Kalevala: il passato pagano e il sacro femminino alle origini della mitologia baltofinnica e la progenitrice nei miti artici, ugrofinnici e scandofinni

Introduzione al Contesto Baltofinnico e al Passato Pagano del Popolo Finlandese
Memoria di un poema perduto tra le nebbie del passato

Nella mente il desiderio
mi si sveglia, e nel cervello
l'intenzione di cantare,
di parole pronunziare,
co' miei versi celebrare
la mia patria, la mia gente”.

Kalevala, RUNO 1, vv. 1-6

La mitologia del Kalevala, dai tratti meravigliosamente primitivi, è una straordinaria epica immersa nell'immaginario sciamanico baltofinnico, ossia riferito alle unità linguistiche e culturali che uniscono vari popoli e lingue che si trovano fra le sponde del Mar Bianco e Baltico, e nato dalla connessione data dalle migrazioni e relazioni commerciali antiche e medievali che univano la fascia subpolare ai percorsi della Via della Seta.
Fu giudicata un'opera paragonabile al Nibelungenlied, ai poemi omerici e ad altri classici. Valida descrizione del passato pagano del popolo finlandese, dei suoi usi e costumi; è il principale simbolo nazionale del popolo ed occupa un ruolo unico nel folklore e nella storia della letteratura baltofinnica, poiché è l'unico caso in cui dei canti appartenenti a una tradizione locale (composti da una lingua che non possedeva nemmeno una tradizione letteraria) sia riuscito a diventare, con tanta fatica, parte del rigido canone di una letteratura mondiale di un allora esigente. 
Chi avrebbe mai pensato che dei canti, tramandati oralmente dalla notte dei tempi, sarebbero un giorno stati insegnati nelle scuole, con eroi, eroine e gesta che rappresentavano l'antichissima alba di una timida terra sbocciata, per certi versi, in ritardo? In inglese sono stati pubblicati pochissimi studi a riguardo, gli stessi studiosi finlandesi di mitologia comparata, hanno dimenticato per anni di prendere in considerazione le loro stesse radici. Le comunità di studio anglofone, al di là del successo avuto nel 1907 ad opera della traduzione di William Forsell Kirby, non hanno mai dato alla mitologia baltofinnica un ruolo di rilievo. L'Antro, basandosi sul testo dedicato all'unica figlia non mancata da giovane di Elias Lönnrot, filologo, etnografo, medico e botanico finlandese che pubblicò la raccolta di miti con cui compose l'epopea del Kalevala, sceglie di far esprimere una vera e propria voce fuori dalla scena che è anche il nome della collana di pubblicazione del testo a nostra disposizione, per mano di Juha Pentikäinen e Vesa Matteo Piludu. Pentikäinen, che dapprima ha realizzato “Kalevalan Maailma” (Il Mondo del Kalevala, 1989), ci ha donato in seguito la prima ed unica edizione italiana, classe 2013, senza cui questa preziosa ricerca non sarebbe ad oggi possibile. Ad ogni modo fu Lönnrot a creare il mito del poema nazionale finlandese, dopo aver già lavorato ad altre opere significative come i volumi della Kantele, 1829-1831, una corposa raccolta di canti popolari lirici e magici, soprattutto femminili. Ispirato dalla prospettiva romantica ottocentesca nella quale egli era immerso (era convinto di aver ritrovato un poema perduto nelle nebbie del passato) ed anche se lo studioso della nostra edizione italiana afferma tutt'ora che in principio si trattava di canti e frammenti senza una apparente unità, mi piace pensare, sempre, ad una visione olistica dove nulla è mai separato: siamo davanti ad una tradizione colma di vita propria a livello locale, che è diventata il patrimonio di un paese.

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Sintassi della Mitopiesi ed Etimologia Chiave di Una Opera Ispirata a una Donna
Canto, guarigione e incanto

La parola Kalevala significa Terra di Kaleva, ossia la Finlandia, in quanto era questo il nome del progenitore della terra, colui che, secondo Lönnrot, porto gli stessi finni alla Finlandia (1). Kalevala è, pertanto, identificabile con l'area geografia della Finlandia preistorica. Anche se, scoprirete nel prossimo paragrafo che è in realtà una energia progenitrice femminile, ad aver originato la magica Landa delle Luci.  Le madri dei frammenti, o canti, che hanno reso possibile la formazione dell'epopea di Lönnrot, hanno un termine specifico che è runolaulajat – letteralmente, le cantrici od i cantori dei versi, che si chiamano runolaulut. 
Il termine runo, singolare di runot, ed abbreviazione di runolaulu indica i canti tradizionali del metro epico kalevaliano, indistintamente chiamato anche canto, poema o poesia orale. La tradizione baltofinnica, secondo lo studioso Domenico Comparetti, che ha reso possibile la traduzione in italiano, ha infatti una specifica unità metrica ed i canti possiedono una caratteristica struttura ottonaria il che farebbe pensare a tutto fuorché ad un'opera ab origine “frammentata”. Lönnrot utilizzava maggiormente la parola laulu, canto e laulaja, cantore; per indicare chi intonava i runot. Nondimeno anche il materiale omerico ed epico in italiano si associa bene al concetto di canto
Fu in verità l'incontro con una donna, una runolaulaja della Carelia del Mar Bianco, Marina Takalo, ad ispirare, nel 1962, la stesura dell'opera di Pentikäinen. Ciò non dovrebbe stupire, dato che l'opera tutta è intrisa di un potere femminile atavico, data l'importanza del tema arcaico delle radici e dell'albero cosmico (presente in quasi tutte le culture antiche, si pensi a Yggdrasill nella tradizione norreno/vichinga)  e alla terra di Pohjola, la landa incantata del Nord abitata solo da donne, similmente alla più conosciuta Isola di Avalon del ciclo arturiano. Un altro elemento di rilievo, una parola ricorrente nella mitologia baltofinnica è loitsut, che può incarnare sia il significato di incantesimo, ossia la concentrazione di energie volitive atte ad alterare lo stato delle cose, oppure può riferirsi a guarigione, ovvero che si verifica dopo atti, invocazioni svolti al suo scopo. 
Interessante notare che, per gli antichi Finni, incanto e guarigione fossero rappresentati dalla stessa espressione: forse, nell'ottica sciamanica da cui il Kalevala proviene, nell'incantare v'era concepito lo scopo del guarire, del fare del bene. 
Il tutto, nel contesto baltofinnico, veniva svolto quasi sempre nell'atto del canto: canto e incanto, per l'appunto. Il Kalevala è infatti definito dagli studiosi un canto polifonico, che venne scritto unendo ed elaborando molti cicli epici e canti rituali o magici intonati dai runolaulajat. Del resto, il Kalevala  (prima pubblicazione originale 1835, con revisione nel 1849) nasce nel continuum storico del Romanticismo nazionale finlandese. Secondo le fonti, ciò non toglie valore all'ipotesi che questa mitologia sia la reale summa delle credenze religiose e dei riti sciamanici degli antichi finni.

 

Alle Origini del Pántheon Kalevaliano

Il Kalevala è diviso in dodici capitoli. Sebbene il riformatore luterano Mikael Agricola, considerato pioniere degli studi della religione popolare baltofinnica, scrisse un primo documento in cui veniva esposta una lista di dodici divinità della Tavastia e della Carelia, si potrebbe pensare che gli antichi finni avessero un pántheon di dodici divinità, come nell'antica Grecia. In realtà, alcuni dèi citati dallo studioso erano più spiriti-guardiani, eroi eziologici o nomi per le anime dei defunti (1). Furono proprio i documenti protestanti contro il paganesimo a traviare molti significati e figure antiche, tanto è vero che nella lista di Agricola venne inserito addirittura Piru, una sorta di diavolo cattolico, chiaramente inesistente nella tradizione originaria (1). Fu grazie alla scaltrezza di Lönnrot (che giustificò il Kalevala come una raccolta di leggende a cui senz'altro la gente non avrebbe dato un peso religioso ma la valenza di un racconto perso nel passato) che l'occhio della Chiesa Luterana, nella cui stretta era immersa la Finlandia in quel tempo, distolse l'attenzione dalla condanna del testo.

