L'Animale di Appartenenza e il Famiglio

Sin dalla notte dei tempi gli antenati usavano mettersi in aspetto con alcuni animali, che consideravano sacri e pertanto cercavano di assumerne da essi poteri e abilità ancestrali e magiche. Non c'è cultura millenaria al mondo dove questa pratica non sia sorta spontaneamente, soprattutto a scopo rituale.
Nei tempi antichi, infatti, gli animali erano considerati alla stregua dell'essere umano se non “superiori”, l'uccisione per cibarsene veniva sempre celebrata con un rito di ringraziamento: le popolazioni antiche mai si sarebbero sognate di maltrattare gli animali, bensì li consideravano dei maestri che celavano in sé la divinità stessa.
Gli animali erano una incarnazione del divino sulla terra e per questo dovevano essere utilizzati come mezzo per l'elevazione allo spirito, ossia mezzo per raggiungere la deità incarnata.
Con il diffondersi delle religioni canoniche rivelate, questo tipo di pratiche vennero via via a confondersi con atti osceni, tribali, evocativi di una natura molto diversa da quella che avevano rappresentato per le antenate e gli antenati.
Il legame fra certi esponenti della religione della natura e gli animali divenne in Europa e non solo motivo di eresia e stregoneria, in virtù delle dicerie che si diffondevano in proposito, sulle famigerate streghe capaci di tramutarsi in animali per compiere presunti atti orribili sui bambini o sui raccolti.

“Tutti qui pensano che io sia un po' matta. Non solo perché parlo con le erbe, ma soprattutto perché vivo con un po' di galline, tredici gatti, quattro cani, un topolino campagnolo, che si lancia dagli armadi e ogni tanto compare dietro i velieri che il mio compagno costruisce, e che spesso quando ci vede corre a rifugiarsi sotto il frigorifero, dove ha creato una dispensa tutta sua, piena di croste di formaggio, pezzi di pane e maccheroni. Per tutti è un'assurdità. Ma che dire, a parte il mio compagno e i miei genitori, sono sola al mondo, e non ho parenti se non quelli che mi scelgo ogni giorno: ogni gatto, ogni cane, ogni topolino; persino le volpi e le faine sono per me come figli che curo amorevolmente. Gli animali sono la mia famiglia, la mia gente. Se mi dicono che sono una bestia, sorrido: per me è un complimento. Così come sorrido quando penso di scrivere da cani.” (1).

