A ognuno/a la sua luce
“Ognuno deve sapere e comprendere che dentro di sé arde
un lume, e il suo lume non è uguale al lume di nessun altro, e non vi è nessuno
che non abbia un lume. E ognuno deve sapere e comprendere di doversi dar da fare
e rendere visibile la luce del lume in pubblico, accenderla come una grande
fiamma ed illuminare il mondo intero”. — Rabbi Isaac Kook
Da antiche iscrizioni greche titolate a Lucia ritrovate a
Siracusa tra la fine del quarto secolo e l'inizio del quinto secolo, dalle
Dolomiti, dalle Alpi e fino ai paesi scandinavi degli antichi popoli nordici,
nonché nell'Europa del freddo Est, ecco il retaggio dell'antica dea della luce
attraversare l'Italia e l'Europa, nei secoli, per sopravvivere fino a noi,
nonostante l'insidia del cristianesimo, che fin dal VIII secolo ha cercato di insabbiare le tracce di un
culto probabilmente preindoeuropeo, vecchio come la terra, legato ad una figura
antecedente alla maggior parte delle divinità dei pantheon mitologici per come
li conosciamo.
Questa ricerca è un breve viaggio alla scoperta del retaggio
di una dea antichissima della quale cercheremo di scoprire volti nascosti, nomi
e attributi magici, rispettando il suo equilibrio alchemico di luce e
ombra.
Del resto, “chi vuole incontrare la Dama Bianca deve
stare nel luogo giusto al momento giusto, e deve essere pieno di desiderio per
lei”. (1)
Saper Guardare, premessa
Nonostante la tradizione ci abbia donato spunti per
localizzare sul calendario le festività antiche precristiane e le figure divine
che le presiedevano, scandendo lunazioni e stagioni con delle precise date;
nella pratica, questi “confini” di tempo e spazio sono molto più flessibili,
poiché possono mutare di anno in anno, e di luogo in luogo, a seconda della percezione.
Il clima atmosferico sta cambiando e non è un segreto da
complottisti, ma un fatto reale agli occhi di tutti. Nondimeno, non tutte le
regioni si raffreddano nello stesso tempo, pertanto ognuno dovrebbe avvertire
da sé il momento in cui si entra nel periodo di una precisa influenza naturale
e magica e agire di conseguenza con le usanze e le celebrazioni connesse al suo
luogo di appartenenza.
L'ascolto della natura e della sua fenomenologia sia
fisica che sottile, è l'elemento più importante per riconoscere quando si
sta entrando nella reggenza di una specifica dea, imparando ad accoglierla e
riconoscerla al suo passaggio, per poter beneficiare della sua energia al
culmine del suo potere.
Questa capacità di sentirla, avvertendo il cambiamento ad
ogni giro di ruota, non potrà insegnarla alcun libro, è innata in alcune/i,
dormiente in altre e altri.
“Se ci pensate, vi accorgerete anche voi che questo è il
modo più sensato di procedere. Noi insegniamo alle streghe che studiano con noi
che se vogliono sapere di cosa tratta veramente una delle feste stagionali, e
quindi condurre un rito con simboli più appropriati, devono guardare fuori
dalla finestra e trarre ispirazione dalla natura, non dai libri!” (2).
Santa Lucia, origini e sincretismi
Incontriamo questa antica fanciulla di nome Lucia
durante la seconda luna piena dell'anno pagano antico, dopo il Capodanno
delle Streghe, nonché con la Festa degli Spiriti e dei Morti del 1°
novembre.
Brilla piena nel cielo intorno alla metà od alla fine del
mese di dicembre, ed è sotto il dominio della Dama Bianca, sotto l'influenza
della sua manifestazione pura e luminosa, Lucia. Il potere di questa
lunazione, che converge nel periodo solstiziale, porta con sé la Festa di
Lucia, la graziosa dama portatrice di luce, incoronata di dodici candele – che
simboleggiano il numero dei mesi dell'anno, e che si festeggia il 13 dicembre.
L’aspetto di Dama Bianca che domina questa fase lunare è Lucia, Santa Lucia,
dal latino lux che significa “luce”: lei è la portatrice di Luce, la
fanciulla “candelifera”.
La stessa etimologia nascosta nell’epiteto Dama Bianca è
legata al germanico “Blank”, che significa splendente, luminoso. Sebbene
la Santa Siracusana – il cui accostamento alle antiche dee di luce e fortuna
è frutto di un sincretismo – sia vissuta intorno alla fine del 200 d.c.; la
prima testimonianza del culto di Lucia risale alla fine del IV secolo e inizio
del V secolo, grazie a una iscrizione greca trovata nella catacomba più
importante di Siracusa, quella di San Giovanni, che riporta la
testimonianza di un suo fedele che a lei consacrò la morte della moglie (3).
Il fatto che anche nei Paesi Nordici si sia diffuso
il suo culto probabilmente deriva dall’accostamento della figura di Santa Lucia
alle antiche festività legate alla luce dei popoli germanici e nordici che
cadevano intorno al 21 dicembre.
Il Solstizio d’Inverno è infatti legato alla rinascita del
sole e della luce, e una antica cantilena recita “Santa Lucia il giorno più
corto che ci sia”. Il Natale è “un residuo”, una variazione dell’antica
Festa della Luce (1).
Lucia e Artemide/Diana
Essendo il culto di Lucia precedente alla conversione al
cristianesimo, è collegata ad Artemide/Diana. Artemide è infatti una
vergine selvatica – come la Lucia siracusana, che consacrò la sua verginità
a Cristo – e Diana è anch’ella divinità preindoeuropea legata al culto
della luce, forse assimilabile alla protoceltica dea del fuoco Belisama o
alla etrusca Tana; oltre che la celebre “Regina delle Fate” e delle Streghe
ereditata dal culto pre-agricolo delle donne illustrato dalla egittologa Margaret
Murray, ovvero la dea venerata nella “vecchia religione” nella sua forma
trina e duplice.
Anche Lucia, come molte delle streghe dedicate a Diana;
venne accusata per la sua fede, sotto Diocleziano.
La leggenda vuole che sia stata torturata e arsa – invano
– sul fuoco, e si dice addirittura che le siano stati cavati gli occhi o
che se li fosse cavati per non donarli a un corteggiatore, ma quest'ultima è
solo un'ipotesi, poiché non furono mai trovate le prove, che invece convergono
verso la Jugulatio.
Ciò che la vuole raffigurata con i suoi occhi appoggiati nel
vassoio che tiene tra le mani, dipende forse dal suo legame con la luce, una
luce che è dentro e che necessita della vista di un «occhio altro».
L'atto di vedere è in effetti sinonimo di luce e conoscenza
autentica. La vista di Lucia è altresì una vista interiore, una vista che va
oltre. Gli oracoli sono infatti senza occhi o bendati: essere privati della
vista fisica per accedere alla vista di un mondo sottile.
Santa Lucia, San Nicola e i Krampus
Secondo la leggenda, tutt'oggi molto sentita al Nord Italia,
Lucia – in modo simile a San Nicola festeggiato il 6 dicembre –
cavalcherebbe il suo asinello trainando un carretto con all'interno doni per i
bambini buoni e gettando la cenere negli occhi dei disobbedienti, accecandoli.
Così come si sa che la Befana (e i Krampus sono
una manifestazione della dea della Natura e delle bestie selvatiche che sta
alla genesi di questa figura folcloristica) porti il carbone; che oltre che
esprimere una energia latente, in passato era considerato un amuleto, un vero e
proprio dono fatato che aiutava a cacciare malanni e disgrazie (21). Cenere e
carbone: naturalmente così raccontate sono soltanto storielle edulcorate dalla
cultura cristiana, e private dei loro originari connotati, che sicuramente
fanno di Lucia una figura molto più complessa e antica, legata alla grande
antenata neolitica (21) – custode del fuoco celeste e della fiamma del caminetto
– ed al profondo atto del vedere, del fare luce.
La Luna delle Lunghe Notti, la Luna delle Madri, le
Dodici Notti e Il Dísablót
La luna piena “di Lucia” caratterizza “le notti più lunghe e
fredde dell'anno”, per questo viene chiamata Luna delle Lunghe Notti o Luna
del Ghiaccio (2). Si tratta della seconda luna piena a partire dall'inizio
dell'anno pagano antico, e cade lungo il Solstizio d'Inverno, dove le
giornate incominciano ad allungarsi, facendo posto alla rinascita della luce.
In effetti, le tradizionali Dodici Notti che scandiscono il
periodo tra il Natale e l'Epifania, sono sotto la medesima egida, per questo ho scelto di chiamarla “Luna delle Madri”, poiché queste
notti sono attraversate dal loro passaggio: sono le dodici notti consecutive
alla Notte delle Madri (1), probabilmente in virtù del fatto che questi
sono i giorni della natività della “Stella Sole”, che noi conosciamo come
Natale.
La Mōdraniht – notte delle madri – è una festività di
origine anglosassone i cui riferimenti si trovano soprattutto negli scritti di Beda
Il Venerabile nella sua “De temporum ratione” rispettivamente del
VIII secolo.
Nel “Dizionario di Mitologia Norrena” di Rudolf Simek compare
invece in quanto festività germanica legata al sacrificio, in relazione
al culto della Madre/Matrona. Qui la ricorrenza viene accostata anche ad
altre tradizioni della Scandinavia medievale quale il Dísablót; da Dísir,
che al singolare (Dís) in antico norreno significa dea, sorella o donna di
nobile rango; e “blot”, che significa sangue; con tutta probabilità
legato al sangue delle Madri, al lignaggio, invero alle antenate
della stirpe.
Secondo questa tradizione femminile antica la notte tra il
24 e il 25 dicembre è la Notte della Madre. In Boemia, la notte Santa, si
chiama “Mutternacht” (1), e le dodici notti seguenti tra il 25 dicembre e il 6
gennaio, si chiamano Unternächte(1), che
sono cioè le notti (Nächte) sotto (unter in tedesco) l'egida
della Madre. Sotto, è anche un attributo legato al regno di sotto in quanto
luogo tellurico dove il seme cresce nel grembo della terra. Perciò queste notti
saranno anche le notti che ospitano entità ed energie “che vivono sotto”, che
vivono oltre, nel regno intangibile di tutto ciò che è radice e spirito.