 

Elementi di sciamanesimo eurasiatico, la cerca del Sampo e il Mondo Altro

Sebbene siano stati scritti soprattutto nel XIX sec. i runolaulajat trattano temi corrispondenti a culture e miti artici (come quella del popolo Sami della Fennoscandia) ma anche all'Asia settentrionale e centrale. Uno dei miti che, ad esempio, accosta lo sciamanesimo baltofinnico a quello siberiano, è quello della leggenda dell'alce, ritrovata nelle pitture rupestri preistoriche scoperte in territorio finlandese. Fin dalla notte dei tempi, i canti all'origine del Kalevala vennero trasmessi oralmente, e pertanto sono arcaici e ricordano molti dei temi dello sciamanesimo eurasiatico, composto da battaglie a colpi di canti magici, le metamorfosi animali – orsi, alci, pesci ecc... – i viaggi nell'Aldilà alla ricerca di conoscenza e parole magiche, il segreto della fertilità e la cerca del Sampo (similmente a quanto avviene nel ciclo arturiano col Graal), fonte di prosperità che nel Kalevala viene gettato e infranto tra i flutti delle acque del mare, paragonabile alla pietra filosofale del contesto alchemico, che altro non è che allegoria dell'opera di individuazione dell'aurum interiore. Importante anche il tema della caccia, che pone i finni davanti alla questione forse più importante di tutte, quando si narra di sciamanesimo arcaico: il confine tra il mondo materiale e un mondo altro, oltre il velo, che può essere attraversato soltanto con l'ausilio della magia o affrontando la morte...

 

Viaggio estatico: microcosmo e macrocosmo nello sciamanesimo del Popolo Sami
Il Boasso, Pohjola e la magia della Stella Polare

Nel mito finnico, Pohjola, la magica isola dell’Aldilà, è un luogo distante, ai confini del mondo, dove è difficile entrare così come uscirne. Il popolo sciamanico dei Sami aveva un termine, boasso, che indicava un luogo della tenda sciamanica situato a settentrione (e, quindi, in direzione della famigerata terra magica del Nord) dove riponevano tamburo sacro ed equipaggiamento per la caccia. Secondo lo studioso Nils Lid, il boasso aveva la funzione di riprodurre, nell'ambiente microcosmico della tenda, la landa di Pohjola, ossia il macrocosmo corrispettivo. Il rito dello sciamano, dove il praticante era detto tietaja; consisteva proprio nel compiere un viaggio estatico verso la landa di Pohjola, il luogo a cui ogni ricercatore dello spirito, probabilmente, dovrebbe tendere. 
Similmente nei riti sciamanici praticati dai siberiani nella yurt, la tenda, prevedevano il salire e scendere attraverso l'immaginario asse del mondo che connetteva la terra al cielo. Il boasso, la yurt, sono tutti stratagemmi creati al fine di percepire un trait d'union fra i diversi livelli dell'universo, dove ci si poneva con il tamburo in traiettoria con la Stella Polare, e quindi al centro del cosmo, dato che la stella rappresentava l'ago del cielo intorno al quale giravano tutte le altre stelle. 
Da quella tenda, lo sciamano incominciava un viaggio alla volta del cielo, verso la terra di Pohjola, abitata dai morti sì, ma anche dalla magia, necessaria allo sciamano per portare guarigione alla sua gente (1). Lo stesso Sampo, custodito dalla Signora di Pohjola (nondimeno la grande antenata neolitica, presente come nonna e custode del mondo altro nell'Europa preistorica), per cui gli eroi kalevaliani si battono, probabilmente, secondo lo studioso Uno Harva, potrebbe essere considerato l'asse del mondo, e dunque non un oggetto che può essere in qualche modo trovato al di fuori di sé, ma una connessione interiore ed invisibile fra la terra e il cielo, che oggi definiremmo equilibrio interiore, la silenziosa magia che ci abita e connette a tutti i luoghi materiali od immateriali che esistono, senza la necessitò di compiere un viaggio fisico.

 

Come In Alto Così In Basso
Parallelismi ed elementi di alchimia nello sciamanesimo finnico

La parte basse dell'uovo,
è la bassa madre terra.
La parte alta dell'uovo
è il cielo superiore.
Il tuorlo dell'uovo
è il sole che brilla.
Il bianco dell'uovo,
è la luna che splende.
I frammenti del guscio,
son le stelle del cielo.

Frammento dal Protokalevala

Sappiamo bene che le antenate e gli antenati comunicavano per immagini: dunque il famigerato Sampo anelato dagli eroi della terra di Kaleva, potrebbe assomigliare alla realizzazione tipica dell'opera alchemica dove il lapis, o materia grezza, viene raffinata a tal punto da essere trasformata in aurum non vulgi, quell'oro non comune, che può essere scoperto soltanto all'interno di sé, lungo un viaggio di modellazione dell'argilla propria a ognuna e ognuno che dura tutta la vita. Forse, il Sampo, è la realizzazione di ciò che il padre fondatore dell'alchimia, Ermete Trismegisto, canalizzò nella formula come sopra così sottocome si evince dal frammento sopra citato – tanto fraintesa da chi abita realtà spirituali o esoteriche nel nostro tempo. Molte e molti, ancora impegnati a cercare tale tesoro nel mondo fisico e materiale; ignorano che rappresenti un'energia di unione ed equilibrio emotivo ed interiore che è la base fondamentale affinché l'opera di individuazione del sé si compia.

 

La sapienza millenaria dell'anima sciamanica dei popoli artici, subartici, baltofinni e ugrofinni
I Synnyt, Canti Sciamanici delle Origini e Il Luonto, Il Nume Tutelare

Come già affrontato più e più volte nelle ricerche e negli articoli di questo portale di ricerca nelle apposite sezioni dedicate alla via iniziatica interiore od all'animale interiore, o ancora dove si ha parlato del daimon ispirato agli studi di James Hillaman e agli insegnamenti di C.G. Jung; in noi vive un soffio, pneuma, un respiro atavico, che potremmo chiamare anima, psyché, che i greci hanno immaginato come un demone interiore in quanto manifestazione di una volontà divina a sé, che ha preceduto ogni nostra incarnazione fisica, e che è protagonista della nostra esistenza di cui siamo noi, in quanto esseri storici soggetti a cronos, ad essere ospiti, dopotutto, di poco rilievo. Come i greci anche i finni hanno concepito la presenza di questa essenza interiore, nume tutelare, genio guardiano assegnato a ognuno, coinvolto in un tempo (kairos) oltre quello cronologico della storia e sondabile come realtà tangibile soltanto dalle sciamane e dagli sciamani. Come recita Ganander, che ha raccolto i synnyt, incantesimi delle origini, nella Mythologia Fennica del 1789(1):

“Luontoni nousee,
kaypi natuuralleni”. 
Il mio luonto s'innalza,
s'impone sulla mia natura”.

