La Madonna della Neve di Suno e altre Madri Misteriose della Campagna e del Mattino

ESPLORAZIONI DI RICERCA

Chiesa di Madonna della Neve, Suno, Novara(NO), Piemonte

Oh le chiese piccoline,
Hanno ognuna, un amatore
che le viene a trovare
quando il vespero dispare
in un pallido languore”.

Elementi Architettonici, Storia della Chiesa e Testimonianze

La piccola chiesetta situata al largo della campagna sunese, in provincia di Novara, e costeggiata da una graziosa stradina che si chiama proprio Via Madonna della Neve; sembra versare in stato di semiabbandono, eppure non è così. 
Se ne prende cura Don Emilio, con la sua generosità e il suo buon cuore, avendo permesso la mia visita inattesa ed esercitato una apertura domenicale apposta per le mie ricerche, comprensiva di una gita eccezionale anche alla Chiesa Parrocchiale che si trova nel centro del paese, dove sono conservati affreschi tardo gotici che, originariamente, si trovavano all'interno della piccola chiesetta campestre. 
Essendo stata vittima di furti, probabilmente si è pensato di proteggere alcune opere, occultandole nella sacrestia della parrocchiale che fortunatamente ho potuto visitare. 
La chiesa della Madonna della Neve è una struttura tardo gotica, orientata a navata unica, probabilmente sopraelevata con cappella presbiteriale articolata ad Est (come sovente accade, dato che questo tipo di chiesette, sorgono spesso su luoghi di culto precedentemente pagani, che si orientavano verso la luce del sole per via dell'antico culto della luce che riguardava tutto il territorio europeo).
Gli elementi strutturali, i contrafforti angolari, archi a sesto acuto e copertura a crociera gotica della cappella sono in laterizio. 
I muri perimetrali presentano un tessuto murario in ciottoli e laterizi a spina di pesce alternati da corsi orizzontali di mattoni, caratteristici del nostro territorio nella seconda metà del XV secolo(1). 
Sulle vele della volta ci sono i tipici quattro padri della chiesa mentre sulle pareti sono rappresentate le storie della vergine; che vanno lette dalla parete Nord con lo sposalizio di Gioacchinio ed Anna, la cacciata di Gioacchino dal Tempio; nella fascia inferiore un episodio perduto, l’incontro di Gioacchino ed Anna alla porta Aurea. 
Nella parete sud vi è invece nella lunetta la presentazione di Maria al tempio; nella fascia inferiore si trovano invece la natività e l'adorazione dei Magi
Nella parete est si trova l’assunzione della Vergine e una pala fittile con madonna con bambino e santi, probabilmente di un pittore gaudenziano. 
Nel sott’arco busti di profeti e sulle pareti nord e sud della navata la vergine con il bambino e santi e sante(1). 

Da una descrizione testimoniata nel 1618“Ampia, isolata, sotto le tegole, di una sola navata: l'altare secondo la forma prescritta, in una cappella ampia e tutta ben dipinta. Le pareti sono da completare e da finire sulla facciata e il tetto da aggiustare”.

Da una testimonianza del 1628“Le pareti sono ben imbiancate e il pavimento di calce uguale: ha due porte di cui una laterale ma senza chiave né catenaccio. L'altare separato dalla parete, al posto dell'ancona è dipinta in un muro sostenuto dall'altare l'immagine della beata vergine Maria col figliolo e altri santi”.

Le figure femminili di rilievo

Le figure di rilievo e interesse per il nostro contesto e percorso sulle tracce della Dea Madre, incontrate all'interno della piccola perla di campagna, sono in effetti quella che Don Emilio ha confermato essere l'ufficiale Madonna della Neve, nonché la Madre della Neve e del riposo, situata al centro dell'altare, risplendente, luminosa, con fluenti capelli dorati e un mantello blu ricoperto di piccole stelle che sembrano proprio fiocchi di neve e la meravigliosa Santa Lucia, la portatrice di luce da cui l'Antro ha tratto la maggior parte delle sue ispirazioni.
Alcune madri, tra gli affreschi, tutti databili tra la fine del 400' e l'inizio del 500', erano purtroppo quasi invisibili, ma la mia attenzione è stata attratta dalla particolare raffigurazione di Santa Liberata coi due bambini.
La particolare presenza di Lucia che non solo ha confermato tutte le mie ipotesi sul collegando fra lei, la Madonna della Neve e del Latte, con la Dama Bianca di cui mi sono occupata nell'articolo di ricerca sulle origini della Madonna della Neve; è stata anche del tutto inaspettata, poiché, in effetti, tempo fa l'affresco originario venne materialmente strappato alla piccola chiesa per timore che venisse rubato e riposto all'interno della sacrestia della chiesa parrocchiale di Suno, dove Don Emilio mi ha gentilmente scortata per poterlo ammirare: la sua raffigurazione rivela la sua innata e tanto sofferta conoscenza interiore, nata dall'aver rifiutato di concedersi a uomini che non vibravano alla sua stessa frequenza e per questo torturata col fuoco e pugnalata alla gola, per aver difeso, fino alla morte, la sua vergine libertà femminile.
La sua origine primigenia, ad ogni modo, come spiegato nelle mie ricerche sul Natale e l'Epifania nel loro contesto più antico e puro, potrebbe essere preindoeuropea e germanico/norrena, legata alla Dama Bianca, come detto, e alla Triplice Grande Madre dei Vani, Suprema Madre del Nord Frigg/Freya che in principio, prima della manomissione del patriarcato indoeuropeo, erano la stessa Dea, e alla quale Lucia/Dama Bianca è quasi senza ombra di dubbio assimilabile.