Uno degli aspetti più importanti da tenere in considerazione, quando ci si avvicina a un cammino di consapevolezza spirituale e individuazione della propria natura animica, ossia la parte più antica, nobile e vera di noi, in contrapposizione con l'Io storico che crediamo di essere (2) e nel quale ci identifichiamo, è quello di scoprire la natura animale che si cela in noi.
Solo imparando a comunicare con tale antica presenza, e quindi riscoprendone linguaggi, bisogni e tendenze ataviche, è possibile praticare la forma di magia più alta di tutte: “nosce te ipsum” invero conosci te stessa/o.
Tutti coloro che seguono una tradizione sciamanica hanno infatti dei compagni di potere, spiriti della natura che li accompagnano per tutta la vita, talvolta presenti fin dalla nascita, e che ci affiancano come guide (1).
Forse a questo si riferiva Platone con “daimon”, ossia quel genio tutelare che, nel mondo iperuranio, sceglierebbe la persona al momento della nascita, per accompagnarla dalla sua incarnazione e nel tragitto della sua vita come una vera e propria fata madrina (3).
C'è testimonianza che le streghe dell'Europa Occidentale, a cavallo tra il XVI e l' XVII secolo, avrebbero donato continuità alle tradizioni dei popoli locali primitivi, praticando atti di “messa in immagine” con gli animali di potere, che potevano essere donati loro dal divino – e non, da ciò che i cattolici hanno identificato come diavolo, a cui spesso sono state attribuite le metamorfosi – oppure ereditati per linea familiare, insieme al potere stregonesco che era spesso di discendenza matrilineare.
Al di là delle testimonianze riportate negli studi di ricerca su questo periodo(4), che sono state traviate da coloro che hanno inflitto i processi ai pagani; mi piace parlare del filo dorato che collega il tema ad ogni tempo: ovunque e in ogni luogo, chi ha praticato una religione volta alla comunione con la sacralità della natura, ha scoperto volti di animali dentro di sé e dentro le proprie sorelle o fratelli.
Mettersi in comunicazione col proprio aspetto animale – non si tratta di una mera proiezione astrale ma di una presenza materiale dentro di noi, che tocca le nostre inflessioni quotidiane più istintive – ci porta infatti a scorgere la natura animale anche nell'altro, permettendoci di avere sempre una chiara visione di chi abbiamo davanti: domandolo, quando serve; avvicinandolo, quando lo si desidera, od addirittura allontanandolo.
Io credo che la singolare antipatia che spesso si crea fra due persone, possa derivare proprio dalla loro natura animale intrinseca. È noto che ci sono animali che non possono convivere, altri che, invece, seppur molto diversi, o simili, possono trovare amicizia, amore, od addirittura uno stato di incanto e commozione profonda.
Mi piace pensare alle persone come ad animali, e questo spesso mi aiuta, nella vita di tutti i giorni, a ghermire il mio potere di strega, accedendo cioè a una comunicazione profonda con la natura animale che vive in chi ho di fronte: spesso mi capita di percepirla spontaneamente, non devo emettere alcuno sforzo al fine di capire “chi” si cela nelle persone.
Ciò talvolta porta ad esperienze bellissime e vivificanti, sovente però mostra anche ciò che non si vorrebbe vedere e induce ad allontanare “animali” non in linea con il proprio vissuto, per preservarsi.
A tal proposito, si legge nel manoscritto dialettale di una antica guaritrice di campagna lombarda (2), che per risvegliare l'anima profonda che vive in noi si potrebbe pensare a quali sono gli stimoli ed i richiami che potrebbero indurre un animale selvatico ad uscire dal profondo del bosco – metafora del mondo interno – per venire in contro a una persona.
Naturalmente è necessario che la persona che voglia connettersi con tale animale sia in perfetta armonia, poiché esso sente ed intuisce chi ha di fronte: gioia, semplicità e buon animo sono le caratteristiche imprescindibili da incarnare se si vuole operare la naturalizzazione con il proprio aspetto animale o entrare in connessione con quello altrui; ma anche esplosioni di rabbia possono condurre al suo volto, risvegliato dalla essenza di particolari esperienze emotive.
Imparando a conoscere la natura animale che ci abita, possiamo comunicare con lei come faremmo con quello specifico animale, ispirandoci per esempio ai cibi che mangerebbe in natura, alle cose che gli piacerebbe fare e ai luoghi che più gli sono affini.
“Una tigre vegana sarebbe davvero una pessima tigre” (6), un cigno che non nuota sarebbe un pessimo cigno, e un lupo senza branco perirebbe prima del previsto.
Per far sì che il nostro scopo sia realizzato nel mondo, è necessario che il seme della natura animale che ci abita “non abortisca” poiché, vivendo una vita materiale e lontana dai codici naturali da cui proveniamo in quanti esseri spirituali, rischieremmo di ucciderlo, allontanandolo per sempre. Secondo certe teorie orientali un'anima naturale può incarnarsi in un umano ed a volte in un corpo animale a lui consono(2), pertanto, raggiunti determinati stati di comunione con il divino, potremmo addirittura vivere dei ricordi delle nostre vite animali precedenti, o che secondo me stanno succedendo tutt'ora, in una dimensione sottile dove la parte nobile e antica di noi vive contemporaneamente alla vita “reclusa” nel nostro corpo, in una sorta di continuum spazio temporale: magari mentre stiamo sognando, o per i più fortunati, mentre viene raggiunto uno stato di meditazione così potente e consapevole da essere in  grado di vedere attraverso i suoi occhi, ossia divenendo un tutt'uno con tale natura animale.
Nelle testimonianze del contatto con gli animali di potere delle streghe dell'Europa Occidentale tra il XVI e XVII secolo, tra le pratiche v'era quella di nutrirlo con il proprio sangue, in cambio dei suoi servigi per la strega (che erano erroneamente considerati opera del diavolo).
Non è un segreto che il ciclo mestruale femminile venne considerato a lungo qualcosa di peccaminoso e sudicio, ergo non è difficile immaginare una massa di uomini di chiesa ignoranti, accusare le donne di far nutrire i loro piccoli aiutanti magici con il proprio sangue.
Probabilmente qualcuna di queste donne guaritrici, che chiameremo Streghe(6) (anche se, probabilmente, non è così che definivano loro stesse); venne sorpresa mentre comunicava con gesti e a voce con un animale selvatico, donandogli del cibo dalla propria mano: come non trasformare questa immagine in un atto demoniaco se questa donna, magari in compagnia di altre donne, si fosse riunita a celebrare sotto una brillante luna piena il momento rosso del mese; condividendo consigli, racconti, perplessità od incanti ispirati dalla propria natura femminile? È facile storpiare le storie, poiché  vengono scritte da chi le osserva e non da chi le vive.
 
Entrare in contatto

Spesso, è l'animale stesso (se trova in noi un ambiente armonico e desiderabile) a uscire spontaneamente allo scoperto.
Egli non desidera altro che essere visto, conosciuto, e portato alla luce nella nostra vita di tutti i giorni. Può chiamarci attraverso la voglia di alcuni cibi, oppure spingendoci a fare strade diverse, a perderci in un luogo naturale, od ancora si affaccia reclamando il suo spazio chiedendoci solitudine e silenzio, o cercando la compagnia dei suoi simili: ciò dipende molto dall'animale che siamo e incarniamo.
Ognuno si comporterà in modo diverso e ognuno cercherà di distoglierci da uno stile di vita innaturale, accompagnandoci verso persone, ambienti ed abitudini più affini.
Ma quando questa chiamata non avviene – ciò si palesa per ragioni diverse – è possibile cercare la sua presenza, ricorrendo alla stimolazione con ambienti naturali, profumazioni, colori, od addirittura intervenendo a livello vibrazionale con terapie naturali e olistiche.
Il modo migliore per conoscerlo e farlo emergere dalle profondità di noi stesse/i è quello di prendersi cura di sé e dei propri intimi bisogni: se proveremo ad essere come siamo davvero, e non come vogliamo che gli altri ci vedano, ci avvicineremo sempre più all'entità luminosa che vive in noi, che il più delle volte non vede l'ora che ciò accada.
La scoperta di tale natura animale corrisponde a una vera e propria guarigione: molti considerano normale la condizione materialistica, frenetica e distaccata dal senso dello spirito che vivono ogni giorno, ma tale condizione di frigida e sterile coscienza è da considerarsi una vera e propria malattia, sottolinea ancora la nostra guaritrice di campagna (2).
 