Dove il luonto è, presumibilmente, il corrispettivo del daimon, lo scopo ultimo dello sciamano, era forse di ritrovare tale natura occulta, e di consentirle di esperire il mondo attraverso il suo corpo, che ne è strumento. Solo conoscendo la nascita segreta di questo fenomeno nascosto, era possibile controllarlo magicamente, ossia fare in modo di non ostacolarlo. L'unico scopo che hanno gli umani sulla terra, dopotutto, è non interferire con la natura divina che li abita ma, al contrario, assecondarla nella sua volontà profonda. Questa potrebbe essere davvero la sola materia con la quale fronteggiarsi nella vita di vocazione e ricerca del vero, che è intimo, spesso assopito, insondabile a meno di non percorrere tale cammino vocativo. Il Kalevala è la distillazione di elementi sciamanici antichi, come le battaglie tra cantori, i viaggi fuori dal corpo, i viaggi verso le lande magiche: i cantori delle origini erano immersi in una cultura sciamanica dove l'habitus sottile era molto più significativo di quello materiale. 
L'antica religione dei baltofinni è del resto inseparabile dallo sciamanesimo artico e subartico. Lo stesso tamburo sciamanico utilizzato dai finlandesi è stato probabilmente identico per tutti gli antichi ugrofinni. Lo sciamano, in fin dei conti, è ogni essere umano che abbia trovato il costante contatto con quell'anima antica dentro di sé, e che fa, spesso inconsapevolmente, da mediatore fra il mondo umano e quello che si trova oltre il velo. Lo sciamano baltofinno era colui/colei in grado di raggiungere con la trance, che si delinea nella parola lovi, e che è collegata a sua volta alla parola Tuoni; signore dell'aldilà finnico; od ancora allo Jabmeaivo, l'oltretomba Sami; che significa foro, fosso, fenditura, cavità, crepa(1) e che richiama, dopotutto, ad una natura strettamente femminile e preservata.
In questa ottica, lo sciamano o la sciamana è colui/colei che scorge il grembo della creazione dentro di sé, ben distante da quel sentire artificiale che emana da coloro che, nei tempi attuali, si atteggiano a sciamani servendosi di mascheramenti ridicoli ed eccentrici, che di sciamanico hanno solo a malapena l'aspetto

 

La Eco di una civiltà animista
Le Relazioni con l'Aldilà e l'estasi sublime

L'animismo, dalla parola latina anima, che significa respiro, spirito, o vita; è la credenza secondo cui oggetti, luoghi e creature posseggano tutti una distinta essenza spirituale. Le antiche civiltà preistoriche animiste percepivano tutte le cose (animali, piante, rocce, fiumi, sistemi meteorologici, artigianato umano e forse anche le parole) come animate e vive. L'aspetto che ha maggiormente interessato ed avvicinato questo Antro, portavoce delle antiche tradizioni animiste dell'Europa preindoeuropea, al folclore dei Finni, è quello delle relazioni con l'Aldilà, inteso anche come luogo inviolato interiore, e dei viaggi estatici che conducono a stati di coscienza alterati, capaci di trasportare nel regno dove l'anima dello spirito del mondo abita. La mitologia del Kalevala è intrisa di questa estasi sublime dell'anima, ed ha un ruolo predominante all'interno del poema, tantoché le è stato dedicato un intero capitolo nell'opera, l'ultimo e dodicesimo, peraltro, divenuto oggetto di culto per diverse generazioni finlandesi.

 

Il Kalevala in pillole
Breve Trama e Analisi Cosmogonica

Il Kalevala si svolge in due luoghi: Pohjola, magica landa dell’Aldilà governata da donne e situata a Nord, e la Terra di Kaleva, corrispondente alla Finlandia. Le due terre sono da sempre in scontro per via di ciò che a Pohjola viene custodito, irraggiungibile a coloro che giungono da Kalevala. Personaggi di rilievo sono la Signora di Pohjola e il fabbro Ilmarinen che forgia il miracoloso oggetto del Sampo su ordine dell'anziana, in cambio della mano di sua figlia. Il Sampo è una magica macina che produce abbondanza per la gente di Pohjola, ma il suo coperchio è un simbolo della volta celeste, trapuntata di stelle, che ruota attorno ad un asse o colonna centrale del mondo che è anche fondamenta, radici dell’albero del mondo situate oltre l’orizzonte settentrionale, dove in una grande montagna situata nella zona più oscura la grande signora pratica l’incanto, che le genti di Kalevala vogliono liberare per usufruirne anch’esse, oltre che desiderare matrimoni con le fanciulle della terra mitica, come l'avventuriero Lemminkäinen e il grande saggio Väinämöinen. Dopo una serie di dietrologie discordanti e pubblicazioni precedenti, l'ufficiale versione finale del Kalevala di Lönnrot, nonché il Nuovo Kalevala, vedeva il suo inizio con il vagare fra le acque primordiali di una fanciulla, messa incinta dal vento e dal mare ed ostacolata dal dio Ukko che, anzichè farla partorire, invierebbe un'anatra a deporre le uova sul suo ginocchio. 
Nonostante le difficoltà a far combaciare questa ultima e riconosciuta versione del Kalevala con i runot originali che l'hanno ispirato, vi è in comune un fattore di grande rilievo: in principio vi fu la donna, e la terra della magia e dell'incanto era immersa nell'energia primordiale femminile, fatta eccezione solo per pochissimi uomini prescelti...

 

Il principio femminile della Lapponia arcaica: la Madre della Acque
Vein Emonen e la mascolinizzazione in Väinämöinen

Nella musicale e delicata lingua della Lapponia arcaica, esistono uno e più termini, emo, amanta, emonen, dove madre, signora e genitrice letteralmente coincidono con la concezione di una forza dalla quale ogni sostanza in principio otteneva sostegno, solidità, energia. Per facilitare la comprensione, si può pensare al Wyrd della cultura antica norrena, oppure all'energia alchemica del Vril della Germania occulta, od ancora al Prana della cultura induista. Pare che il cantore ed eroe del Kalevala Väinämöinen (intorno a cui verte l'intera epopea) fu la mascolinizzazione di una entità ab origine femminile, che precedette il guerriero e che si chiamava Vein Emonen, letteralmente la madre delle acque, lo spirito guardiano delle acque o forza delle acque. Vein Emonen era molto più di una dea, era la forza progenitrice anche di ciò che è divino, la sorgente, letteralmente. Il termine è di origine finlandese, e non sembra un caso che le due parole fossero state confuse, per similarità del suono, senz’altro; ma potrebbe anche essere stato un atto consapevole, tipico delle storpiature create dalle culture patriarcali indoeuropee, che hanno fatto questo un po' ovunque e in ogni storia, attingendo dalle civiltà arcaiche che hanno soppiantato per ricreare mitologie a propria immagine e somiglianza, ai danni delle donne e dei loro attributi e caratteristiche originari. Väinämöinen sarebbe quindi una mascolinizzazione dell'espressione del segreto potere femminile della creazione.

 

Genesi della mitologia baltofinnica
L'oca o anatra delle origini ed Illmatar la fanciulla dell'aria

Nella mitologia baltofinnica, tutto ebbe inizio dall'uovo di un'oca, nel protokalevala nella versione di Lönnrot che era piuttosto fedele alle tradizioni della Carelia del Mar Baltico, successivamente, nel vecchio Kalevala, si parlò di un’aquila e nel nuovo Kalevala di un'anatra. Nel nuovo Kalevala l'eroina è Illmatar, la fanciulla dell'aria e non Väinämöinen. 
Lönnrot inserisce poi questo dio Ukko del vento, come dio supremo maschile che tenta di sabotare il parto di Illmatar alla quale, alla fine, invia un'oca a deporre le uova sul suo ginocchio. Questo dio maschio come sfondo è praticamente una scelta narrativa e non basata sulle radici del runo per come era stato tramandato ab origine. Illmatar, qui, viene fecondata dal vento, ma nel mito arcaico probabilmente era considerato come energia primordiale non duale, molto distante dall'idea di fecondazione per come possiamo immaginarla noi, che tendiamo a sessualizzare ogni cosa per distorsione culturale. 
Lönnrot trasferì, fra l'altro, il potere della creazione dall'aquila all'anatra, e dall'eroe maschile alla delicata fanciulla fatta d'aria, Illmatar. Perché? Forse diede importanza alla potenza creativa femminile, che peraltro rimane indefinita e avvolta da una energia occulta, magari per scelta, anche se le motivazioni di Lönnrot restano insondabili.


