutta questa tristezza è Ricciobruno. O ha commesso qualche scappatella o è molto malato o è molto infelice —.
Poiché si convinse che alla reggia nessuno le avrebbe mai svelato il perché della malinconia che tormentava tutti, pensò di andare a interrogare una donna sapiente che abitava nei boschi, a cui ricorrevano le sue piccole amiche quando volevano conoscere un segreto.
La donna sapiente sapeva tutto e non ingannava nessuno.
Ombretta ci andò.
Per uscire inosservata dalla reggia si travestì da contadina, così quando bussò alla porta della donna sapiente e le sedette dinanzi, questa, che era molto miope, non la riconobbe.
— Buongiorno — le disse — In che posso servirti? —.
— Ah davvero, se tu mi dicessi perché Ricciobruno e tutto con lui sono tanto infelici, mi renderesti un grande servigio —.
— Perché? Gli vuoi bene? —.
— Al principe? Certo e anche agli altri —.
— Che buona figliola! Mi duole per te, ma il principotto e gli altri con lui sono destinati a morire —.
La principessa sobbalzò: — A morire? —.
— E, figliola mia, chi vive senza il sole? —.
— Il sole? E che cos'è il sole? —.
— È vero è vero, tu non puoi conoscerlo, perché sei tanto giovane e da quando è nata la principessina Ombretta, pena la morte, non si può neppure farne parola, ma il sole è ragione di vita del mondo; il sole fa germogliare e fa vivere —.
— Oh, cara! E il sole si è forse offeso per la nascita di questa principessa e ha abbandonato il nostro regno? — .
— Figliola, come sei ignorante! Il sole è troppo generoso per privare gli uomini della sua luce e del suo splendore; ogni giorno si leva e tutti gli uomini si levano con lui, tranne quelli del nostro regno che hanno avuto la sfortuna di avere una principessina di neve —.
A Ombretta scesero due lacrime lungo le gote, ma la donna sapiente non se ne avvide perché sapete che era molto miope e proseguì, mettendosi gli occhiali: — Il sole scioglie la neve e, mentre dà la vita a tutti noi, a questa malaugurata principessa darebbe la morte, così che il nostro re e i suoi sudditi hanno capovolto le abitudini del mondo e preferiscono morire piuttosto che sacrificare l'esistenza della principessina... —. Mentre diceva così, la povera Ombretta era scoppiata in singhiozzi ed era uscita dalla capanna, decisa a morire piuttosto che ritornare alla reggia dove tutti agonizzavano per lei.
La donna sapiente restò con la bocca aperta, presa dal terribile dubbio di aver parlato alla principessa in persona. Allora prese il suo bastone, incespicando a ogni passo perché era anche molto vecchia, uscì dalla sua casuccia e si diede a inseguirla e a chiamarla perché tornasse indietro.
— Principessa, principessa, perdonami, ho scherzato, ho mentito, ho voluto farti una burla, ti ho raccontato una frottola. Torna a casa tua perché il sole sta per sorgere e ti potrà far male —.
— Dunque, vedi che non hai raccontato una frottola, se temi che il sole mi sciolga, povera donna sapiente! — rispose la principessa Ombretta, piangendo e correndo per non essere raggiunta.
E piangi, corri, la principessina di neve fu raggiunta dall'aurora vestita di rosa che, riconosciutala dalla corona di gemme che recava sul capo, si fermò e disse: — Oh principessa Ombretta, il sole sta per uscire dal suo castello e ti scioglierà, povera principessina di neve; torna in fretta alla reggia dove ti stanno cercando disperatamente! —.
 Allora la principessa Ombretta cessò di piangere e rispose: — Meglio che essi piangano la mia morte piuttosto che io viva con il rimorso di essere responsabile della loro —.
E proseguì a camminare, rasserenata dal pensiero che il suo sacrificio non sarebbe riuscito inutile, perché sparita lei, spariva dalla reggia ogni ragione di escludervi il sole.
Camminò fino a che vide il sole far capolino a oriente; allora si fermò abbagliata da tanta grandezza e da tanta meraviglia e capì come nel suo regno i suoi sudditi morivano per il dolore di averlo perduto.
Il sole, dolente di distruggere una creatura talmente bella, afferrò al volo una nube e si coprì gridando alla fanciulla di neve: — Principessa Ombretta, chi ti ha lasciata uscire a quest'ora? Nasconditi in fretta perché ti sciolgo e mi dispiace toglierti la vita —.
La principessina sorrise: — E che importa se spendo la mia vita per il bene dei miei genitori? —.
Allora il sole, commosso da tanta bontà, allungo un raggio fino a lei e se la trasse accanto al suo cocchio d'oro, dicendole: — La tua generosità ti ha salvata, principessa, perché la bontà non muore mai e tu regnerai con me sul mondo —.
Questo alla corte della principessina non si seppe.
Si seppe dalla donna sapiente che ella aveva sacrificato la sua vita per amore dei suoi e il luogo dove si credette che la piccola dolce principessa avesse lasciato la sua vita mortale fu intitolato al suo nome.
Ancora oggi Passo Ombretta si chiama il bel valico alpino che da Canazei, in Val di Fassa, conduce a Contrin.



