La Fata della Neve, Leggenda della Gran Bretagna

Il più giovane apprendista di un fabbro era molto povero ma sempre allegro e spensierato. In una fredda giornata invernale si recò insieme al padrone in città a portare il lavoro ai clienti. Nella strada del ritorno i due fabbri furono sorpresi da una tormenta di neve. Per fortuna scorsero a pochi passi una capanna mezzo diroccata e vi si rifugiarono per la notte.
Al di fuori la tormenta infuriava: il vento sibilava tra i rami spogli degli alberi e la neve cadeva fitta e insistente. Il mastro, stanco per il lungo cammino, si addormentò subito; invece, l'apprendista non riuscì a chiudere occhio.
A un certo punto, vide la porta della capanna aprirsi lentamente e nella stanza entrare una donna bellissima, che indossava un abito tanto bianco e lucente da abbagliare. L'apparizione misteriosa avanzava, sfiorando appena il pavimento, quasi volasse. Si avvicinò al mastro e si chinò su di lui. Dalla bocca socchiusa le usciva un alito denso come fumo. Rimase così due o tre minuti, poi si allontanò per avvicinarsi al giaciglio del giovane.
Questi, sentendo sul suo volto il respiro della sconosciuta, che era gelido come una raffica del vento del nord, tentò di gridare ma nessun suono gli uscì dalla bocca.
Allora la donna parlò. — Sono la Fata della Neve — e la sua voce era dolce come una ninna nanna. — Volevo far subire a te la stessa sorte del tuo padrone, ma sei tanto bello e giovane che non posso farlo. Ti concedo la vita, ma devi promettermi solennemente di non parlare con alcuno di quanto è accaduto questa notte —.
Il giovane giurò di mantenere il silenzio sugli avvenimenti, e la donna scomparve. Rimasto solo, fu invaso da una grande angoscia e si mise a chiamare il suo padrone a gran voce. — Svegliatevi vi prego — gridava.
— Qualcosa di terribile è accaduto —. Gli rispose soltanto il sibilo del vento. Toccò la mano del vecchio e la sentì fredda come fosse di ghiaccio. Il mastro era morto. Passarono due anni da questi avvenimenti.
Da quel tempo il ragazzo, tornando dal lavoro, incontrava lungo la strada una fanciulla di rara bellezza. Se ne innamorò, e una sera le chiese se volesse sposarlo. La sconosciuta accondiscese, e le nozze furono celebrate. Il giovane fabbro visse felice con la moglie per alcuni anni, a poco a poco gli affari prosperarono, tanto che poté comprarsi una casetta graziosissima, circondata da un giardino, che era la delizia dei suoi figlioletti.
Una sera la giovane donna cuciva accanto alla tavola e la luce di una lampadina le batteva proprio sul volto. Il marito, che le stava seduto di fronte, a un certo punto esclamò: — come sei bella, cara! Assomigli come una goccia d'acqua alla Fata della Neve, che in una notte di tempesta uccise col suo respiro di ghiaccio il mio mastro —.
Aveva appena pronunciate quelle parole imprudenti, che la donna balzò in piedi, mentre sul suo bellissimo volto appariva un sorriso terribile. — La Fata della Neve sono io — disse. — Sì, sono stata io a uccidere il mastro. Quella notte mi sono innamorata di te, ecco perché ho assunto l'aspetto di una fanciulla e sono scesa sulla terra. Ma tu hai infranto la promessa che mi avevi fatto di non parlare con nessuno degli avvenimenti di quella notte. Perciò devo lasciarti. Non mi vedrai mai più —.
Lo sbigottito fabbro vide la moglie diventare diafana, trasparente, fino a trasformarsi in una nuvola bianca, che salì per la cappa del camino scomparendo.
Da quel giorno più nessuno vide sulla terra la Fata della Neve.

Bibliografia

La fiaba, reminiscenza delle antiche madri dell'Inverno e del gelo; è raccolta da Enciclopedia della Fiaba a cura di Fernando Palazzi, Casa Editrice Giuseppe Principato, Fiabe e Leggende dell'Europa Occidentale pp. 72-73, nr. 66, anno 1952

Crediti illustrazione: Gyuha Moon su Behance

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