Dodici sono quindi le notti, come sono dodici le candele
sul capo di Lucia, come dodici sono i mesi dell'anno, di cui le Dodici
Notti rappresentavano una sorta di “presagio”, su come le Calende si
sarebbero svolte, portando fortuna o sfortuna a seconda dell'andamento di
queste notti (e giorni) preliminari all’anno venturo dove il grande
capodanno, fin dal neolitico, era segnato con grandi fuochi in onore della
madre o nonna fuoco che veniva “scacciata” (rimandata nel suo regno celeste;
infatti la Befana giunge tradizionalmente insieme alla stella cometa, retaggio
semitico della dea Astarte che appare come stella che salva lo sposo dormiente
Adone) per accogliere la fiamma del nuovo anno.
Volti e nomi della Dama Bianca in fiabe e leggende
La Dama Bianca nella zona delle Alpi veniva chiamata anche Saliga(1),
dal latino salix, salice, poiché si presume assuma la forma di questo
albero per nascondersi. Ai tempi della caccia alle streghe, tra la fine del
quattrocento e la prima metà del seicento, nell'Europa germanica pare che
le stesse streghe si nascondessero sotto i salici poiché era l'albero magico da
cui forgiavano le loro scope e ogni donna che si aggirava di notte intorno a
questa pianta era considerata sospetta (5).
La Dama Bianca possiede infatti un duplice aspetto e una
doppia funzione. È in parte una portatrice di luce, ma al contempo una
temibile strega, “la luminosa che porta la morte” (1) e infatti governa con
la sua presenza anche la prima lunazione dell'anno delle streghe antico(1),
rispettivamente la Luna di Sangue(2).
Il 31 ottobre è in effetti la notte dell'anno dove per
eccellenza il portale che separa vivi e morti si apre, lasciando rovesciare la
dimensione degli spiriti e dei fantasmi in quella terrena, proprio come accade
nelle Dodici Notti (sono due tempi liminari molto simili tra loro) che
in tutta Europa sono un periodo di fantasmi, di demoni femminili ma soprattutto
sono legate all'archetipo delle filatrici (4). Le Dame Bianche nelle
Dodici Notti assumono forme di animali con cui vengono in processione tra le
case disordinando l'equilibrio delle cose...
Perchta, Frau Holle, Hagazussa, La befana e Fata Piumetta
La Perchta è una antica dea dell’Occidente
appartenente in prevalenza alle Alpi e all’area linguistica bavarese. Il
più gettonato significato attribuitole è “la splendente, o la brillante”, per
via del legame dell'alto tedesco “peraht”, “berht” o “brecht” con la parola
inglese “bright”; ma un'altra ipotesi etimologica in accordo con le fonti la
accosterebbe alla parola inglese “birth”, simile al suo nome originario, Bertha.
Nella Mitologia Teutonica di Jacob Grimm emerge che nelle
aree germaniche superiori quali Svevia, Alsazia, Svizzera, Baviera e Austria;
venisse chiamata “Frau Berchte”, nell'antico alto germanico “Perahta”, la
brillante, la luminosa, la gloriosa, così come Holda produce infatti la
«neve brillante» ma; in verità, gli epiteti si riferiscono più alla sua natura
benevola di luce, nel tempo, purtroppo, dimenticata e sostituita solo dalla
sua natura orrorifica, che bene si identifica nel Krampus, nondimento nel
“monstrum” natalizio.
Perchta è infatti anche la «signora delle bestie». Il suo
nome è anche “Holle” o “Frau Holle”, dal tedesco, Signora Holle (Hölle, in tedesco designa il regno infero) Il loro
aspetto e operato è simile nelle leggende e nelle fiabe che riguardano la Dama
Bianca, anche conosciuta come “Fata della Neve”.
L’aspetto che tipicamente incarna nei periodi «liminari» (quali
la Notte di Ognissanti e le Dodici Notti di Natale) è quello della strega
tessitrice e filatrice, nel medioevo chiamata anche “Hagse” o “Hagazussa” (1);
colei che controlla il confine tra il regno dei vivi e quello dei morti, poiché
entrambi i mondi li abita: è l’antica strega che vive ancora nel profondo di
alcune donne.
La si può accostare alla Befana, nome generato dalla aferesi
del latino epiphanīa, che dapprima diventa Pifania, poi Bifania,
Befania e infine “Befana”; tentativo evidente di cristianizzare la
figura di una antica Madre Selvatica le cui tracce sono antecedenti al
Neolitico, «oggetto di una plasmazione culturale plurisecolare»(22) della
figura folcloristica della donna a cavallo della scopa – che la Befana
cavalcherebbe al contrario, testimonia l’autore Cattabiani – che porta doni
o ammonimenti a seconda dell’operato di chi ne riceve la visita, in quanto
incarna la fortuna e il fato, essendo anche la forma più antica di
antenata e Fata Madrina.
Tracce italiche della credenza in questa figura risalgono al
mitraismo dell'Impero Romano – di origine, però, persiana – al culto di
origine celtica (4) e finanche al neolitico, che vede usanze (nell’area
della attuale Puglia, ad esempio a Molfetta) legate alla custode del fuoco
e antenata della casa che si credeva entrasse dal caminetto nei giorni che
precedevano il Capodanno che avveniva a gennaio(21).
I romani credevano che nelle dodici notti conseguenti al Sol
Invictus, ci fossero delle figure volanti che aleggiavano sui campi
coltivati, tra le quali Erodiade/Diana, portando fortuna al raccolto.
In ognuno di questi retaggi v’era una femmina sovrannaturale
a cavallo di una scopa che aveva una importantissima funzione.
Nella fiaba di Madama Holle dei fratelli Grimm (6),
questo duplice aspetto di dono/punizione è lampante: Madre Holle dona oro,
fortuna e ricchezza alle fanciulle volenterose e di buon cuore, mentre cosparge
di pece – nera come il tradizionale carbone della befana – le fanciulle
pigre, cattive e bugiarde.
Un altro modo per chiamare la sua leggenda è infatti “Little
Gold Daughter and Pitchy Mary” (7).
L'oro è sempre presente nelle leggende che la riguardano,
poiché uno dei suoi attributi principali è quello di trasformare la paglia o il
legno in oro, così come il filato, ed ha inoltre la capacità di moltiplicare la
farina (un aspetto che ricorda il legame tra le madri del Natale con le
antiche madri di raccolto e fortuna, da Cerere/Demetra/Kore a Danna di Argo, a
Iside; nondimeno alle Matronae celtiche che ne sono eredità).
Frau Holle nel folclore era anche responsabile delle nevicate,
che avvenivano quando le fanciulle, attirate al suo servizio di solito da un
laghetto o da un pozzo che le scortava magicamente al limitare della sua
dimora, sbattevano per bene il piumone (7).
In generale è sempre una fonte d'acqua o una pietra a
condurre al suo regno incantato (si pensi alle fonti della Brigid celtica,
guarda caso venerata nei luoghi di culto della Gallia Cisalpina attribuiti alle
Matronae e alla Diana preromana, poi sostituite da Minerva per sincretismo).
Anche il tema di Frau Holle – come le Matronae e Diana, che sono dee del
boschetto e custodi delle partorienti e della natura – è infatti legato al
ciclo delle stagioni, come le dodici candele sul capo di Lucia, come le dodici
notti sotto l'egida dell'inverno, come i dodici mesi dell'anno.
“Nel Meißner, un comune tedesco situato nell’Assia, ci
sono due blocchi di basalto su cui Frau Holle – nonché identificata anche
nella più importante dea germanica della Terra Frigg, Freya o Frija – siederebbe
vestita di bianco per pasteggiare nei giorni d’estate. Queste rocce sono
chiamate “Frau Holle’s chair” (7, pp. 19-21), ovvero le sedie di Madre
Holle, dove forse è ancora possibile incontrarla, e ricevere il dono della
guarigione.
Negli studi su Frau Holle si scopre infatti che un suo
epiteto ricorrente è “La Sempreverde” (7). La Dama Bianca è quindi responsabile
del tempo atmosferico, in Italia, è conosciuta anche come Fata Piumetta
poiché sbattendo il piumone e i cuscini fa scendere le piume che si trasformano
in fiocchi di neve.
Nella Germania
centrale, dove i Fratelli Grimm trovarono racconti più antichi su cui
costruirono la loro versione della fiaba, nella regione che oggi conosciamo
come Assia, quando nevica si dice ancora — Holle si sta rifacendo il
letto! —.
Alle origini della marcia selvaggia e il rogo della vecia
Il legame tra queste identità folcloriche emerge più
chiaramente (sebbene Jacob Grimm distingua i tratti di Holda da quelli di
Berchta) è nel fatto che fanno tutte il loro giro magico contemporaneamente
nei cosiddetti Dodici Giorni del Natale. Alla fine di quel periodo, però, a
Berchta viene assegnato un giorno particolare, ovvero quello della Epifania,
non menzionato invece nelle aree di competenza di Holda.
Berchta come Holda supervisiona le filatrici, qualunque
filatura trovi incompiuta l'ultimo giorno dell'anno, la scompiglia. La
sua festa deve essere celebrata con un certo cibo tradizionale, una zuppa di
latte, cereali o patate; accompagnata dal pesce, e si arrabbia ogni volta
che ciò viene omesso.
La vendetta presa dall'iraconda Berchta – quando le
mancano il pesce e la sua zuppa – ha un suono bizzarro e primitivo: chiunque
abbia mangiato altro cibo nel suo giorno, gli taglia il ventre, lo riempie di
paglia tritata, e cuce lo squarcio con un vomere, ovvero un osso dello
splancnocranio, come ago e una catena di ferro a mo' di filo.
Jacob Grimm rivelò inoltre altre tradizioni simili,
provenienti da aree quali la Turingia, l'Alta Bavaria, e il Nord della
Svizzera, dove nel XVI sec. c'era ancora l'usanza, a Zurigo, di
acciuffarsi tra uomini per chi avrebbe preso il vino per primo. Questa
tradizione era legata a “Berchtold”, ovvero una versione mascolina riferita a Wuotan/Odino;
il ché avvalla l'ipotesi che ho (per prima) proposto qui, secondo
cui, quella che da principio fu una marcia di “demoni” e folletti femminili al
seguito della Perchta (le Truden), è stata in molti modi mascolinizzata
ed attribuita a Odino solo in un secondo momento, e quindi posteriormente alla
figura della Berchta, le cui origini, nonché delle Dee più antiche lei
connesse, si perdono nella nebbia fumosa – come quella delle sue notti – di
un passato più lontano di quello rivestito da una divinità patriarcale...