*****
 
Il Passo Ombretta

Il Passo Ombretta si trova in una delle valli più belle della Marmolada, il gruppo montuoso delle Alpi orientali a confine tra la provincia di Trento e la provincia di Belluno.
Collega l'Alta Val di Fassa alla Valle del Cordevole ed è la montagna più alta delle Dolomiti.

La Principessa di Neve, Il Volto della Samblana

Nella Leggenda dolomitica riportata, c'è un chiaro riferimento a una figura magica del folclore dolomitico antico che fino a cento anni fa si credeva vivesse ancora nella montagna della Marmolada.
Dietro al volto della principessina di neve Ombretta, c'è infatti la Samblana, la potente principessa che venne imprigionata dagli uomini sui monti di vetro, nello sterile deserto di rocce e ghiaccio che dai vecchi viene ancora chiamato Nòfes.
La principessa venne accusata di aver sottomesso tutti i popoli vicino a quello dei Maòi con la sua sete di conquista. Si narra che la Samblana imponesse continue imposte per poter mantenere la sua veste preziosa, intessuta di luce, d'argento e di albume d'uovo che era talmente lunga che ci volevano mille fanciulle per tenerle lo strascico.
Questa versione della storia che la dipinge vanitosa ed egoista, potrebbe essere il frutto delle tipiche contaminazioni al racconto originario: come molti altri luoghi, anche le Dolomiti non sono state risparmiate dall'insabbiamento e dalla demonizzazione alle quali le nuove religioni costrinsero le Dee (che popolavano l'immaginario e l'inconscio delle genti primitive).
Il dialetto del luogo è infatti un dialetto rauco per metà ladino nel quale, nonostante i vocaboli neolatini, si sente ancora il respiro alpino aspro e fresco del passato retico preistorico (2).
A ogni modo, una volta imprigionata, secondo la leggenda la Samblana dovette andarsene dal bosco di Bayon, incastrata con il suo strascico che per il freddo e per la sua misura si solidificò completamente al ghiaccio, andando a formare un blocco unico con le rocce.
Riuscì a liberarsi da quel peso solo grazie all'aiuto di due bambine che secondo le leggende erano “Ymelès”, gemelle, bambine morte non battezzate che a poco a poco aumentarono in numero finché non riuscirono a sollevare l'enorme vestito dal ghiaccio e a liberare la principessa alla quale si sentivano innatamente devote. Una volta libera, la Samblana scelse di trasferirsi nel luogo che preferiva, proprio sulla Marmolada della leggenda di Ombretta e sulla Tofana di mezzo, sulla Fradusta e infine sull'Antelao.
Grazie ai pezzettini del suo vestito (che era evidentemente incantato) le bambine che giungevano a lei avrebbero potuto entrare nel regno dei cieli e altre di loro vennero elette sue messaggere per proteggere i poveri pastori dalle frane e dagli uccelli predatori della montagna.
Tutt'oggi si può vedere il raggio azzurro, “ray”, emesso dalla splendente Samblana, quando il sole s'infrange sui ghiacci della Marmolanda: si crede che la splendida principessa sia ancora là, con le sue bambine bianche, anche se nessuno ha più sentito parlare di lei...
 
Il Laghetto Magico della Samblana e Il Cimitero dei Pagani
 
Alla Samblana venne titolato un antico lago dalle proprietà magiche, il laghetto Thigolyé, detto Lago delle Cipolle, che creò lei stessa e vi piantò delle cipolle dalle proprietà magiche e curative.
Il lago si trova a est del Pelmo, in una zona abbandonata e selvaggia che gli anziani ricordano anche come Cimitero deiPpagani.
 
Il Faggio della Samblana e la Fonte Magica

Fra la cima dell'Antelao e la lunga catena della Marmolada c'era anche un enorme faggio che si diceva appartenesse alla Samblana e fosse sacro ai pagani.
Pare che la principessa dell'inverno avesse dimora natia sulla montagna boscosa detta Bayon e quando giunsero i cristiani dissero che lassù vi abitava invece la Madonna.
Anche una fonte magica che si diceva avesse proprietà terapeutiche (ora sostituita con il culto di Maria) sembra essere legata alla sua figura poiché scorreva nei pressi di quel faggio.
Venne fatta erigere una cappelletta titolata alla “Madonna del Caravaggio”, ma si sa che ciò venne fatto soltanto per nascondere le vere origini del culto di una Madre dell’Inverno preesistente.
 
L'Ombra

Un’altra presenza che terrorizza quelle montagne veniva chiamata Ombra e pare che le due gemelle venissero inviate dalla Samblana per avvisare dei pericoli che tale spirito avrebbe potuto causare, distruggendo pascoli e facendo arenare i pastori nel gelo dell'inverno.
Forse non è un caso che la protagonista della leggenda qui riportata si chiami Ombretta, tuttavia gli attributi della principessina di neve, gentili e delicati, a tutto fanno pensare fuorché a uno spirito maligno. Probabilmente anche qui, ci si trova dinnanzi all'ennesimo frutto della demonizzazione di qualcosa che in principio era puro nel suo svolgersi e nelle sue caratteristiche di ombra in quanto necessaria controparte della luce, che la religione cristiana ha ridotto a caratteristica malefica.