L'originaria fanciulla, l'uccello e l'isola
Parallelismi con il ratto della Mitologia Greca patriarcale

Alcune varianti dei canti tradizionali, tipici delle zone dell'Estonia e dell'Ingria contenevano la presenza dell'isola e di un uccello, in questo caso, una rondine uccello del giorno, che è anche pipistrello della notte(1). Dopotutto, è proprio una madre uccello, che la preistoria europea ha identificato come una delle prime madri. 
Da quell'originario colle inverdito, che sorse dalle acque del Mar Bianco per azione del Vento/Ukko, emerse quindi l'originaria fanciulla, colei che poi sarebbe stata corteggiata da molti spasimanti. La piccola crebbe sul prato, similmente all'immagine di Demetra e Persefone(2) che, nel mito greco arcaico non contaminato dal patriarcato, giacevano felici in una terra fiorita, spartendosi spontaneamente l'egida sulla stagione verde e sulla stagione bianca. La stessa terra verde dove gorgogliavano i sussurri delle Sirene la cui figura selvatica primigenia sarebbe poi stata sconvolta nell’Odissea(3), forse il primo mito occidentale a demonizzare la natura ctonia femminile, immortalando (secondo gli studi di Agnese Grieco e Elisa Piccinini) nelle sirene quelli che erano ritenuti i pericolosi aspetti del femminile antico da reprimere e domare. 
Come nel mito di Proserpina/Persefone, così sembra che la versione tradizionale del canto della runolaulaja Marina Takalo (a cui il Kalevala si è ispirato), volle che la fanciulla fosse vinta dalla mano della personificazione maschile della morte, il dio Nurmituoma, il quale la prende con sé sulla sua slitta, similmente al ratto di Ade ai danni di Persefone. Si accenna inoltre al fatto che, la mitologia baltofinnica, raccoglie una serie di vicende legate a figure acquatiche femminili assimilabili a ninfe e sirene, come le figlie di Vellamo, ninfe acquatiche tra cui spicca ad Helsinki una statua di colei che domò il mostro marino Tursas; e la vergine della Kantele, colei che sciolse i suoi capelli per farne le corde dello strumento musicale magico (arpa-liuto baltofinnica) suonato da Väinämöinen per assuefare tutti gli spiriti delle acque e dell'aria, e che avrebbe ispirato  Lönnrot nella compilazione della raccolta lirica Kanteletar. Naturalmente, la kantele potrebbe essere accostata alla cetra con cui Orfeo si tutelò dal potere delle sirene, durante la spedizione degli argonauti...

 

L'uovo, la madre ornitomorfa, la coscienza fecondatrice dell'acqua e il potere del canto
Elementi di mitologia comparata con il Satapatha Brahmana vedico/indiano

Osservando con uno sguardo più largo, ci si accorge che alla base della creazione, nel protokalevala, nel vecchio e nel nuovo, così come nei canti tradizionali sopraddetti, v'era in ogni caso un uovo, estensione di una matrix divina femminile primordiale, legata a una natura ornitomorfa. La donna uccello, che secondo gli studi presentati su questo sito è anche la primissima versione della madre allattante/sirena del latte (prima che il romanticismo europeo ottocentesco mettesse la coda di pesce alle sirene, avevano infatti sembianze d'uccello) è anche una delle principali figure nutrici emersa dalle rivelazioni archeologiche degli studi di Maria Gimbutas. 
L'uovo e l'uccello, ad ogni modo, sono due miti estremamente arcaici, attestati il primo nel Mediterraneo Orientale, in India, in Cina, in Giappone, nel Pacifico e nel Perù; il secondo è nordico, presente in Europa orientale, in Asia centrale e settentrionale e in America del Nord (1). Negli anni Sessanta, la cantrice, era naturalmente inconsapevole che quell'uovo creato da Dio di cui parlava nel suo runo, altro non era che la forma sopravvissuta della originaria cosmogonia di matrice femminile(2). 
Secondo Matti Kuusi, fra l'altro, il mito dei canti cosmogonici careliani, ingrici ed estoni è fondamentalmente identico: l'uccello dell'aria (aquila) vola sul mare in cerca di un luogo dove deporre le uova, e su una collinetta verde ne depone quattro. Da una folata di vento cadono in mare e si creano il sole brillante, la luna splendente e le stelle nel cielo. Interessante che nell'Estonia e nell'Ingria, Väinämöinen non compare per niente, mentre ha un ruolo di rilievo nelle varianti careliane. 
Secondo Lönnrot, che lo affermava sulla rivista Mehiläinen nel 1839, alcune versioni sui canti della creazione attribuivano infatti all'uccello (oca, una moretta grigia o dendrocigna al posto dell'aquila) la scelta delle parti del mondo dalle parti delle uova che caddero nel mare della creazione, in altri era Väinämöinen ad avere tale potere decisionale, e avrebbe scelto con il canto le destinazioni dei frammenti (altro richiamo al potere della voce nella cultura finnica)
In Estonia, ed anche nei miti delle culture paleoartiche e subartiche come Inuit, nativi del Nordamerica e popoli nord-eurasiatici, furono invece due personaggi, Bebelus e Babelus, a dividere il cielo, la terra e le acque. 
Il Tema della rimodellazione e dello scavo nel fondo del mare sono ad ogni modo tipici dell'area baltofinnica (1). Fu proprio Lönnrot a unire, tra loro, i due miti raccolti dai canti delle svariate tradizioni d'origine sopraddette, creando la comune tradizione dei laulajat baltofinnici. Il mito dell'uccello creatore, secondo Julius Krohn, fondatore della ricerca folklorica finlandese, era infatti di origine ugrofinnica. Qualcuno come Matti Kuusi ha ipotizzato un eroe che avrebbe vagato per il mare primordiale creando vortici e isole dalle coste dell'oceano Pacifico e Indiano sino a quelle del Baltico, teoria però poco supportata dato che gli elementi marini potrebbero benissimo essere stati inventati sulle coste baltiche(1). 
Ma come possono essersi diffusi gli stessi miti in aree tanto distanti? Sono stati i miti, i canti o i popoli a spostarsi da una regione all'altra?(1) Sembra non si sia trattato solo di diffusionismo, ma anche di alcuni fattori predominanti e spesso ignorati: in primo luogo, l'eredità delle culture artiche, del Vicino Oriente, le influenze della Via della Seta che hanno portato elementi delle culture nomadi delle steppe già influenti sulla Finlandia in tempi arcaici; ed in secondo luogo, i runot kalevaliani sono, con tutta probabilità, la eco di rotte millenarie con al centro un tema che ha un cuore asiatico arcaico: l'uovo(1).

“E, in particolare, vorrei che soffermaste la vostra attenzione sul vivo e sensuale sentimento verso la natura che possiede il Kalevala, che ha un eguale forse solo nella poesia indiana”. 
Jacob Grimm, 1845(1)

Al di là di ciò, furono soprattutto le traduzioni dei testi sacri indiani che circolavano in Europa in quel periodo a condizionare Lönnrot, la cosiddetta mitologia comparata, dove emerse che in Asia gli indiani concepirono un essere primordiale che dapprima prese coscienza di sé e poi prese forma di un uovo, da cui uscì il creatore Brahma. Emerse un generale sentimento sul fatto che il mito della creazione baltofinnico era simile a quello del Satapatha Brahmana, testo sacro che descrive i rituali vedici e i loro fondamenti filosofici dove tutto emerse da una primordiale coscienza fecondatrice dell'acqua, da cui nacque un uovo dorato da cui emerse il primo uomo, Prajapati
Sorvolando sulla dicotomia tra maschile e femminile nella quale non ci addentreremo, in entrambe le mitologie, indiana e baltofinnica, era l'acqua, l'elemento considerato originario: dall'acqua venne la terra, per forza motrice del vento. Nel Nuovo Kalevala, la fanciulla Illmatar, cela dunque la presenza della Vein Emonen sopra citata, ma anche, per parallelismo, assimilata alla Sakti indiana, rappresentazione dell'immanenza divina come energia creativa femminile (di cui l'eroe finlandese Väinämöinen è figlio, prodotto del femminile originario).

 Luonnatar vergin leggiadra,
lungo tempo visse pura,
casta sempre si mantenne
nei recinti ampi dell'aria,
nella volta solitaria
.
— Kalevala, 1849, RUNO I, vv. 112-116

Sopra i flutti spumeggianti
fu dal vento fecondata,
fu dal mare ingravidata,
S'aggirò, madre dell'acque.
Nuotò a oriente, ad occidente,
da maestrale a mezzogiorno,
fin dal cielo sui confini
né nasceva ancor quel germe,
increato, dal suo seno”.