Nelle montagne di Salisburgo il giorno dedicato alla
temibile Perchta, chiamato “Perchtel” o “Perchta-running” avveniva durante le
“Rauhnächte”, ovvero le Dodici Notti sopra menzionate, secondo alcuni in
relazione all’aggettivo alto-tedesco medio rûch, “peloso”; che si
riferirebbe a demoni vestiti di pelliccia che vagherebbero per la terra in
questo periodo (Krampus), o a rituali volti a proteggere il
bestiame. Probabilmente anche dal verbo «rauchen» che in tedesco significa fumare,
legato con tutta probabilità ai fumi del caminetto e alle usanze contadine
europee di bruciare erbe per scacciare le negatività ed ingraziarsi le energie
benevole del nuovo anno (Cfr. 7, pp. 193-195); poi sfociate nei fantomatici
“Roghi della Vecia” di Gennaio, diffusi in tutta l'Europa contadina primitiva,
che non volevano, ab origine, demonizzare la Vecchia, Befana o Strega che
fosse; ma sancivano la fine di un ciclo e l'inizio di uno nuovo. Mentre
la Befana bruciava, si proclamava la fine del periodo di con-fusione ove
la dimensione dei morti e quella dei vivi era venuta a mescolarsi, nelle Dodici
Notti, così come accade nella Notte di Ognissanti (21).
Il rogo avrebbe allontanato le disgrazie e portato fortuna,
e consentito alla “giovinetta” della natura della primavera, rappresentata
dai semi, di prendere il posto della Anziana, così da manifestare il “cosmo
rinnovato”.
Fino a non molti secoli fa il nuovo anno poteva incominciare
sia a gennaio che a marzo, per questo il tempo per onorare l'usanza del rogo
non è ben definito e molte dipende dalle caratteristiche dei luoghi e da come
si comporta la natura in merito alla rifioritura.
I Dodici Mesi dell'Anno, le Dodici Principesse Danzanti e La Piccola Fiammiferaia
Lo spirito di Frau Holle vive infatti in tutte le fiabe e le
leggende che riguardano la magia delle stagioni e della neve e dove ci sia la
ricorrenza del numero dodici, per esempio la leggenda cecoslovacca intitolata
I Dodici Mesi dell'Anno. Probabilmente anche la fiaba dei Fratelli Grimm
intitolata Le Dodici Principesse Danzanti, potrebbe essere un arcano
legato al significato delle dodici notti delle madri. La Piccola Fiammiferaia
di Andersen, che si svolge proprio nel periodo delle Dodici Notti ovvero a
Capodanno, segue il tema della luce nell'inverno, e della bambina gentile e
volenterosa, che viene salvata da una vita di stenti dall'Epifania della
nonnina defunta, che assomiglia proprio all'anziana Madama Holle di cui
possiede gli attributi della luminosa che porta la morte. Nondimeno anche nella
Cenerentola dei Grimm si recita che “tanto erano state veloci
le colombelle ad aiutare Cenerentola a pulire le fave, che pareva un lavoro
svolto da dodici mani”; mentre nella versione di Perrault le due
sorellastre “ruppero più di dodici lacci di busto a forza di stringersi per
rendere più sottile il loro vitino”.
Alcune fonti narrano di lei anche come una Dea antichissima
della rinascita e della primavera (7), così come del tempo atmosferico – la
Befana è anche la grande antenata di fulmini e tempesta(21).
In generale, Perchta e Frau Holle impersonificano la Dama
bianca nel senso di saggia, canuta, anziana, e la Befana che aspettiamo il 6
gennaio è forse la traccia più importante che è rimasta di lei. Nella notte
dell'Epifania la Dama Bianca potrebbe fare visita alle nostre case con il suo
corteo di animali selvaggi (8), controllando che tutto sia in ordine e i lavori
domestici siano stati fatti con cura, portando doni o punizioni a seconda
dell’operato di chi ne riceve la visita.
La Festa di Santa Lucia, la serpe domestica e la
Lutzl insanguinata
Il parallelo luce e ombra e la fortuna
“Le Damine Bianche sono di fattezze graziose, con volti splendenti
e abiti bianchi, visitano le case e, dove vengono presentati loro cibo e
bevande, elargiscono benedizioni”. (9)
Nel Nord Europa, come retaggio dell'antica celebrazione di Jól,
la Festa di Santa Lucia è ancora sentita e praticata, soprattutto in Svezia,
dove nella notte di Santa Lucia vengono dati in offerta un poco di latte e
biscotti, come residuo dell'antico culto della luce, per ingraziarsi le
delicate fanciulle luminose.
I dolci tipici della tradizione scandinava per questa
decorrenza si chiamano “Lussekatter”, noti anche come “gatti di Santa Lucia”.
Nell'arco alpino si dice che la Dama Bianca si nasconda tra
le mura delle dimore assumendo sembianze di una piccola serpe domestica (1),
che porta una coroncina scintillante sul suo capo – proprio come Lucia che è
incoronata di candele – e attenda nella stalla che la serva le porti una
ciotolina di latte (10).
Nella Gallia e nell'Europa moderna, si dice infatti che le
streghe assumessero forma di serpente (4); ma guai a far loro del male, o a non
rispettare ciò che loro è sacro, poiché lo spirito della Dama Bianca può
scatenare il proprio lato d'ombra su tutti coloro che non si comportano in modo
retto nei confronti delle sue creature.
Laddove Lucia dona, vi è infatti un suo aspetto d'ombra
che toglie, oppure causa maledizioni che per essere spezzate richiederanno
anni e anni di riparazione, o semplicemente può allontanarsi smettendo di
vegliare con la sua luce su quella casa e su quella stirpe, lasciandola in
balìa del proprio destino, senza fortuna e senza luce.
Se Lucia è l'incarnazione della luce stessa; dobbiamo sapere
che è solo una delle manifestazioni della Dama Bianca, e che il suo aspetto
oscuro e temibile, è importante tanto quanto l'altro. La scissione e la
demonizzazione del lato oscuro è senz'altro una conseguenza dell'affermarsi
delle religioni patriarcali, che epurarono il sistema di credenze che le ha
precedute da tutto ciò che, a detta dei padri della chiesa, avrebbe avuto un
legame col diavolo e con il male.
Nella foresta bavarese, per esempio, viveva la “Lutzl
insanguinata” (1) – anche detta Lussi del folclore dell'Europa del Nord –
naturalmente connessa al sangue mestruale femminile, considerato un legame con
Lucifero, che altri non è che la degenerazione cattolica della originaria
portatrice di luce della Vecchia Religione.
Un altro degli aspetti che fa di Lucia una dama dagli
attributi mortiferi, è il tradizionale campanellino con cui veniva
raffigurata: durante il periodo in cui si diffuse il colera la gente
attaccava un campanellino alle tombe dei morti, affinché se si fossero
risvegliati come vampiri, avrebbero potuto suonare il campanello e farsi
disseppellire dai loro cari.
Anche nelle storie di Perchta il sangue non manca: secondo
una saga rincorrerebbe i bambini nascosta sotto un lenzuolo insanguinato (1).
Tuttavia, io credo che l'interpretatio debba essere più sottile:
l'aspetto tenebroso della Dama Bianca non è una banale estensione del rifiuto
cattolico di legittimare vecchie dee e usanze. Già le religioni indoeuropee,
infatti, prima ancora del cristianesimo, deturparono il volto primigenio
della antica divinità della luce, demonizzandone l'aspetto macabro e creando il
dualismo tra bene e male, mentre sarebbe semplicemente sano e giusto
riconoscere nell'incarnazione femminile divina della Dama Bianca, un lato
luminoso in equilibrio con quello tenebroso.
Questo è ciò che Carl Gustav Jung intendeva con “coniunctio
oppositorum” (11), ossia la congiunzione degli opposti necessaria al processo
di identificazione (11) della propria natura antica, profonda, intima e divina.
Entrare in contatto con l'archetipo della Dama Bianca è il ponte perfetto per
accedere a questo viaggio di unificazione delle due parti (spesso scisse)
dentro di sé: per conoscere Lucia e la sua luce guaritrice è fondamentale
attraversare il cammino oscuro tenendo la mano a Lutzl.
I due aspetti di questa dea vivono anzitutto dentro di noi,
ma l'educazione patriarcale ci ha insegnato a separarli, soprattutto a
scegliere fra uno e l'altro, rendendoci schiave, colpevoli e a nostra volta
giudicanti. La vita ci insegna che si alternano momenti nei quali è necessario
evocare ed esperire dentro di sé la presenza del lato mortifero della Dama
Bianca – come lutti, abbandoni o addii di ogni genere, eventi inevitabili
alla vita di ognuno che la Dama Bianca aiuta a superare – e fasi nelle
quali è invece giusto abbracciare Lucia in tutta la sua ingenua purezza.
Ab origine luce e ombra erano parte integrante l'una
dell'altra, sopra come sotto, dentro come fuori, elementi una alchimia
sana.
La Dama Bianca può essere considerata l'antitesi della
dicotomia luce e ombra, poiché tale scissione nell'Europa Antica preindoeuropea
ove la genesi di questa dea è identificabile in principio non c'era.
Di questo ha parlato Maria Gimbutas nei suoi
eccellenti studi sulle dee dell'Europa matriarcale (12).
In effetti la Dama Bianca sembrerebbe essere una grande
madre della luce e dell'ombra, della primavera e dell'inverno, della morte e
della rinascita. Una vera e propria Dea Madre onnicomprensiva dei molteplici
aspetti.
Le tre Dame Bianche, le Fate Madrine, Lucina e la dea Candelifera
Non è un caso che la Dama Bianca influenzi tre lunazioni,
come abbiamo visto, le prime tre dell'anno pagano antico; poiché il numero tre
è una ricorrenza di enorme potere: spesso si è narrato di tre damine bianche
che viaggiano insieme (1), ciò è espressione di un legame profondo della
Dama Bianca con l'archetipo universale della luna nelle sue tre fasi
principali: crescente, piena e calante; come avviene per le tre Parche romane,
le tre Moire greche e le tre Norne della tradizione norrena.
Anche le Fate Madrine (fatae) che compaiono nelle
fiabe, che tradizionalmente si muovono in tre, possono essere considerate una
presenza della Dama Bianca. Sappiamo infatti che alcune di loro possono
elargire doni, ma possono anche esserci fate oscure, relative quindi alla fase
calante della Luna, ed ammonire e bandire doni immeritati.