Albolina e la Bregostena

Un'altra leggenda dolomitica, ambientata sul dosso roccioso della Doleda, che sorge nella Val di Fassa tra Canazei e Penì (raccolta dalla stessa fonte nella quale si narra della Samblana) racconta di Albolina, una fanciulla che per guarire dalla malattia che la affliggeva, definita dalla Bregostena (essere selvaggio metà donna metà bestia) (2) “malattia della notte”, doveva necessariamente attingere dalla luce dell'aurora, recitando una formula magica che la investiva di raggi rosei dell'alba.
Una volta guarita però la fanciulla, nonostante gli ammonimenti del popolo fatato e della strega che le aveva svelato la cura, abusò del dono magico, fino a sottrarre a tutto il popolo magico la luce di cui aveva bisogno per sopravvivere.
Qui la protagonista è egoista e senza cuore, mentre la nostra Ombretta decide di sacrificarsi in nome del regno e di cedere la sua bellezza e la sua vita al sole, affinché possa ritornare a riscaldare e illuminare la reggia. Tuttavia, le due leggende seguono entrambe il tema della dicotomia tra luce e ombra, di come sia necessario che siano in equilibro affinché tutti possano prosperare pacificamente.
La formula per invocare la luce della guarigione recitava così:
 
“Bianco di stella alpina
rosso di rododendri
Aurora, Aurora,
vieni negli occhi miei” (2).
 
Il Fiore di Edelweiss

Nella formula magica della leggenda di Albolina viene citato il fiore di Edelweiss, la meravigliosa Stella Alpina, della cui nascita sembra essere responsabile proprio la Samblana, la regina dei ghiacci e delle nevi.
 
Riflessioni

Sebbene nella leggenda Ombretta potrebbe essere lei stessa la Samblana e quindi la protagonista di una delle versioni del racconto sulla Marmolada, potrebbe anche essere che Ombretta sia una delle bambine morte non battezzate e arrivate alla Samblana di cui ci narra il folklore dolomitico, e che questa meravigliosa regina dei ghiacci abbia scelto di donarne una alla sua vicina Chiomadoro, calandogliela in una culletta rosa e delicata.
Una meravigliosa bambina di neve donata dalla Samblana, madre dei ghiacci, a una madre umana addolorata dall'assenza di una figlia tanto anelata.
Forse una volta raccolta e salvata dal sole, la dolce Ombretta potrebbe essersi ricongiunta a quel raggio di luce splendente emesso dalla montagna quando viene illuminata dall'alba.
E, forse, la bambina di neve donata al regno dalla regina del ghiacciaio, che è anche il suo castello, potrebbe rappresentare la rinascita della nuova stagione, quando il sole riemerge dal sonno dell'inverno per ricominciare a scaldare la terra coi suoi caldi raggi, tenendo in seno la bianca bambina nata nelle fredde notti d'inverno.
Forse è possibile scorgere il tema dell’avvicendarsi delle stagioni, tipico del paganesimo primitivo, dove si credeva ancora, come retaggio di un mito antico; che la anziana e la fanciulla (lo vediamo in Demetra e Persefone) si dessero il cambio per vegliare la natura.
 
La Vecchia Sapiente: gli attributi di Lucia e della Strega Perchta

C'è poi la vecchia sapiente che vive nella casetta al limitare del regno, un pochino miope e quasi cieca – (attributo tipico di Santa Lucia che, come si è visto, è uno degli aspetti che partecipano dell'archetipo della Dama Bianca, riflesso di una Grande Dea Madre germanica preindoeuropea del tempo atmosferico e della terra) che nella leggenda di Ombretta assomiglia alla strega del tipico rito di passaggio che avviene in molte fiabe dove la nonna o la strega hanno la funzione trasformativa di disilludere la giovane fanciulla per aprirle gli occhi alla verità, ad una visione nuova e più ampia, alla vera vista.
Le Dolomiti sono, dopotutto, parte del territorio alpino di competenza delle leggende che riguardano la Strega Perchta, anche conosciuta come Fata Piumetta.
(Si tratta a ogni modo di una chiave di lettura personale, si tiene a precisarlo).

*****

Bibliografia

(1) La leggenda è stata interamente raccolta dal testo Fiabe e Leggende delle Dolomiti, un grande classico nella sua edizione completa, Casa Editrice Giunti, edizione 2017. A cura di Pina Ballario, Illustrazioni di Alessandra Roberti.
(2) L'Antelao e La Samblana, Karl Felix Wolff, in Rododendri Bianchi, Leggende delle Dolomiti p.183; Casa Editrice Mursia, Edizione 2018.
(La leggenda della Samblana e i termini dialettali in essa contenuti sono stati raccolti dal presente testo e qui brevemente riassunti).

Crediti illustrazione: Pinterest di artista ignoto/a

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Crediti

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