Kalevala, 1849, RUNO I, vv. 134 - 142

 

Terhensaari, l'Isola della Foschia

“Eran l'isole già sparse,
già creati in mar gli scogli
e del ciel sorti i pilastri,
già dipinte eran le pietre,
nelle rupi i solchi incisi.
Non ancora Väinö nato
era, quel cantore eterno.
Dalla madre in seno il vecchio
Väinämöinen si agitava,
si movea per trenta estati
e per altrettanti inverni,
sopra l'acque silenziose,
ricoperte dalla nebbia”.
Kalevala, 1849, RUNO I, vv. 287-294

L'immagine romantica che emerge da questo frammento è di una landa avvolta dalla nebbia, dove la grande forza creatrice femminile protegge nel grembo Väinämöinen. Le nebbie come portale che separa i mondi, ed il femminile gravido come unico potere per intercedervi. Similmente alle nebbie che separano la sacra isola delle Sacerdotesse di Avalon... Uno dei nomi con cui la terra di Kalevala, nonchè la Finlandia preistorica, è stata chiamata è, infatti, Terhensaari, isola della foschia, oppure Ilma, che significa Aria(1).


La Terra Feminarium Iperborea e la strega custode della magia
Turja, Lapponia Norvegese e Pohjola

Secondo le fonti, la figura della Signora di Pohjola, nonchè la strega Louhi (variante di Loviatar, che delinea la dea della morte), rappresenterebbe proprio la figura della sciamana per antonomasia: la vecchia di Pohjola, la saggia, la custode della magia, delle anime dei morti e di tutti gli incantesimi del segreto femminile. Etimologicamente, Louhi, è anche colei che canta i loitsut, gli incantesimi o le guarigioni. 
Nonostante si abbia provato a donare una collocazione geografica a Pohjola e, per certi versi, alcune descrizioni sembrano essere connotati di precisi luoghi che includono attualmente territori della Lapponia e dell'antico Kainuu; è più ovvio pensarla come una terra immaginaria, ma non  irreale.... Identificata come il centro della terra del Nord, nonché la regione polare, la terra degli sciamani Sami, nasce etimologicamente dalla parola Pohja che significa fondamento, fondo, base (forse assimilabile a radice) e dà origine alla parola Pohjios che significa proprio Nord. Nella prefazione al Nuovo Kalevala, Lönnrot definì il popolo di Pohjola come un gruppo separato di finni: era un gelido villaggio (Kylmakyla)(1) e terra divoratrice dei maschi (Miestensyoja)(1); chiaro segno del fatto che, in tempi remoti e insondabili, le donne/sciamane finniche appartenevano ad una sorta di casta sociale divina, elevata dalla terra profana degli uomini (Kaleva) e raccolta su una isola dove l'antica voce della Grande Madre poteva ancora esprimersi, in segreto, udita e scorta soltanto da pochi valorosi eroi capaci di giungervi senza recare offesa alla grande signora che vi presiedeva-
Vi si poteva accedere soltanto con incantesimi specifici che, con tutta probabilità, erano conosciuti e potevano essere pronunziati solo dalle donne. Tracce della famigerata landa delle donne magiche, si trovavano già in Erodoto, in Ippocrate che localizza una Terra Hyperborea incognita sotto l'Orsa Maggiore o Stella Polare (1), oltre i Monti Rifei; in Plinio, che narra di un luogo detto ges Kleithron(1), la serratura della terra, e nelle tradizioni di molti popoli eurasiatici che narrano della medesima terra nordica di difficile accesso
Anche il Fensalir (sala delle profondità marine) abitato dalla dea norrena Frigga senza consorte, insieme alle sue nove ancelle (che peraltro potrebbero essere comparate alle sacerdotesse di Brigit e di Cerridwen) potrebbe essere una plausibile affermazione della famigerata terra femminile, divoratrice degli uomini, dove peraltro il loro destino viene – dalle donne – intessuto.

 

I popoli magici della regione Polare che dormono per metà dell'anno
Elementi di letteratura medievale russa, sciita, turca e svedese
Il caso delle Amazzoni e parallelismi tra la Signora di Pohjola e la suprema Madre dei Vani Frigg/Freya

Erodoto e Plinio parlano di popoli magici che dormono per metà anno, riferendosi forse ai popoli della regione polare, assimilabile a Pohjola. Del resto, la maggior parte dei canti del Kalevala sono incentrati proprio su Pohjola, che è l'aspetto più importante di tutta la mitologia finnica, dalla forgia del Sampo nella Kivimaki(1) (la collina rocciosa) e alla contesa del Sampo sul mare. 
Mentre gli eroi sono maschili, la magia e la landa desolata dell'occulto, è a completo appannaggio delle creature femminili, in particolare della strega Lohui, col naso ricurvo e capace di trasformarsi in rapace, con una figlia di una bellezza divina, superiore a qualsiasi fanciulla di Kalevala, dove Kalevala si delinea come la terra abitata dai maschi, dai guerrieri, dalla predominazione, mentre Pohjola ne è quasi nemesi, dove il sacro femminino è forse rimasto intatto rispetto agli attributi che incarnava nei culti preistorici. 
Si potrebbe azzardare a un accostamento (del tutto personale, si specifica) tra la signora di Pohjola e la signora dei Vani, Frigg/Freya dato che, entrambe, hanno il loro esercito di ancelle, assimilabili, forse anche nel primo caso, a una sorta di valchirie: donne rapaci, signore della morte e dell'oscurità. Pohjola è un reame femminile, che divora gli uomini, contestualizzabile nel tema tipico della letteratura medievale dove, in diverse culture, come quella russa, sciita, turca e svedese, si parlava di terra feminarium similmente a quella abitata dalle Amazzoni del popolo dei Wizzi. Secondo Adamus Bremensis in questa terra femminile il dio cristiano era del tutto sconosciuto, al suo posto erano venerati (esclusivamente dalle donne) solo serpenti e uccelli. 
Qualcuno ipotizzò che tale landa magica ed occulta fosse la Finlandia stessa, ma è ovvio che tale reame non ha una collocazione storica, purtuttavia è colonna portante di quel credo preistorico delle madri preindoeuropee, venerate nell'era della Roccia Madre - termine coniato dalla studiosa Luisella Veroli - sotto forma di serpentesse o madri ornitomorfe. Rimane che, Pohjola, è la terra da cui si originano i venti freddi, è un Aldilà, che trova corrispondenze anche in altre mitologie nordiche oltre che nella celebre isola delle sacerdotesse di Avalon, soprattutto per la presenza del cigno che accomuna il ciclo bretone e quello kalevaliano: nel Kalevala il cigno è associato a Tuonela, regno dei defunti menzionato nel sedicesimo runo; ed anche nella mitologia celtica è legato a racconti in cui nel cigno vive una fanciulla mutaforma appartenente a entrambi i mondi: quello dei vivi e quello dei morti.

“Da Nordest arrivò il vento,
da occidente spinse l'onda,
gettò il vecchio Väinämöinen
verso l'oscura Pohjola,
dove l'uomo è divorato
e l'eroe viene affogato”.
Lönnrot, 1835, RUNO 2, vv. 31-36


Mitologia vichinga e ipotesi di una origine scandinava dei Runot
La Guerriera Berserkr finlandese dalla Pelle di Orso