Come si è già visto, Santa Lucia è anche assimilabile alla
Diana preromana che secondo alcune fonti incarna una dea solare ancora
più antica (2). Alcune fonti fondamentali raccontano poi che in diverse zone
d'Italia venivano titolati a Diana i focolari domestici (4), questo abito da
“Vestale” della Dea Diana, ci fa pensare ancora al suo attributo della luce.
Siccome Diana proteggeva le partorienti ed è appurato un suo
collegamento con Lucia, mi piacerebbe supporre che anche la dea romana Lucina (di
dietrologie con tutta probabilità etrusche) – per ovvie somiglianze
etimologiche, ma anche e soprattutto per essere la protettrice delle
partorienti – potrebbe essere una manifestazione della Dama Bianca e quindi
delle Madri d’Inverno, di luce e fortuna…
Non a caso la Vecchia Religione venne a configurarsi con il
nome di Culto di Diana, o Erodiade/Diana. Lucina era infatti anche una Dea
della luce della luna e delle stelle (fuoco celeste) e anticamente veniva
celebrata e invocata nel periodo solstiziale per garantire la venuta del sole
alla luce (13).
Fra l'altro, studi recenti la fanno derivare dal latino
“lucus”, che significa bosco sacro. Questo è un altro attributo che ci
ricorda la somiglianza tra Lucia, Diana, le Matronae e dunque con le Matres
delle Dodici Notti che sono attribuibili alla Befana/Dama Bianca.
La dea Lucina era conosciuta nell'antica Roma anche
come “Candelifera”, anche se pare che anche le sue origini più remote risalgano
all'Europa del Nord (14). Fra l'altro non deve essere un caso che Lucina venga
associata proprio a Diana, dato che la pista che fa di Lucia una emanazione di
Diana luminosa, potrebbe basarsi sul fatto che le parole celtiche “dianna” o
“diona” significhino divina, brillante (2), che è anche lo stesso
significato di Perchta, come detto a principio di questa ricerca.
Entrambe sono alle origini del culto femminile alpino
preromano, e addirittura antecedente a quello celtico, dato che Diana potrebbe
coincidere con una Dea etrusca precedente all'occupazione celtica della pianura
padana. Non a caso, in ogni luogo d'Europa, prima della cristianizzazione, ci fu
un culto legato alla nascita del Sole d'inverno, che il patriarcato delle
religioni indoeuropee ha trasformato in un dio maschio e guerriero, ma che,
stando alle nostre fonti, originariamente, era caratteristico di una matrix
femminile non duale.
Dee germaniche e slave connesse a Befana: Freya,
Frigga, Hulda, Nerthus e Mokosh
Il nome Holla/Holle è utilizzato soprattutto nei Paesi
Nordici, legato alle dee norrene Freya, Frigga e Hulda/Holda(1) mentre è
nell'arco alpino che viene chiamata Perchta; anche se ricerche recenti hanno
portato alla luce che la dea Holle sembrerebbe essere legata più che a
qualsiasi altra divinità antica, alla dea germanica della terra Nerthus,
o Hertha(7), con tutta probabilità legato al norreno “Njordr”, che
significa forte, vigoroso e che potrebbe essere stata una
mascolinizzazione della stessa antica madre, già venerata in alcune tribù
germaniche pre-agricole, ovvero autoctone (venne citata da Tacito, storico
romano del I secolo, nella sua opera De origine et situ Germanorum (3)).
Un'altra dea dei lavori domestici con attributi
simili alla Dama Bianca è la dea della terra ucraina di nome Mokosh, che
possiede il potere della morte e della rigenerazione, oltre che della
divinazione.
Disir e Valchirie, le Truden e le madri della filatura
Secondo una personalissima interpretazione affianco alle Dísir
(già menzionate nella ricerca) anche le Valchirie possono essere
considerate un aspetto di Dama Bianca.
In una antica fonte si allude al fatto che i riti in onore
delle Dísir avvenivano nelle “Notti d'Inverno” (Vetrnaetr) (15),
probabilmente in riferimento alle Dodici Notti di Natale.
Queste notti appartengono tradizionalmente alle filatrici e
quindi alla Berchta: in effetti le Valchirie, oltre ad essere annoverate tra le
cavalcatrici della marcia selvaggia (che abbiamo visto essere prerogativa
delle dee di luce e fortuna delle Dodici Notti); tessono il filo del
destino degli uomini (15), esattamente come le Parche, le Moire, le Nornir
e le Fate Madrine.
L'annuale processione di Berchta verso le case starebbe
allora a ricordare una cavalcata delle valchirie, nonché conserva gli
elementi della famigerata marcia selvaggia: la Perchta scoperchia i tetti
delle case e sovverte l'ordine delle cose, facendo la sua apparizione come strega
madrina dell'inverno.
In generale appartengono a questo aspetto della Dama Bianca
tutte le donne o dee che praticano la tessitura e che governano “il filato del
fato”. Tutti questi sono, tra l’altro, i volti della triplice dea ereditata
dall'Europa Neolitica (16).
Il fatto che le donne/streghe/filatrici siano state rese “alla
stregua” di incubi per l’uomo (nel caso delle Truden (1), che sono i
folletti al servizio di Perchta, scompigliatrici e abili tessitrici, non
dovrebbe sorprendere: una fonte antica riporta che in molte parti d'Italia
alle donne era proibito filare sulle strade maestre mentre camminavano, o di
portare con sé i propri fusi.
Si riteneva che le filatrici – evidentemente considerate
eredità delle dee e figure folcloriche intorno alle quali molte leggende sono
state narrate – avessero la capacità di distruggere i raccolti torcendo le
spighe di grano mentre torcevano il fuso ma, più profondamente, si aveva forse
paura della capacità delle donne di interferire con la trama del fato in quanto
creature legate alle abilità della fatae di torcere il filo del destino
(4).
La Perchta possiede infatti l'arte di intessere, legare e
slegare gli incantesimi.
Tutte le arti magiche che comprendono la formazione di un
cerchio, l'annodare o sbrogliare (1), ma anche l'intessere cantilene con le
parole (che possono essere il fuso più potente a disposizione di una
donna) sono un dono della Dama Bianca. La Dama del filato. Colei che fila e
intesse il destino e si occupa di verificare che anche noi stiamo
effettivamente intessendo il nostro, facendo visita alle nostre case nelle
notti in cui il velo si assottiglia.
Una particolare suggestione che ho individuato,
attraverso i miei anni di studio indipendente, è che il nome di una delle
valchirie proviene dal norreno ed è «Thrudhr» (15); mentre gli spiriti o
folletti scompigliatori della «Strega Perchta» si dà il caso si chiamassero
«Truden», che corrispondono alle paure segrete e inspiegabili, dette anche “angustie
della Trud”.
Nel folklore tedesco anche l’Alp (al pluralre Alpe o Alpen)
è un essere soprannaturale simile a un vampiro e che reca connotati simili
all’incubos. “Trud” è semplicemente un altro modo di chiamarlo, ma la
parola sopraddetta pare essere una forma distorta dell’inglese Elf.
Ciò potrebbe essere la prova di quanto qui sostenuto,
ovvero che la Dama Bianca possa essere un residuo delle dee menzionate da
Robert Graves ne “La Dea Bianca” – le madri dell’inverno preindoeuropee e le
antiche madri del raccolto della Britannia e della Grecia primitive sarebbero
dunque le stesse madri – infatti una leggenda conservata da Nennio racconta
che l'originaria Britannia protostorica possa aver derivato il suo primo nome
da “Albione”, con cui era nota a Plinio, da Albina “La Dea
Bianca”, nonché maggiore delle sacerdotesse Danaidi. Pare che da questo
legame derivino espressioni germaniche come “Elven” – donna elfo – “Alb” - elfo
– e “Albdrücken” – incubo o demone dell'incubo e, in definitiva, pare fosse
legato alla parola alphiton ossia “farina d'orzo”.
Incubi della Berchta, valchirie cavalcanti, filatrici del
destino (Fatae/Nornir) e le antiche madri del raccolto che, dopotutto, sono
reminiscenza del mito di Iside Sochet/Sochit (che in Frazer viene
sottolineato come epiteto che significa “campo di grano”); nondimeno Matronae
(che celano come visto la Diana preromana, Minerva e la Brigid/Belisama) e Dísir,
custodi della stirpe; e le varie cristianizzazioni nelle Madonnine
campestri di latte, neve e delle grazie; potrebbero essere “un unicum”,
ovvero tutte emanazioni della stessa grande madre e antenata conosciuta fin dal
neolitico e venerata nelle Notti d’Inverno presso il focolare.
Ha assunto molti nomi e molti volti, ma forse è sempre la
stessa: la Madre, la Matrona
Aradia ed Ecate, altri volti e significati della Perchta, Strega giustiziera degli indifesi e dea di randagi ed emarginati
Un altro aspetto che fa della Perchta una temibile strega è
che fa giustizia di imbroglioni, assassini, stupratori, ubriaconi e violenti (1).
Spodestata con l’opera missionaria alpina, venne sostituita da Maria, e
con ciò perse purtroppo parte del suo potere, ma rimane tutt’oggi protettrice
delle donne e dei bambini (1), e in definitiva dei più deboli, degli
emarginati, di coloro che non hanno la forza di difendersi da sole/i e invocano
il suo aiuto.
In un certo senso, secondo una personale visitazione delle
fonti, la si potrebbe accostare ad Aradia – conosciuta nel Canon
Episcopi come Erodiade/Diana(4) e personaggio di rilievo delle leggende
toscane sedute su radici etrusche – sia perché è la figlia di Diana e
“Lucifero” secondo il Vangelo Delle Streghe di Leland(17), ma anche per
la sua funzione di donna/strega vendicatrice degli innocenti, inviata sulla
terra per radunare i “reietti” abusati dalla chiesa durante la caccia alle
streghe, per proteggerli e capitanarne la ribellione.
Del resto, Perchta è l’amica e protettrice di tutte le
donne che hanno deciso di vivere libere e solitarie: a loro forza e
protezione.
Perchta è anche colei che apre e chiude i cancelli che
separano i mondi, responsabile di morte e rinascita, a lei ci si rivolge infine
per comunicare con gli antenati.
La sua funzione è simile a quella di Frigg/Freya (la
Madre dei Vanir che fila e possiede le chiavi) ma anche a quella di Ecate(1),
che nella mitologia greca è la “dea dei crocicchi”, colei che vaga con i suoi
cani (anche Perchta è guardiana delle bestie, dei lupi e dei randagi) e
che tiene in mano il mazzo di chiavi che aprono i cancelli dell'oltretomba.