Animale di appartenenza, animale di potere e famiglio: riconoscerli e distinguerli

L'animale di appartenenza non va confuso con l'animale di potere – anche se a volte possono identificarsi per alcuni tratti del percorso – il primo rappresenta ciò che noi siamo, ossia una vera e propria natura incarnata da assecondare e vivere, il secondo può invece essere una guida spirituale, un compagno di viaggio che talvolta ci conduce.
E poi c'è il famiglio, ossia un animale che fisicamente accompagna la strega nel corso della sua vita terrena. Non è riduttivo pensare al proprio cane o al proprio gatto (e certamente per molte e così) ma è anche vero che i famigli possono talvolta essere degli animali che non vivono direttamente con noi, ma che scelgono di vegliarci silenziosamente, apparendo qua e là nella natura selvatica o lasciandosi scorgere mentre guardiamo fuori dal finestrino in auto, oppure dal ramo di un albero mentre gustiamo il caffè appena sveglie.
Ogni animale che ci scruta o ci sorprende può essere una momentanea incarnazione di una forma di potere divino che in quel momento tenta di entrare in contatto con noi: è bene tenere sempre le antenne ricettive, per poter scorgere gli innumerevoli messaggi che le entità magiche disincarnate o incarnate vogliono donarci.
 
Trasformazioni

Nei processi a carico delle Streghe, nonché le poche superstiti che avevano reminiscenza degli antichi culti dedicati alla Grande Madre, figurano spesso testimonianze di trasformazione in animali.
Sebbene sia stato difficile per gli studiosi risalire a una autentica verità sull'argomento e anche se vogliamo credere che tali trasformazioni avvenissero, e avvengano veramente, in una qualche dimensione sottile; è importante sottolineare il punto di vista di Margaret A. Murray, che ricorda spesso lungo il suo saggio Le Streghe dell'Europa Occidentale, che tale trasformazione fosse da considerarsi una metamorfosi rituale.
Soltanto i membri della stessa congrega potevano cioè accorgersi del cambiamento delle sembianze delle proprie sorelle, mentre i normali esseri umani non potevano assistere a tale spettacolo di mutamento, men che meno documentarlo….
Probabilmente le nostre antenate, in quel periodo che è stato identificato per l'Europa Occidentale come dal XVI al XVII secolo, praticavano la “messa in aspetto”, nonché il “far discendere” su di sé la sembianza dell'animale che si voleva evocare. È corretto pensare che anche noi, in quanto eredi di questa sapienza millenaria, abbiamo ancora il potere evocativo delle nostre più anziane madri e sorelle di percorso, per le quali era sufficiente pronunciare una semplice formula per trasformare loro stesse. Una testimonianza dai verbali dei processi di Auldearne, pervenuta da Issobell Gowdie, recitava così:

“I sall goe intill ane haire,
with sorrow, and sych an meikle caire
And I sall goe in the Divellis nam
Ay whill I com hom again”. (4)

E per ritornare umana invece diceva:

“Hare, hare, God send thee care
I am an hare's likeness just now
But I shall be in a woman's likeness even now”. (4)

Naturalmente, sostituendo la parola “hare” che sta per lepre, con quella che delinea un altro animale, la formula manteneva il medesimo potere di trasformazione e forse potrebbe ancor essere utilizzata da qualcuna o da qualcuno... È possibile che, in segreto, alcune di noi, siano ancora in grado di varcare la soglia che certe formule rivelano, conducendo ad altri mondi.

*****

Note
 
L'articolo è dedicato a Laura Rangoni, spirata il 04 Gennaio 2022.
 
Bibliografia e Sitografia
 
(1) Laura Rangoni, Vivere Wicca, Xenia Edizioni, 2004
(2) Barbara Fiore, Manoscritto Dialettale di una Guaritrice di Campagna, ovvero di come le donne possano guarire dalle malattie e dalle tristezze con l'Amore naturale, Edizioni della Terra di Mezzo, 2012
(3) Platone, Repubblica, X, 620 d-e
(4) Le Streghe dell'Europa Occidentale, Margaret A. Murray, Edizioni della Terra di Mezzo, 2012
(5) Raffaele Morelli, Rivista Edizioni Riza
(6) Streghe, Dee, Befane, Donne e Valchirie: alle origini della Stregoneria e la Vecchia Religione nell'Europa Antica e Occidentale, ricerca di Claudia Simone per L'Antro di Claudia

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