Si domanda così Juha Pentikäinene se i viaggi di re, eroi e dèi nelle mitiche terre boreali, tipici dell'epica vichinga, fossero proprio viaggi a Pohjola, la landa delle donne dimenticata per secoli tra i versi dei runot che ancora non era stati trascritti sulla carta e, pertanto, insondabili?”.
Per quanto l'ipotesi di una origine scandinava dei runot alla base dell'epopea del Kalevala sia stata sventata dalle attinenze storiche, è vero purtuttavia che le due Edda e l'epica baltofinnica contengono, entrambe, elementi arcaici di miti un tempo comuni alle aree artiche e subartiche. Ci sono inoltre molte corrispondenze tra i viaggi boreali di Odinn, e gli eroi kalevaliani Väinämöinen e Lemminkainen. Le ballate scandinave che narrano delle storie di viaggi a Trollebotten, la mitica regione settentrionale dove gli eroi si recano per trovare misteriosi oggetti, buona sorte e prosperità, oltre che fanciulle di fattezze rare tenute prigioniere da streghe e Troll, potrebbero essere un altro volto della stessa Pohjola.
Anche le Fornaldarsǫgur islandesi contengono storie di viaggi a Bjarmaland, altra terra semi-mitica forse assimilabile a Pohjola. La collina rocciosa del Kalevala situata a Pohjola, la montagna cosmica detta Kivimäki o Kipumäki, la collina del dolore, può essere, secondo le fonti, in qualche modo assimilata al Niflheimr dei vichinghi, il ghiacciato deserto di desolazione governato dalla dea Hel, a cui è necessario accedere per ottenere conoscenze di tipo sciamanico: questo è, senza dubbio, un fatto che unisce eroi vichinghi e finnici sotto uno stesso cielo mitico. 
Il Ciclo finnico del Sampo e la Bósa Saga sono in effetti molto simili, soprattutto per l'attacco del Flugdreiki, o drago volante, che ricorda le metamorfosi spaventose della strega Louhi, nonchè Signora dell'Isola di Pohjola. 
Un altro elemento comparativo tra l'epica finnica e quella vichinga si evince dal monumento della Vergine di Finlandia, allegoria femminile del paese dedicata a Johan Ludvig Runeberg, 1885. Lo scultore Walter Runeberg (1838-1920) ha voluto raffigurare la fanciulla con una pelle d'orso. Il riferimento non è solo ai riti dell'orso della tradizione sciamanica baltofinnica, ma anche alla tradizione scandinava dei guerrieri berserkir. L'artista, finno-svedese, ha voluto rendere omaggio anche alle radici vichinghe.

 

Gli incantesimi femminili del bestiame e il siderale melodramma rituale dell'orso
L'orso divino e la stella polare

Nella vicenda del Kalevala, in cui Väinämöinen, eroe saggio e scaldo divino nato dalla Vergine dell'aria Ilmatar, il fabbro Ilmarinen, che rappresenta l'eterna ingegnosità e che ha forgiato il Sampo, e il guerriero seduttore Lemminkäinen, simbolicamente il lato guerresco e sensuale dell'uomo; lottano contro la Grande Louhi, per il possesso del Sampo, viene a galla uno dei poteri fondamentali della Grande Signora di Pohjola. Menzionata nel Kalevala, precisamente nel Runo 28 del Vecchio Kalevala e nel Runo 46 del Nuovo Kalevala, è infatti l'abilità di incantare gli animali, in particolare l'orso, a cui comanderebbe di sbranare il bestiame degli avversari poiché a causa loro il mitico Sampo si è infranto sulle spiagge di Kalevala. 
La formula magica recita:

Vielä muistan muunki keinon,
toki toisne tien osoan:
nostan karhun kankahalta,
korvesta koverakouran
päälle Väinölän elojen,
Kalevalan karjan päälle”.


Io ricordo un altro mezzo
trovo ancora un'altra via:
mando l'orso nella landa,
dalla selva il curvo-artiglio,
contro il gregge di Väinölä
e le mandrie di Kaleva”.
Lönnrot, 1849, RUNO 46, vv. 11-16

Definito anche karhulaulunäytelmä, ossia melodramma rituale dell'orso; che si conclude con l'uccisione dell'animale ad opera di Väinämöinen con l'aiuto di Ilmarinen che forgia una lancia incantata. 
Nella trama, l'uccisione viene però mascherata da Väinämöinen (per timore della punizione divina, dato che l'orso era considerato sacro) come una avventura amorosa dell'eroe che verrebbe così coperto dalle figliolette della selva, una sorta di ninfe dei boschi figlie di Tapio(1), dio della foresta, e probabilmente di sua moglie Mielikki; che potremmo immaginare simili alle vicende erotiche di del dio Pan. 
Nel nuovo Kalevala viene celebrata una festa in onore dell'orso abbattuto, di cui l'uccisore, Väinämöinen, ha il compito di rimembrarne il synty (nonchè il concetto di nascita in finlandese) e le sue gesta con un canto. Le origini di tale rito sono probabilmente siderali, come il nome antico con cui veniva chiamato l'animale, otso
Tale festa con complesso rituale magico annesso, veniva celebrata in Carelia, in Finlandia orientale e centrale fino al XIX secolo, e nel XX secolo si è ancora preservata la memoria degli alberi sui quali, terminata la celebrazione, veniva posto il cranio dell’orso (1). Gli stessi versi, presentati nel Kalevala come rito d'uccisione, venivano poi, nel XIX secolo, cantati non più quando ci si nutriva della bestia, ma allo scopo di proteggere il bestiame lasciato al pascolo a primavera. Tale invocazione si concludeva con le seguenti parole, che celano le origini divine che i finni attribuivano all'orso, protettore di tutti gli altri animali: 

“Da lassù nel mondo è sceso, con la culla tutta d'oro e d'argento la catena
Suomen kansan vanhat runot, vol. VII, tomo 5, canto 3931.

Si credeva, con ogni probabilità, che l'orso fosse un prodotto divino della stella polare, nonché dell'Orsa Maggiore, calata sulla terra. Simili leggende sull'orso disceso da una catena d'oro, sono state ritrovate nelle aree artiche e subartiche, così come in altri popoli ugrofinnici tipici della Siberia occidentale. Ad ogni modo, solo effettuando il rito di ringraziamento in nome dell'orso ci si poteva ingraziare i favori del reame silvestre dei guardiani della foresta,Tapio e Mielikki i quali, altrimenti, si sarebbero vendicati sugli uccisori.

 

Il Mondo Nordico della Pietra, Emmu la Madre Orsa e il re dorato del bosco

Il mito dell'orso potrebbe essere molto più antico di quanto si pensi e risalire a tutto il mondo nordico dell'età della pietra. Secondo lo studioso Martti Haavio, la madre antenata Emmu ( assimilabile a una grande madre nordica) si sarebbe trasferita sull'Orsa Maggiore, dove provvederebbe lei stessa alla reincarnazione degli orsi uccisi, protagonisti del dramma rituale dell'orso precedentemente illustrato, e quindi non morirebbero per davvero durante la caccia, ma passerebbero ad altra forma di vita. 
I Sami Kolt, e forse anche i finlandesi e i careliani si consideravano figli di un accoppiamento avvenuto tra una donna e un orso(1), tradizione, naturalmente, cancellata dal cristianesimo. Anticamente, la festa veniva anche chiamata matrimonio dell'orso, probabilmente per questo motivo. Notevole il fatto che il funerale di un orso veniva fatto coincidere con il suo matrimonio con la morte. Gli antichi finni utilizzavano, spesso, la stessa parola per definire dicotomie di gioia e dolore, significando una meravigliosa allegoria dell'armonia di opposti che si canalizzava nei riti sacri di morte e rinascita. 
Sia in Lapponia che in Carelia, dopotutto, si narrava che gli sciamani e le sciamane, avessero la capacità di trasformarsi in orso, considerato alla stregua degli esseri umani, nonché chiamato il re dorato del bosco.

 

Il finale cosmogonico e il suicidio di Aino, la fanciulla che sposa Vellamo, la Dea delle Acque

Nel nuovo Kalevala avvengono ben quattro suicidi (ciò, probabilmente, influenzato dalla letteratura romanticista europea in cui nasce l'opera finale). Di rilievo è la trama del trentunesimo runo dove Aino, sorella di Joukahinen di Kaleva, promessa in sposa a Väinämöinen contro la sua volontà, anche incitata dalla sua stessa madre; si getta in mare fondendosi alle acque di Vellamo, la dea finnica delle acque, piuttosto che rinunciare alla sua verginità per un matrimonio imposto. L'etimologia di Aino deriva da ainoa, che sta a significare l'unica e sola, forse perchè non aveva sorelle o, forse, secondo una interpretazione personale, perché è colei che sceglie di morire da sola piuttosto che andando in contro a un destino di infelicità dettato dalle regole patriarcali secondo cui una donna debba necessariamente sposarsi. In effetti, anche detta Vellamon Neito, ossia una vergine delle acque, è colei che sceglie l'acqua come unica coniuge.