Perchta è infatti anch'ella una guardiana della soglia,
intercede fra il mondo visibile e quello invisibile e potrebbe dare segnali
della sua presenza prendendo le sembianze di un lupo o di un pipistrello, animali
legati alla morte e all'oscurità.
Non si disturbi una donna coi suoi cani ai piedi di un
albero o alle soglie del bosco, o seduta sulla panchina di un parco, poiché la
furia della sua protettrice potrebbe essere deleteria per chi la sfida!
Una volta all’anno si fa viva nel mondo umano spazzando via
tetti e finestre, la si può riconoscere nelle folate di vento improvvise (1), negli
incidenti, nelle situazioni che bruscamente vengono ribaltate od
interrotte.
Cappuccetto Rosso e il Lupo
Una fiaba della
Perchta/Befana
Anche Cappuccetto Rosso è una storia di Perchta(1):
“Rotkäppchen” (in tedesco).
In Cappuccetto Rosso il lupo è una epifania della Perchta,
responsabile del passaggio della giovane fanciulla alla maturità femminile di
donna.
Questo richiama l’aspetto orrorifico di Dama Bianca, della
Lutz insanguinata che è l'altro volto di Santa Lucia. Secondo una
personalissima interpretazione, il tradizionale incontro sanguinoso tra il lupo
e cappuccetto, potrebbe rappresentare anche l’arrivo del menarca, il punto di
svolta in cui Cappuccetto viene iniziata ai Misteri della luminosa donna antica
che vive nel bosco, la quale incarna lo spirito della cosiddetta lupa solitaria, la
strega, l'adulta e anziana.
Persino le recenti serie tv stanno arrivando a comprendere
molto bene queste lontane verità: nella serie Netflix “Once Upon a Time”,
basata sulla vita sconosciuta dei personaggi delle fiabe; Cappuccetto è il lupo!. L'unico mostro dal quale doversi difendere, talvolta, è il male assopito dentro
di sé, ma non lo si può guardare negli occhi fintantoché si va cercando un lupo
cattivo là fuori, non considerando che ombra e luce vivono dentro ognuna
e ognuno e la fiabe hanno la speciale funzione di farci porgere l'occhio su
questi personaggi interni, per poterli liberare e sfamare, affinché non nuociano
a noi né ad altri o altre ma svolgano il loro originario ruolo trasformativo.
Questo suggerisce ancora una volta che Perchta così come
Lucia vivono dentro di noi, come aspetto di ombra e luce. Il Dentiero della
Strega, che continua per tutta la vita, è anche quello di far sì che i due lati
di questa antichissima entità si armonizzino e convivano tra loro.
La Perchta/lupo mangia la giovane fanciulla per
resuscitarla a nuova vita con le qualità della donna adulta (1), (18), e ciò
richiama il motivo del Rogo della Vecia di fine anno, dalle cui ceneri nascerebbe la fanciulla di luce, portatrice della nuova fiamma e della primavera.
Il tema della fanciulla che sosta nella casa nella foresta
della Dama Bianca, per uscirne più forte, matura e trasformata, accomuna
Frau Holle e Perchta.
In effetti anche Frau Holle (della quale la nostra Befana
ha in effetti i tratti ferini); possiede delle lunghe zanne spaventose, ma
proprio come il lupo di cappuccetto non è cattiva e le bambine volenterose, in
grado di starle accanto e svolgere i compiti di casa al suo fianco senza
lasciarsi intimorire dal suo aspetto, godranno dei suoi doni.
Forse è possibile trovare quella casa del bosco dentro di
noi: si potrebbe sfruttare l'energia della stagione buia per andare a bussare alla
porta della Dama Bianca, che accoglierà generosamente la nostra richiesta. Friedrich Nietzsche scrisse: — che cosa fai
ancora qui? Vai nel bosco —.
E intendeva proprio questo: cercare dentro di sé il bosco
delle fiabe ed entrare in contatto coi personaggi sottili che ci abitano, che
sono gli unici a poterci aiutare nell'opera più importante alla quale tutti
siamo inevitabilmente destinati: conoscere noi stesse e noi stessi.
La dimora trasformativa della Dama della soglia ci
attende per svelarci i suoi segreti e “ripartorirci” – simbolicamente
mangiate dalla lupa – rigenerate.
Prove le argomentazioni di Jung (11), nella
fiaba di Pinocchio, Geppetto viene similmente mangiato dalla balena e poi espulso, con la
stessa funzione trasformativa che si riscontra in Cappuccetto Rosso.
La venerazione della luce e della stella sole dalle regioni
artiche fino alla prima storia israelita
Astarte, la stella cometa di Natale
La venerazione della luce va ricercata in un periodo di molto
anteriore al cristianesimo: le prime prove dell'origine delle feste legate al
fuoco sono state trovate nell'Europa Settentrionale, risalenti ai primi
tentativi cristiani di abolirle già nel VIII secolo.
Il culto della luce era già presente nelle usanze delle
nostre antenate preindoeuropee di cui v'è reminiscenza nella famigerata “Vecchia
Religione”.
Ogni luogo del mondo ha avuto una originaria religiosità
legata alla magia della natura (4): il sole, ed il suo ciclo di morte e
rinascita, sono stati deificati sin dall'origine. Ciò è comprensibile se si
considera che i nostri antenati vivevano secondo il ritmo delle stagioni e la
durata del ciclo e del giorno (13).
La loro sopravvivenza non solo spirituale ma soprattutto
fisica dipendeva dal grande astro di fuoco. Testimonianze di un culto
legato alla natività del sole intorno al 25 Dicembre, provengono dall'oriente
persiano del dio Mithra – nonché dal mitraismo di appropriazione da
parte dell'impero romano, originariamente molto simile al culto della Grande
Madre – dalla Siria e dall'Egitto, dove si festeggiava la
vergine partoriente, “la Grande Dea Celeste dei Semiti”, che era una forma di Astarte
(4).
Inizialmente la data adottata per la natività era in queste
zone il 6 gennaio, furono i dottori della Chiesa che, volendo insabbiare le
radici antiche del culto del sole, decisero di concedere che la natività
del Cristo venisse fissata il 25 dicembre, e l'Epifania il 6 gennaio. Fu un
modo per inglobare le adorazioni pagane con quelle cristiane in unicum che
potesse soddisfare la richiesta del popolo e soggiogarlo con mani invisibili
alla nuova religione.
Il culto del sole nascituro, secondo la testimonianza
dell'astronomo Bailly (citata nel Ramo d’Oro di Frazer), deriverebbe
addirittura dalle regioni artiche (4), con protagonista Adone
inteso come personificazione del sole. Effettivamente in luoghi dove per metà
dell'anno il sole scompare del tutto, è possibile che l'esorcizzazione
dell'inverno con riti propiziatori della luce possa essere stata
predominante(4) e vissuta con maggiore timore che il sole potesse non tornare più;
ma origini lampanti di tale culto, connesso alla Epifania, sono da
identificarsi nella prima storia israelita:
ad Afaca, in Siria, presso un famoso tempio di Astarte, era
“l’apparizione di una meteora” a dare il segnale per la celebrazione dei riti
di Adone, poi identificato con Gesù. Cadeva, la Dea, come una stella, dal Monte
Libano nel fiume Adone. Si credeva che la meteora fosse “Astarte in persona” e
il suo volo attraverso l’aria rappresentava la discesa della dea innamorata tra
le braccia del suo amante.
Ad Antiochia e altrove “l’apparire della stella mattutina”
nel giorno della festa può, in egual modo, essere stata presa come l’arrivo
della dea dell’amore per risvegliare il suo amante morto dal suo letto terrestre
(2). Se così era, possiamo immaginare che fosse la stella mattutina a
guidare i Re Magi dall’oriente a Betlemme(2); invero, la Stella e le
dee di luce lei associate, custodi del fuoco celeste come la nostra Befana; tra
cui Iside Sopdet, la Stella Maris; sono la vera e più antica apparizione
celeste femminile, la dietrologia pagana, di quello spirito santo fecondatore
della grotta/utero che, in un tempo che si perde nella notte dei tempi,
giungeva a risvegliare la terra addormentata sotto la galaverna, dando vita
alla natalità della creatura solare: il sole, che al girare della ruota rinasce
sotto l'egida del solstizio, dopotutto, è una stella.
La Stella Madre, che dà alla luce la stella figlia.
In generale tutti i pagani dell'Europa Antica accesero
fuochi per propiziare la rinascita del sole al Solstizio d'Inverno: in Italia,
in Inghilterra, in Francia, tra gli Slavi Meridionali, In Germania, in Serbia,
in Albania, nei Carpazi e persino i territori dell'antico culto ariano, sono
solo alcuni dei luoghi dove ci sono tracce importanti dell'usanza di
esorcizzare il buio accendendo fuochi nel periodo invernale.
L'inclusione dell'avvicendarsi ciclico del Re Quercia/Re
Agrifoglio, per esempio, nella religione Wicca, è una realtà moderna (2)
che affonda però le sue radici negli antichi riti – che non riguardano solo
l'Europa – che venivano svolti nei villaggi per ingraziarsi il favore del Sole
(4).
Vere e proprie pantomime venivano personificate dai nostri
antenati in tutto il mondo per inscenare la battaglia tra l'ombra e la luce,
tra l'inverno e l’estate.
All'estremità più settentrionale dell'Alaska e quasi
dell'America, gli Eschimesi al momento del riapparire del sole dopo il
lungo buio dell'inverno, praticavano un rito per scacciare gli spiriti
malefici(4), in Australia sulle rive del fiume Barwan alcuni
aborigeni si tingevano il corpo di bianco, la testa a strisce gialle e rosse, e
inscenavano una guerriglia per scacciare i nemici invisibili(4): interessante
notare che una fortuita coincidenza vuole che il bianco, l'oro e il rosso siano
anche i colori tradizionali della veste di Santa Lucia, che è colei che porta
luce nell'ombra nella tradizione autoctona.
Simboli e piante della Dama Bianca
Giunte fin qui, ci siamo accorte che i simboli della Dama
Bianca sono quindi il fuso, il pozzo o la fonte d'acqua – che in alcune
leggende su Frau Holle può essere anche un laghetto o una pietra(7) – e la neve, il campanello, la chiave; poiché
intercede tra il regno dei vivi e il regno dei morti e la scopa, attributo
della strega per antonomasia ed essenziale per le pulizie che le fanciulle
fanno al suo servizio, essendo sì una Dea delle stagioni e dell'inverno, una
guardiana del regno di sotto e del mondo–altro, ma anche e soprattutto una dea
dei lavori domestici, intimamente legati all'antico atto dei nostri antenati ed
antenate di fumigare, pulire e purificare, tipico delle Dodici Notti, come
visto.