 

Il suicidio di Väinämöinen e la Ierofania dal grembo di Marjatta
Lo spirito del paganesimo finnico perduto e il potere mortale delle donne finniche

Anche il finale cosmogonico, che prevede un suicidio o fusione con la natura di Väinämöinen, ci racconta di quanto l'eroe mitico finlandese, nonostante gli aiuti ricevuti dai suoi due compagni e/o nemici, Lemminkäinen e Ilmarinen, si imbatta in pericoli mortali ed in molte sfortune, ogni volta che incroci una donna e cerchi di sedurla e possederla. 
Sembra che, nel Kalevala, si celi una sorta di aura apotropaica intorno al femminile sacro, davanti al quale, anche il più potente degli eroi o semidèi, ad un certo punto si piega, lasciando il posto alla donna ed al suo grembo gravido. 
Mentre l'eroe si allontana all'orizzonte di Kalevala, infatti, lascia tutta la sua eredità al prodotto del seno di Marjatta, ingravidata per ierofania, per aver ingerito un mirtillo. Solo in alcune versioni del canto, Väinämöinen risulta essere il padre del piccolo; interpretato da alcuni come l'anziano che ciclicamente lascia il posto al bambino (similmente al ciclo Re Quercia/Agrifoglio argomentato da J. Frazer ne Il Ramo d'Oro) ed accostabile al mito femminile tipico della mitologia celtica (Cailleach la Nera/Brigid la bambina dell'alba) ma, in un contesto forse meno piacevole ma concreto, potrebbe rappresentare il desiderio di Lönnrot di raccontare la progressiva ed ormai inevitabile sostituzione del paganesimo con il cristianesimo, dove il bambino di Marjatta sembrerebbe contestualizzarsi in un parallelismo con Gesù in seno alla Madonna e Väinämöinen incarnerebbe lo spirito del paganesimo che si allontana per sempre, forse, per rifugiarsi in quella terra del Nord da tutti  ambita e nutrita nel soffio di un sogno nordico, ormai lontano ed irraggiungibile...

 

Elementi di antroposofia e la via della saggezza kalevaliana

Il movimento teosofico su cui è stata fondata la Società Antroposofica di Rudolf Steiner(1), ha dato particolare rilievo ai contenuti del Kalevala, tanto è vero che grazie alla diffusione nelle sue lezioni, dopo l'inizio della Prima Guerra Mondiale, il testo venne incluso nel corpus dei testi antroposofici; basati sulla premessa che, durante il corso della storia, l'umanità ha distorto il significato dei simboli archetipici e, pertanto, lo studio e la ripetizione di determinate forme di culto o di qualsivoglia religiosità o spiritualità, da soli non sono sufficienti a comprendere l'antica voce delle antenate e degli antenati che, proprio come Pohjola o come Avalon, può essere raggiunta, compresa e riconosciuta come propria e come vera, soltanto attraverso un cammino nello spazio interiore; un sentiero non battuto, che può essere rivelato soltanto da quella voce, nel profondo silenzio della nostra anima vigile ed attenta a coglierne il canto assopito e profondo. 
La rivelazione del mondo spirituale antico è possibile solo attraverso l'esercizio e lo sviluppo interno(1). Secondo Steiner, solo trovando la voce di una tale scienza spirituale dentro di noi, possiamo comprendere i finlandesi ed i loro estatici trascorsi, non c'è scorciatoia.
L'unico modo che ha il Kalevala – così come ogni altra mitologia antica – di prendere vita veramente, è attraverso l'esperienza interiore che ne facciamo e con il grado di consapevolezza con cui la portiamo nel mondo.
 Se il Kalevala fosse già esistito durante il paganesimo, che valore avrebbe avuto per i finlandesi? Non vi si sarebbero rispecchiati, vedendovi i loro migliori sforzi, la loro eterna essenza? Non avrebbero cercato in esso consolazione e consiglio per lo spirito, gioia per il cuore, pace per la coscienza?(1). Senza dubbio. Il Kalevala, se non fosse giaciuto, assopito, tra i frammenti degli antichi canti orali, e fosse diventato un corpus letterario ben saldo molto prima del periodo romantico, sarebbe stato una Bibbia per loro, un libro sacro, poiché sacri (e veri in quanto significativi e funzionali per l'anima finnica) sono i suoi contenuti. 
E allora perché non potrebbe esserlo oggi, per noi? Perché non potremmo avvicinarci al kalevala come a un testo sacro? Questo affermava Pekka Ervast tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, occultista e teosofo finlandese
Proprio come l'opera di distillazione e raffinazione alchemica della materia grezza originaria che abita l'interiorità, così la teosofia ci insegna che, dopotutto, la vera isola di ricchezza che andiamo cercando si trova nell'anima. Il Sampo, come il Graal; altro non è che la raffinazione di quel segreto atavico di solenne prosperità interiore, la sapienza segreta che i saggi e le sagge originali dell'umanità portarono con sé altrove, occultandola ad un mondo che prese la direzione della competizione e del patriarcato prevaricante e preservandola in un mondo altro. 
La battaglia per il Sampo, così per il Graal, potrebbe essere quindi la ricerca della conoscenza e della forza, l'accorgersi di possedere già, dentro di sé, gli elementi di quella pura magia che tanto i saccenti del nostro tempo ricerca al di fuori.

 

La lunga notte artica e le origini artiche del culto della luce
L'anno della luce e l'anno dell'ombra

Il culto della luce di cui tutta la tradizione pagana indoeuropea è intrisa potrebbe avere origini artiche, al netto delle ipotesi dell'astronomo Bailly citato nel Ramo d'Oro di James G. Frazer: è una coincidenza che il concetto di lunga notte artica, ossia di un periodo dell'anno buio, morto, freddo, che vive e proviene da una landa dimenticata oltre le nebbie, a cui si faceva fronte, in tutte le forme di paganesimo europeo, con riti propiziatori della luce; soltanto nelle regioni artiche abitate dagli antichi finni, fosse effettivamente vissuto come un dato di fatto? 
A Bailly venne altresì spontaneo pensare che, in un luogo dove la luce scompariva effettivamente per metà dell'anno, potesse aver avuto origine un culto volto alla ricerca della luce, del calore del sole. Secondo gli studi di Janet Farrar e Gavin Bone nei paesi anglofoni vi sarebbero state ancora intorno agli anni Settanta delle streghe che credevano nella divisione dell'anno solare in due parti: una sotto l'egida dell'ombra e una sotto l'egida della luce. Anche Santa Lucia o Lussi – della quale si è argomentato ampiamente nelle precedenti ricerche di questo sito – la portatrice di luce identificata nella santa siracusana nata da un sincretismo con radici quasi sicuramente preindoeuropee e germanico/norrene, è la propiziatrice della luce per eccellenza, ed in effetti il suo culto è tutt'oggi particolarmente osservato nei paesi nordici, Finlandia compresa...

 

Joulupukki, alle origini di Babbo Natale
Ipotesi e riflessioni di Bianca

Secondo quanto studiato e proposto su questo sito, potrebbe esserci proprio il volto della Dama Bianca alle spalle della leggenda di Joulupukki, il cosiddetto Babbo Natale finnico che, etimologicamente, significherebbe capra dello Jól, probabilmente dal norreno Hjól, che significa ruota, in riferimento alla ruota dell'anno antico e che incarnerebbe lo spirito delle due capre che guidavano la slitta del dio Thor nella mitologia scandinava. 
Interessante notare gli attributi di Lucia in questo: Joulupukki, nel tipico contesto dicotomico delle leggende natalizie/solstiziali, portava, sotto forma di capra, doni ai buoni e punizioni severe ai cattivi. Tipico elemento di rilievo in tutte le leggende che riguardano la Befana, nondimeno identificata dai fratelli Manciocco nella grande antenata neolitica; ma anche assimilabile alla Dama Bianca, Lucia/Lussi, nota anche nei panni della Strega Berchta o nella figura folclorica di Frau Holle, Holda, Madre Hulda; a sua volta evocativa della filatrice Frigg e alle sue ancelle. 
E se le capre trainate nelle lunghe notti d'inverno (forse proprio le Dodici Notti che seguono la tradizionale anglosassone Notte della Madre del 24 Dicembre), da cui Joulupukki deriva la sua etimologia, fossero proprio eredità del selvaggio corteo selvaggio con cui Berchta, anche chiama signora delle bestie selvagge, scende dalla sua dimora di neve dal freddo Nord? (Chissà, forse, comparabile anche alla stessa nebbiosa landa femminile e dei morti di Pohjola!).
Del resto, il segreto contatto tra i runot finlandesi e la mitologia scandinava, ovvero ancora con le tradizioni germaniche preindoeuropee, intrecciati tra loro in diverse saghe e leggende vichinghe, non esclude tale ipotesi. I folletti al cospetto di Berchta, e di quella che con tutta probabilità è stata la prima e vera marcia selvaggia della tradizione germanica (secondo me solo in un secondo momento attribuita a Wotan/Odino) sono infatti le Truden, assimilabili a incubi: curioso che il nome di una delle Valchirie che marciano selvaggiamente sia Thrúdhr, che significa donna o forza (cfr. 15, p.75).