Un altro simbolo della Dama Bianca è infatti la salvia,
fumigata in queste notti di purificazione, nonché il vischio, che si credeva
allontanasse i tuoni e la negatività nella Europa contadina sia centrale che
slava, ed il sambuco, nonché “l'albero delle ave”, il salice e il limone dal
profondo potere purificante.
La magia runica della Perchta
Ma un altro simbolo della Dama Bianca potrebbe essere secondo una personale interpretazione quello della runa Perth, un glifo facente parte dell'antico futhark (alfabeto) norreno, che rappresenta il sacro ciclo della vita:
“Cadi dentro te stesso
precipita nel gorgo oscuro
del pozzo dei tuoi pensieri
lì troverai la risposta
a ogni perché” (19).
Questo recita l'oracolo della runa Perth, dove il
pozzo è un chiaro richiamo alla discesa nel mondo altro, ove la Dama Bianca
presiede in quanto antica dea del ciclo di morte e rinascita.
Nelle leggende germaniche su Madre Hulda, in effetti, le
bambine che vengono chiamate al suo servizio precipitano in un pozzo o in un
laghetto, che istantaneamente le fa risvegliare nel suo regno segreto, metafora
del risveglio interiore dopo essere precipitati nel buio dell'anima, il buio
dell'inverno interiore; nonché passaggio dall'egida della Vecchia a quello
della Giovane.
Questa runa è infatti legata ai misteri occulti, e
simboleggia il seme nascente nascosto nella terra, è il mistero microcosmico
della vita e della morte che vive dentro di noi, e che replica il mistero
macrocosmico della notte dei tempi.
L'etimologia della runa Perth sembra derivare da Berchta
(chiamata “dea della terra” nel famoso libro Runemal) che sappiamo
essere la stessa Perchta: Perth/Perchta.
Perth rappresenta la grotta interiore in cui rinchiuderci
durante il lungo letargo invernale – che le antiche fonti si riferissero
proprio alle Dodici Notti, cui è attribuito anche il Dísablót discusso nei
precedenti paragrafi? – ed assomiglia a una porta, a una grotta, e quindi
rimanda al simbolo della chiave (19), la chiave con cui viene
raffigurata la madre dei Vani Frigg, una delle dietrologie numinose di
Dama Bianca e quindi di Perchta.
Il ciocco di Natale, il vischio magico, la quercia e la scopa
del tuono
L’usanza principale legata ai fuochi invernali è quella del ciocco
di Natale (4).
L'erudito John Brand dimostrò che la sua origine in
tutta Europa è totalmente precristiana e fino a metà del secolo scorso in
Germania veniva ancora praticata. Altro non era che un ceppo in pesante legno
di quercia che veniva fatto rosseggiare nel focolare per tutto il periodo dei Dodici
Giorni.
In Vestfalia e in Albania, le ceneri del ceppo dell'anno
passato venivano sparse nei campi per agevolare i raccolti, durante le dodici
notti tra il Natale e l'Epifania.
In Francia veniva fatto ardere dalla notte di Natale fino
all'Epifania. Simili usanze – legate alla cenere e dunque alla Befana, come
visto la custode della fiamma, antenata neolitica cui il focolare era consacrato
(22) – appartenevano anche all'Inghilterra e ai paesi Slavi Meridionali.
In Francia si credeva che il ceppo proteggesse dai fulmini (la
Befana è la custode della fiamma celeste, responsabile delle tempeste) e
dalle stregonerie.
In Inghilterra lo chiamavano “Yule-clog”(4), utilizzato per
illuminare la casa insieme a grandi candele per trasformare la notte in giorno.
Simile usanza era osservata dai Serbi, che utilizzavano allo stesso scopo anche
la betulla o l’olivo (4).
Gli Huzul dei Carpazi accendevano un fuoco con
attrito di legna nella Vigilia di Natale e lo tenevano acceso fino
all'Epifania.
In quasi tutti i paesi coinvolti dall'usanza si credeva
che le ceneri del ceppo avrebbero protetto tutto l'anno la casa dai fulmini,
questo probabilmente deriva dall'antico culto ariano che identificava con la
quercia il potere del dio del tuono, ma anche come reminiscenza della Befana,
la antenata del fuoco celeste (22). Deriva probabilmente dalla stessa
matrice cultuale la credenza delle virtù terapeutiche e fertilizzanti delle
ceneri del ceppo.
Pare che agli antichi Ariani, la quercia, possa
essere sembrata un “serbatoio del fuoco”, il cui estratto avrebbe nutrito il
sole, e pare che l'intera tradizione del ceppo di quercia derivi proprio da qui
(4).
Un'altra credenza era legata in tutta Europa al potere del vischio.
Da tempi immemorabili il vischio è stato oggetto di una superstiziosa
venerazione. Un famoso passo di Plinio ci dice che esso era adorato dai Druidi
(4). Non v'era posto della Gallia – nonché luogo di culto delle
Matres/Matronae, o madri – dove il vischio e la quercia non fossero inclusi
in rituali di grande importanza.
Il Vischio fu anche l'arma con cui venne ucciso il dio
norvegese Baldr, e questo suggerisce una profonda convinzione che i
nostri antenati nutrivano in merito (a causa della dea Frigg, che risparmio
la vita a questa piantina). Il vischio era considerato in Bretagna, in
Irlanda, in Galles, in Scozia, in Francia, in Germania e in Olanda come una
pianta capace di sanare da ogni male. Tale forza suggestiva veniva tratta
probabilmente dalla sua efficacia nello spegnere gli incendi; credenza
che gli svedesi hanno appreso dagli italici (4), e infatti appendono ancora
ciuffi nelle case e sulle porte nel periodo natalizio; simile alla
suggestione che la quercia riparasse dal tuono.
In Boemia una scopa del tuono creata con il vischio
proteggeva la casa dai fulmini: il grano sarebbe cresciuto alto se si fossero
gettate in alto delle scope accese, e appendere una scopina sulla porta, così
come ciuffi di vischio, scaccerebbe via anche il male.
In Normandia alla Vigilia di Epifania si correva con torce
accese fra i campi per cacciare via topi e talpe ma probabilmente anche spiriti
maligni; in Austria si metteva un ramo di vischio sulla porta contro gli
incubi.
In effetti, oltre al Sambuco, in inglese “The Elder-Tree”
(1), l'albero delle ave, anche il vischio è una pianta sacra alla strega
alpina Perchta. Il Vischio era anche conosciuto come la “chiave” in grado di
aprire tutte le porte, oltre che come un oggetto in grado di rivelare i tesori
(4), ciò non è un caso, se si ricorda che uno degli attributi della Dama Bianca
e delle filatrici come Frigg (in quanto guardiana della soglia che separa il
mondo tangibile da quello invisibile) potrebbe essere proprio la chiave.
Sembra che i nostri antenati precristiani tentassero di
proteggersi dall'oscurità sugellando il male fuori dalle abitazioni proprio ricorrendo
al vischio: e se invece il vischio fosse, in virtù di un sentire
preindoeuropeo, proprio la chiave che permetterebbe alla Dama Bianca di
penetrare nelle case nel periodo delle magiche notti, per portare il dono della
consapevolezza dell'oscurità dalla quale sgorga la luce?
Del resto, anche la tradizionale scopina del tuono creata in
Boemia, sembra ricordare un altro attributo della Strega Perchta, nonché Dama
Bianca, o Frau Holle, dato che è la Madre delle faccende domestiche per
eccellenza, e quindi tutrice dell'atto dello spazzare via la negatività
accumulata nelle case e dentro di noi, accogliendo così la luce della
rinascita.
Nondimeno, la scopa o il bastone hanno un significato ancora
più profondo, poiché rievocano il simbolo dell’albero cosmico – presente già nella
cultura preindoeuropea – che connetteva la terra al cielo, ovvero le acque
sotterranee al fuoco celeste. Ciò ha dato vita alla rabdomanzia dei nostri antenati
etruschi e celti che rintracciavano le “leylines” (linee temporanee) ma anche
alla convinzione nata su alcuni oggetti famigeratamente attribuiti a fate e
maghi: bacchette magiche e bastoni, che rievocherebbero questo arcano. Altresì
è proprio per inscenare tale linea di contatto tra la terra e il cielo che fin
dal neolitico si ha immaginato che la Befana (antenata del fuoco celeste e
custode del focolare) potesse attraversare il camino per fare la sua
apparizione tra le ceneri del caminetto….
Il primo albero di Natale nell'Europa delle sacerdotesse
Come si è visto la dea Lucina, nella quale vive un
aspetto di Lucia in quanto colei che porta alla luce, non solo possedeva il
fuoco delle partorienti, e quindi delle Madri, che protegge e incoraggia, ma
era anche considerata una dea delle Stelle e della Luna.
Non dovrebbe sorprendere che l'usanza di decorare le
conifere nel periodo più freddo dell'anno arrivi proprio dall'Antica Europa,
ossia dalla cultura preindoeuropea del nostro continente, dove vigeva un
sistema matrifocale e probabilmente matrilineare, agricolo e sedentario,
egualitario e pacifico (16) in cui le sacerdotesse devote alla Grande Madre
creavano decorazioni naturali con le forme di stelle e lune (13). Sembra che la
chiave di tutta la ricerca sia proprio qui: ci troviamo di fronte al vero volto
del Natale primigenio, scoprendo la eco di una tradizione millenaria, antica
come la terra stessa.
Yule, Jól; Jul
Yule, espressione proveniente dall'antico inglese, è la
festa invernale precristiana, corrispondente ai Saturnalia romani (20). La
parola potrebbe avere origini nel termine norreno Jól, (islandese,
faroese e norvegese, in quest'ultima lingua la “o” non è accentata) e nel
tedesco Jul (così anche in danese e in svedese).
L'etimologia è ancora avvolta dal mistero, ma si è quasi
tutti d'accordo nel ricondurla al norreno Hjól, poiché significa “ruota”,
ed è proprio nel periodo solstiziale che questa tocca la sua estremità
inferiore, e inverte la rotta per vedere rinascere il sole.
Secondo alcuni linguisti Jól potrebbe avere una origine
nelle lingue germaniche preindoeuropee e delineare, pertanto, una usanza tanto
antica nei popoli del Nord delle origini, molto diversa, si intuisce, dal
famigerato Sol Invictus ammantato da una cultura bellicosa e dicotomica
cui si è soliti pensare.
Originariamente era considerato il momento in cui
incominciava il nuovo anno del ciclo dei cacciatori-raccoglitori, il momento in
cui le giornate tornavano a farsi più lunghe.
Per gli Anglosassoni e i Norreni, lo rimase anche dopo
l'avvento dell'agricoltura, divenendo nota come Modranacht, la Notte
delle Madri (Cfr:21, p.170) di cui si ha parlato a principio di questa
ricerca.
Sebbene sia opinione condivisa dai neopagani che questa sia
la notte in cui la dea darebbe alla luce il Dio; è nella figura di Lucia
Candelifera (un tempo anche detta Lucina delle partorienti), colei che dà alla
luce e porta la luce; che si delinea la creatura bambina nascente. Lo stesso
avvicendarsi ciclico del Re Quercia/Re Agrifoglio tipico della Wicca, e che ha
origini nel mito celtico ma potrebbe addirittura aver rappresentato,
semplicemente, una trasformazione economica dove i pastori achei che al loro
arrivo nella Grecia settentrionale avevano assimilato il loro dio del cielo al
locale eroe della quercia si erano imposti agli agricoltori pelasgici (cfr. 20,
p.77); ab origine si sarebbe potuto
identificare nell'annuale morte e rinascita della natura, di cui erano
protagoniste la Madre e la bambina: la Cailleach del gelo, sostituita dalla
piccola Brighid dei tre fuochi all'inizio della primavera. La Cailleach era
identificata anche come “Annis la Nera” come uno degli aspetti più antichi
delle Isole Britanniche, in quanto sembiante lunare oscuro, ma anche legato
alla mietitura del grano.
Non a caso, lo stesso ciclo è adempiuto nel mito primitivo
greco, di dietrologia quasi sicuramente egizia, di Cerere/Demetra e Persefone,
nel quale si delinea anche la stessa Iside regina, Stilla Maris o
Sochit/Sochet, ovverosia la Madre del Grano ben nota come Dea Bianca, nella quale
convergono sia le dee greche che britanniche delle origini, partecipi di una
radice comune: “colei che è ammantata di bianco brillante, altrove gialla
come il croco, altrove rosata, altrove rosso fiamma, avvolta da uno scuro,
fosco, nero brillante” (Cfr: 20, p.83).
Yule è dunque da considerarsi più un periodo, che una ricorrenza,
anche se si è soliti nelle religioni pagane e neopagane festeggiare questa
tradizione il 21 dicembre, il giorno ufficialmente riconosciuto come
Solstizio d'Inverno.
Secondo una vecchia strega dei Grigioni, le Dodici
Notti che caratterizzano il periodo di Jul, ovvero tra il 25 dicembre e il 6 gennaio,
erano in origine il tempo derivante dalla differenza tra l'antico anno lunare e
quello solare: ecco perché, si dice ad esempio Santa Lucia il giorno più corto
che ci sia; in riferimento al 13 Dicembre, e questo è anche il motivo per cui
l'arco di tempo tra il 13 Dicembre e il 6 Gennaio, sia da considerarsi una
sorta di unicum, dove non è richiesto essere troppo rigide/i con le date ma, piuttosto,
si colgano i messaggi sottili che sono sempre a disposizione, in questi giorni
magici di nebbia, gelo, oracolo e fumigazione: “ecco la ragione” ‒
Frazer cita uno scrittore siriaco, cfr.4 p.431 ‒ “per la quale i Padri della Chiesa
trasportarono la celebrazione pagana primitiva del 6 gennaio al 25 dicembre, perché
si accorsero che i cristiani avevano una certa inclinazione ad accendere fuochi
il 25 Dicembre, promuovendo la continuazione della antica celebrazione, così
decisero che la vera natività dovesse essere solennizzata in quel giorno e la
Festa dell'Epifania il 6 gennaio”.
Per questo motivo, l'usanza di questo costume, si è
protratta nel tempo e ha riguardato, e riguarda, più di una singola giornata,
ma un arco di tempo che, tutto insieme, può essere chiamato “Yuletide”,
ovverosia, “la stagione di Natale”.
Joulupukki e Santa Lucia, alle origini di Babbo Natale
Secondo le ricerche di questo portale, potrebbe esserci il volto
della Dama Bianca alle spalle della leggenda di Joulupukki, il famigerato Babbo
Natale finnico che, etimologicamente, significherebbe “capra dello Jól”,
probabilmente dal norreno Hjól, che significa ruota; in riferimento alla
ruota dell'anno antico e che incarnerebbe lo spirito delle due capre che
trainavano la slitta del dio Thor nella mitologia scandinava. Interessante
notare gli attributi di Lucia e della Diana preindoeuropea in questo:
Joulupukki, nel tipico contesto “dicotomizzato” delle leggende
natalizie/solstiziali europee, portava, sotto forma di capra, doni ai buoni e
punizioni ai cattivi.
Tipico delle leggende che riguardano la Befana, nonché Dama
Bianca, Lucia/Lussi; Strega Perchta, Frau Holle, Holda, Madre Hulda;
inevitabilmente legata alla filatrice Frigg e alle sue ancelle e che ha radici
con tutta probabilità nella Dea Germanica pre-agricola della terra Nerthus,
o Hertha (7), ricondotta etimologicamente al norreno Njörðr, che
significa forte, vigoroso, e che potrebbe essere stata una mascolinizzazione
della stessa antica madre germanica (autoctona) portatrice di luce.
E se le capre, oltre il velo di Joulupukki, fossero proprio
eredità del selvaggio corteo femminile con cui Berchta, anche chiamata “signora
delle bestie selvagge”; sin dalla notte dei tempi, scende dalla sua dimora di
neve dal freddo Nord, una notte all'anno – chissà, forse, la stessa nebbiosa
landa femminile e dei morti di Pohjola, tipica del retaggio mitico baltofinnico
– per camminare fra le case e scoperchiarne i tetti recando tempesta?
Del resto, il segreto contatto tra i Runot (canti)
finlandesi e la mitologia scandinava, ovvero ancora con le tradizioni
germaniche preindoeuropee, con elementi intrecciati tra loro in diverse saghe e
leggende norrene, è stato dimostrato dagli studi kalevaliani, e non
esclude la riflessione qui proposta; ovvero che alle origini della “marcia” di
Joulupukki vi sia una grande antenata dei morti, madre dell’inverno, che
conduce la slitta (il mezzo di locomozione della Befana è la scopa, ma
l’importanza la riveste il legno, elemento comune alla scopa e al bastone
magico già menzionato in questa ricerca).
Si vuole ripetere allora un concetto: i folletti al seguito di Perchta, e di quella che con tutta probabilità è stata la prima marcia
selvaggia, (secondo me solo in un secondo momento attribuita a Wotan/Odino)
sono infatti le Truden, dal tedesco Trud, che corrispondono alle paure
segrete e inspiegabili, dette anche “angustie della Trud”: curioso che il nome
di una delle valchirie sia Thrúdhr, che significa donna o forza
(Cfr: 15, p.75); alla stregua di Njörðr, nondimeno la presunta
divinità Vanir frutto di una mascolinizzazione della dea della terra Nerthus;
indiscussa protagonista dello “strascico di dee” che, tutte insieme, animano la
figura della Dama Bianca, la filatrice dell'inverno, la luminosa che porta la
morte nelle Dodici Notti d’Inverno…
I luoghi della Dama Bianca e come invitarla
La Dama Bianca è la dea dell'Inverno, la madre del tempo
freddo, la guardiana del tempo bianco, della nebbia e della neve ed è a lei
titolata “la via bianca”.
Ogni forma di strega e di archetipo a cavallo tra luce e
ombra in qualche modo le appartiene e accompagna nel tempo liminare delle
Dodici Notti quanto nel resto dell'anno.
Se la si vuole attirare a sé è possibile utilizzare un fuoco
creato con legno di quercia e faggio, recandosi ai piedi di un salice, oppure
bruciando la salvia, che le piacerà poiché le è sacra, così come le sono sacri
il sambuco (1), l'acero, il ginepro, e la pianta di limone (7).
Il confine tra l’aspetto luminoso della Dama Bianca e quello
spaventoso è in generale molto sottile e dipende per lo più da noi.
In ogni momento con pensieri e azioni stiamo svolgendo un
rituale che ci farà invitare nella nostra vita i doni di Lucia oppure gli
ammonimenti della Lutztl.
I luoghi dove poterla incontrare – al di là del regno
celeste che abita, in quanto custode del fuoco e del fulmine (22) – sono le
Alpi, le Dolomiti, la Val Camonica, nelle Totes Gebirge, in Tirolo e nei
monti bavaresi, dove ci sono testimonianze di pietre e laghetti dove la Dama
Bianca fece la sua apparizione, poi mascherati in luoghi di pellegrinaggio di
Maria dai cattolici.
Ma la sua presenza è ovunque, nel mondo, ci sia un retaggio
di culto della luce nell'inverno.
Al di là dei molti nomi e dei molti aspetti che ogni cultura
ha interpretato in base all'affinità con il proprio territorio e la propria
lingua, la Dama Bianca conserva la medesima essenza e, non dimentichiamolo,
ogni dea vive in primo luogo dentro di noi, nelle nostre scelte, e in ciò che
decidiamo di credere e agire.
Le parole chiave per riconoscerla nella natura e nelle
storie che celano un suo residuo sono luce, morte e rinascita, donna, pietra e
triplice.
Tutto ciò che è legato alle sorgenti, alle pietre titolate a
Maria od alle tre fasi lunari, nonché all'aspetto di triplice Dea protagonista
della Vecchia Religione di Diana e delle streghe, la riguarda profondamente.
Ci si rivolge alla Dama Bianca quando si vuole comunicare
con le antenate, e quando si vuole accedere ai misteri della morte e della
rinascita. La Dama Bianca è anche colei che accompagna le streghe a viaggiare
nel regno oltre il velo delle cose materiali nella notte del Capodanno delle
Streghe. La Dama Bianca intercede tra gli esseri umani e gli spiriti e può
aprire i cancelli che separano queste due dimensioni.