Le Cantrici dei Runot kalevaliani

Marina Takalo, Mari Rempsu – originarie della Carelia del Mar Baltico – e Valpuri Vohta - che proveniva dall'Ingria Estone - erano esuli, rifugiate di guerra, emigrate in Finlandia o in Svezia; perlopiù inconsapevoli di essere ciò che erano: le cantrici che avrebbero reso possibile il lavoro di Lönnrot. Per loro il canto era semplicemente una valvola di sfogo, ma anche una ragione di orgoglio culturale e di stima in seno alle loro comunità di emigranti. 

Disse Marina Takalo con soddisfazione: oggi, nessuno mi tratta più come uno zerbino (1).

E guarda, abbiamo creato i canti:
sono parte di noi
sono figli della gioia e della pena,
della notte e del sole.
S'affrettano sulla via della tramontana
verso i brindisi degli dèi.
Noi, misere, li adorniamo
per farli risuonare d'oro.
Unohdetut runoilijat, I Poeti Dimenticati, in P. Mustapaa(p.155), Martti Haavio, Kootut runot, 1948. Traduzione di Vesa Matteo Piludu (1)


Elsa di Arendelle e lo sciamanesimo artico
Una chiave di lettura personale

Ne ho avute di avventure
non puoi tentarmi tu
ma forse un viaggio nell'ignoto
è ciò che voglio in più
è ciò che voglio in più.
Elsa di Arendelle, Frozen II

Il viaggio nell'ignoto, verso la magica terra ghiacciata del Nord, nonché la chiamata interiore che sente Elsa di Arendelle, nel celebre cortometraggio firmato Dinsey, ad opera di quella voce sconosciuta che proviene da un fiume di ghiaccio, il fiume delle memorie chiamato Athohallan; potrebbe rappresentare il richiamo alla vocazione sciamanica della fanciulla a quella terra artica che possiede molti dei connotati di Pohjola (che Lönnrot , fra l'altro, indicava proprio come un fiume magico). Dopotutto, Elsa scopre di essere l'ultima custode della magia ad Arendelle e nel film ha un ruolo essenzialmente mercuriale nel mediare tra Arendelle (che potremmo immaginare come Kaleva, la FInlandia)  e Pohjola, nel cartone chiamata Terra dei Northuldri, dove risiede lo spirito della defunta Madre di Elsa (che potrebbe essere la strega Lohui) che ha punito Arendelle togliendole il dono della Magia, rimasta canalizzata solo nella fanciulla acquatica che ha il compito di ristabilire l'equilibrio e rimediare al danno subito molto tempo prima, quando la vita della sciamana venne spenta a causa della prevaricazione che gli uomini di Arendelle infliggevano al popolo magico e alle loro terre.
Elsa, in fin dei conti, sceglie di ritornare alla sua natura originaria e selvaggia, mantenendo la sua natura admete e abbandonando Arendelle per accedere all'eternità del segreto della terra del Nord – che potrebbe rappresentare l'accesso alla mitica isola di Pohjola. Il tema comune è senz'altro quello di una magia femminile che punisce il cieco eroe patriarcarle in cerca di espansione, ricchezza e potere, pronto a uccidere e deturpare la natura per soddisfare il suo ego.

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Coordinate geografiche e glossario di riferimento

I Mari di Kalevala

Il Mar Bianco è il mare laterale del Mar Glaciale Artico, un mare considerato interno ed attualmente appartenente allo Stato della Russia.

La Fennoscandia

Con Fennoscandia si intende la regione comprendente la penisola scandinava, la Finlandia centro e sud orienale, la penisola di Kola e la Carelia. Essa può essere considerata come una penisola maggiore collegata all'Eurasia tramite lembi di terra tra il Mar Bianco e il Lago Onega, tra questo e il lago Ladoga, e infine tra quest'ultimo e il Mar Baltico con la sua diramazione del golfo di Finlandia. La Fennoscandia è inoltre circondata a nord dal Mare di Barents, a nord-ovest dal Mare di Norvegia e a sud-ovest dal Mare del Nord. Un termine simile ma non propriamente sinonimo, usato nei paesi germanici, è Norden, ossia territori del nord che generalmente include anche l'arcipelago danese, lo Jutland, le Isole Faroe e l'Islanda, identificando così i Paesi nordici. Culturalmente, la Fennoscandia identifica l'area in cui vivono popolazioni scandinave, sami, finlandesi e russe.

I popoli ugrofinnici e uralici

Il termine popoli ugrofinnici indica le popolazioni eurasiatiche appartenenti al gruppo ugrofinnico della più ampia famiglia linguistica uralica. Ne fanno parte i sottogruppi degli ugrici, dei finnici del Baltico, dei finnici del Volga, dei permiani e dei sami. Gli ugrofinnici sono distribuiti lungo un territorio che va dal Bacino Pannonico, in Europa centro-orientale, alle regioni artiche della Scandinavia, dal Mar Baltico alla Siberia. Un numero considerevole di questi popoli vive nel territorio della Federazione Russa, anche se quelli più consistenti in termini demografici sono gli ungheresi, i finlandesi e gli estoni. Alcuni popoli ugrofinnici (izoriani, livoni e voti) sono prossimi all'estinzione. Il gruppo dei popoli ugrofinnici è collegato a quello dei popoli samoiedi, stanziati nell'estremo nord della Siberia occidentale. Insieme i due gruppi compongono la famiglia dei popoli uralici.

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Note

(1) La Mitologia del Kalevala, Juha Pentikäinen , Edizioni Bifröst, Vocifuoriscena, 2013, Edizione Italiana tradotta e curata da Vesa Matteo Piludu
(2) Le Dee Perdute dell'Antica Grecia, Charlene Spretnak, Casa Editrice Le Civette di Venexia, 2010, Traduzioni a cura di Laura Violet Rimola e Alessandro Zabini

Bibliografia e Sitografia di Approfondimento

(1) Sulla figura ancestrale delle creature acquatiche femminili provenienti dalle mitologie di tutto il mondo, e delle zone d'interesse citate nella ricerca, si consiglia Atlante Delle Sirene di Agnese Grieco, Viaggio Sentimentale tra le Creature che ci incantano da Millenni, Casa Editrice Il Saggiatore, 2017
(2) Per gli approfondimenti sui principi dell'alchimia citati nel testo si consigliano Psicologia e Alchimia di Carl Gustav Jung, Casa Editrice Bollati Boringhieri, 2007 e Corpus Hermeticum, a cura di Valeria Schiavone, BUR Rizzoli Edizioni, Classici Greci e Latini
(3) Per approfondire il tema del daimon e della conoscenza del sé antico si consiglia caldamente Il Codice dell'Anima, James Hillman, Casa Editrice Gli Adelphi, 1997
(4) Per approfondire l'usanza di dividere l'anno pagano in due, ossia l'anno di luce e l'anno d'ombra, si consiglia The Inner Mysteries, Stregoneria Progressiva e Connessione con il Divino, Janet Farrar e Gavine Bone, Casa Editrice Brigantia, p. 171

Crediti illustrazione: Pinterest di artista ignoto/a

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