Le pulizie di casa, la letterina di Natale e altri piccoli riti
Lucia viene invocata per chiedere la luce e la guarigione,
proprio perché considerata a protettrice della vista, Lucia ci insegna a porre
i nostri occhi su ciò che è necessario vedere: dovunque posiamo lo sguardo,
quella cosa accrescerà in potere e in grandezza grazie alla nostra attenzione.
Il tema di Lucia è la luce: illuminare, fare luce.
Mentre L’aspetto su cui domina Perchta è quello dell’incantesimo:
bandire, legare, slegare e creare il proprio cerchio magico di protezione sono
tutti atti che la riguardano e che solo lei può insegnarci.
Anche lo spazzare è un atto che la riguarda: la
befana ha infatti con sé la scopa, e Perchta in qualità di Befana viene a controllare
che la casa sia pulita e purificata dalle tracce dell’anno passato.
Tutto ciò che riguarda l’intrecciare – lana, capelli o
storie – è materia di Perchta, tutrice del destino e della sua trama, come
le Matronae/Fate Madrine.
Come detto sopra, la Dama Bianca vive anzitutto dentro di
noi.
Il suo lato di luce ed il suo lato di ombra necessitano di
stare in equilibrio, ma si può scegliere di invocarne uno piuttosto che l'altro
a seconda della necessità interiore. Si comunica con lei incominciando a
rendersi più silenziose, accogliendo ed ascoltando i suoi messaggi, che non
esiteranno a giungere dalle profondità di noi stesse quando avremo reso la
mente calma e il cuore ricettivo.
La Dama Bianca è anzitutto uno stato dell'essere, che si
esplica in una rinnovata percezione dei suoi doni, talvolta mascherati da
malattie o eventi all'apparenza negativi, che una volta compresi come un suo
regalo saranno leva di trasformazione per noi stesse o noi stessi.
Anche solo accendere una candela bianca o dorata, oppure
argentata, può aiutarci ad invitarla nella nostra casa e dentro di noi.
Ogni anno io scrivo una letterina a Lucia o a Perchta, a
seconda del mio sentire, e la lascio bruciare nel calderone o nel caminetto
durante la fase lunare affine, oppure nella notte di Santa Lucia, nella Notte
del Solstizio, o nella notte dell'Epifania. Ognuna di queste opzioni è valida, purché
sia efficace per noi, purché ci faccia sentire a nostro agio, creative/i e
felici!
D’altra parte, quando si vuole ricevere la sua energia trasformativa
si può pulire a fondo la casa, detergere il pavimento con letizia, sprigionando
pensieri di rinnovamento, ed utilizzando oli essenziali purificanti a proprio
piacimento.
Nulla renderà Perchta più felice, poi, che trovare
un'offerta di biscottini speziati, al fianco di un cero bianco come la neve che
brucia apposta per lei, in una casa pulita e radiosa, dove i suoi doni possono
discendere con la stessa delicatezza con cui la neve si adagia sui tetti nelle
notti d'inverno.
Se accetta i doni e le pietanze scompaiono dai vassoi,
Perchta porterà fortuna alla casa e alla stirpe.
Questo semplice rito può essere praticato nella notte della
vigilia di Ognissanti, nella notte di Santa Lucia, nella Notte delle Madri o
alla Vigilia della Epifania.
La Dama Bianca tra noi
Forse potrebbe ancora essere, che una anziana signora a
cavallo di una scopa, si cali dal camino per controllare che la casa sia in
ordine e che i compiti siano stati svolti nei tempi e con diligenza, nella
notte dell'Epifania. Forse la Berchta potrebbe ancora punire le ragazze pigre,
bugiarde e dal cuore cattivo, facendo loro annodare i capelli nel sonno dalle
Truden, portando loro scompiglio con il suo corteo di demoni femminili.
E, forse, questo incontro con lei potrebbe rappresentare il
resoconto di tutto l'anno passato, il punto di svolta, il regolamento dei
conti al quale tutti prima o poi devono sottoporsi per evolvere e agire sulle
abitudini tossiche che hanno bisogno di essere modificate.
“Anche ai nostri tempi può accadere che la Dama Bianca si
sieda al tavolo in una baita nelle sembianze di un'alpinista e ci racconti
storie insolite, oppure che aspetti un treno con noi sul binario, o che una
donna particolare ci indichi la strada giusta se ci siamo smarrite/i” (1);
è sufficiente tenere gli occhi aperti.
Non sempre il piano che la dea ha per noi, coincide col
piano che noi abbiamo per noi stesse/i; pertanto, è bene restare aperte e
aperti per riconoscere la presenza della Dama Bianca quando è fra noi.
Nonostante si dica che la Berchta giunga sulla terra una
sola notte all'anno per fare il suo controllo, può addirittura capitare di
innamorarsi di una Dama Bianca incarnata, o di averne una come madre o come
lontana antenata.
Non importa in che forma ella scelga di camminare sulla
terra e si conceda a noi, facendo dono prezioso della sua presenza, l'importante
è accorgersene e riconoscere in tempo la fortuna che si ha avuto ad incrociarla,
sovente per una prima ed ultima volta o, di rado, per tenerla al proprio
fianco per tutta la vita...
Che la Dama Bianca sia con voi durante il tempo bianco, e possa donarvi ciò che meritate di sapere, di conoscere e di realizzare al fine del bene più grande. Claudia
*****
Vademecum: le lune della Dama Bianca
Prima Luna
piena dopo il Capodanno delle Streghe del 31 Ottobre: Luna del Sangue |
Seconda
Lunazione dopo il Capodanno delle Streghe: Luna delle Madri, Luna delle
Lunghe Notti, Luna del Ghiaccio |
Terza
Lunazione dopo il Capodanno delle Streghe: Luna della Neve, Luna del
Riposo, Luna del Sogno |
La lunazione
completa incomincia intorno alla fine di ottobre e completa il suo corso intorno
alla fine novembre. |
Incomincia
intorno alla fine di novembre e termina intorno alla data del Solstizio
d’Inverno, 21 dicembre, o della Vigilia di Natale, 24 dicembre |
Incomincia
indicativamente intorno o dopo la Epifania e si conclude intorno alla fine di
gennaio |
Influenza la Festa
degli Spiriti e dei Morti del 31 ottobre / 1 novembre |
La festività
sulla quale fa Luce è Santa Lucia, tra il 12 e il 13 dicembre. Durante il
suo influsso cadono le Dodici Notti delle Madri. La “Mutternacht”
è la notte tra il 25 e il 26 dicembre, l’ultima cade nella notte tra il 5 ed
il 6 Gennaio, con la Epifania della Berchta. |
Un antico
detto lombardo recita “sotto la neve c’è il pane”. Ovverosia, il
riposo è l’anticamera del lavoro che verrà, il solo luogo possibile ove la
creatività può risorgere. Questo è un periodo di riposo, che prolunga
l’effetto magico delle Dodici Notti che sono tradizionalmente sotto l’egida
della Perchta, la Dama Bianca che visita le case per verificare il filato
delle fanciulle e condurre loro la sorte che si sono meritate. |
Bibliografia e Sitografia
(1) Le Tredici Lune, Luisa Francia, Case Editrice Le Civette
di Venexia, capitoli uno, due e tre; 2011, Collana Le Civette - I Saggi, a cura di Luciana Percovich.
(2) I nomi delle lunazioni adottati nella ricerca derivano
dallo studio della tradizione Wicca in uno dei libri più celebri e autentici di
questa Nuova Religione, The Inner Mysteries, Janet Farrar e Gavin Bone,
Stregoneria Progressiva e Connessione con il Divino, Prefazione a cura di
Phyllis Currot, Brigantia Editrice, Marzo 2013.
(3) Breve cenno raccolto su Wikipedia
(4) Il Ramo D'Oro, Studio sulla Magia e la Religione di
James G. Frazer, Edizioni Bollati Boringhieri, 2016
(5) Blätter von Bäumen, nota raccolta dai capitoli del libro
Le Tredici Lune sopra citato
(6) Jacob e Wilhelm Grimm, Tutte Le Fiabe, Prima Edizione
Integrale 1812-1815 a cura di Camilla Miglio, Donzelli Editore s.r.l., 2018
(7) Goddess Holle, In search of a Germanic Goddess, Garden
Stone, traduzione di Michelle Lina Marie Hitchcock
(8)Un'abbondante raccolta di usanze e descrizioni di Perchta
è contenuta nella voce Percht, Handwörterbuch des Deutschen Aberglaubens, Cfr:1
(9) Wörterbuch der Deutschen Volkskunde di Kroner, Cfr:1
(10) Karl Haiding, österreicher Sagenschatz, Cfr:1
(11) Psicologia e Alchimia, Carl Gustav Jung, Edizioni
Bollati Boringhieri, 2006
(12) Le Dee e gli Dei dell'Antica Europa, Miti e Immagini
del Culto, Marija Gimbutas, Traduzione a cura di Mariagrazia Pelaia, 2016,
Stampa Alternativa/Banda Aperta s.r.l.
(13) Il Grande Libro Della Magia Bianca, Eric Pier
Sperandio, Editrice Armenia s.r.l., 2016
(14) Divinità Romane Dell'Infanzia, La Dea Lucina e La Dea
Candelifera www.romanoimpero.com
(15) Le Divinità Femminili del Pantheon Nordico, Claudia
Emanuele, Edizioni La Zisa, Aprile 2015
(16) Le Dee Viventi, Maria Gimbutas, Medusa Edizioni 2005, a
cura di M. Robbins Dexter, Traduzione di M. Doni; Cit. p. 262
(17) Aradia, Il Vangelo delle Streghe, Charles G. Leland, a
cura di Menegoni Lorenza, Olschki Editore, 2017
(18) Mittwintersagen aus Franken, Cfr:1
(19)Runemal, Il Grande Libro Delle Rune, origine, storia
interpretazione, Umberto Carmignani e Giovanna Bellini, Edizioni L'Età
dell'Acquario, 2016
(20) La Dea Bianca, Robert Graves, Gli Adelphi, p. 77, p. 83
(21) Calendario, Le feste, i miti, le leggende e i riti
dell'anno, Alfredo Cattabiani, Scienze, Oscar Saggi Mondadori, pp. 102 – 109
(22) L'Incanto e L'Arcano, per una antropologia della
Befana, Claudia Manciocco e Luigi Manciocco, Armando Editore
(23) Il Vademecum è stato creato rispettando il ciclo
annuale delle Tredici Lune di Luisa Francia
Crediti Illustrazione: Mary MacHartur
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