Il Respiro Pagano della Campagna

Ogni dettaglio del territorio della piccola costruzione campestre, conserva il respiro di un culto agreste precedente e primitivo rispetto alla cristianizzazione del sito
Anche la presenza dell'antico pozzo, ormai fuori uso, richiama un motivo campestre solito a tutte quelle chiesette dedicate alle Madonne del Latte, della Neve, spesso conosciute con epiteti come Madonne di Campagna, delle Grazie o dei Miracoli; dislocate sul territorio padano che, un tempo, era parte della Gallia cisalpina e che forse potrebbero essere state collegate fra loro proprio dalle acque: le fonti d'acqua sacre sono un elemento fondamentale dell'antico culto pagano (prima celtico, poi romano) sepolto tra le ceneri occultate dalla venuta del cristianesimo. 
Sono le antiche acque della conoscenza e saggezza del sacro femminino, affluenti del cuore pulsante di una madre sotterranea e acquatica, che probabilmente era proprio la dea Brigid/Belisama, la trina madre celtica dei fuochi e delle acque, sostituita dai romani con Minerva e, di fatto, associata alle fonti e ai miracoli del nutrimento come il famoso latte di Brigid.
Ma un altro elemento di rilevanza è che ognuna di queste Madri campestri potrebbero tutte quante celare il volto delle Matronae, venerate nella nostra ex Gallia cisalpina, alla base del cui culto c'è con tutta probabilità la dea preromana Diana della vegetazione e della luce che altri non è che una forma della Dama Bianca, in cui vive il doppio Hexe Perchta/Lussi e/o Santa Lucia, con le quali condivide attributi, luoghi di culto e significato etimologico, discusso nelle numerose ricerche dell'Antro dedicate alle dee di luce e fortuna.

La scultura esterna alla chiesetta, di datazione ottocentesca, che rappresenta la Madre della Neve, della campagna, del nutrimento delle radici e della vegetazione, suggerisce in effetti che ci troviamo sulle tracce di quello che potrebbe essere stato un reale e concreto culto campestre di una madre preindoeuropea onnicomprensiva, della vegetazione, della luce, del tempo atmosferico e del nutrimento.
Interessanti anche le tre colombe in cima al ceppo intagliato, spesso presenti nelle raffigurazioni delle Madonne del Latte tra le mani del bambino.
Secondo studi precedenti svolti da questo sito (dove trovate fonti e argomentazioni di rilievo, a sostegno di questo articolo) la Madonna della Neve nasconde il culto preromano della dea Vacuna (di cui nel 2019 è stato rinvenuto un santuario che ha posto le basi affinché ciò non sia più una ipotesi, dato che sorgeva nei pressi di Rieti, e proprio sui luoghi di maggiore culto ed origine della venerazione della madre campestre della neve).
Vacuna è etimologicamente legata sia al latte (vaccino) sia a vacuo (vuoto) nel senso di vacante.
Come sostenuto nella ricerca sopra citata, la Madonna della Neve è letteralmente da considerarsi una dea del riposo, del vagare ciclico nel buio della grotta dell'inverno dell'anima, l'unico luogo da cui possono nascere consapevolezza, luce e nutrimento, suoi attributi come delle Matronae, che essendo eredità delle Madonne del Latte, della Neve e le cosiddette Madonne di campagna o delle grazie e dei miracoli, sono tutte legate anche dal filo comune della simbologia della antiche madri del grano come la dea della Grecia primitiva Demetra, di cui immagini del culto sono emerse dai miei studi presso chiese di Madonna di campagna come quella di Verbania(VB), che altri non è che la Grande Dea Bianca Cardea, Danae di Argo, dalla quale si originò il culto delle sacerdotesse Danaidi (presenti, guarda caso, sia nella mitologia greca arcaica che in quella britannica!) e da cui sembra aver tratto il suo nome primitivo proprio la Britannia poiché, sotto le spoglie della Bianca Danae, si cela la stessa Cerridwen (Cerr sta infatti per maiale, era la scrofa bianca dei celti, dalla stessa radice della parola spagnola cardea).
Un altro dettaglio agreste rilevante è quello del simbolo della pannocchia, che stava appesa insieme a delle piccole pergamene contenenti delle preghiere nella cappella esterna alla piccola chiesa: il mais - così come l'orzo ed il grano - la prova che nell'inconscio collettivo delle genti di campagna vibra ancora la consapevolezza che questo luogo un tempo venerava una dea del nutrimento, della crescita, della vegetazione, della fioritura e dell'abbondanza come la greca arcaica Demetra, come abbiamo visto intimamente connessa alle Madri del Latte, della Neve e della campagna per attributi, luoghi di culto e significati.

La Mater Matuta e i Matralia: oltre il velo di Santa Liberata

Un elemento di spicco tra gli affreschi femmili all'interno della chiesa è la madre con in braccio non uno, ma due bambini, gemelli a colpo d'occhio.
Don Emilio ha chiarito trattarsi della figura di Santa Liberata, sulla cui storia ci sono delle incongruenze nella tradizione, dato l'intrecciarsi di fonti storiografiche che la vogliono originaria della Penisola Iberica, di Como, di Pavia e oltre; anche se studi recenti e più accreditati sembrano avvallare il fatto che la martire fosse originaria della Gallia, precisamente nell'odierna Francia, e quindi nell'ex Gallia Transalpina, nella regione del Lot tra Tolosa e Bordeaux.
La sua data di nascita è avvolta nell'ombra, così come la maggior parte dei dettagli dell'origine del suo martirio, tuttavia colpisce la sua storia, secondo cui nacque da un parto gemellare di nove bambine, condannate ad annegare nel mare dalla loro stessa madre, ma salvate dalla levatrice che segretamente le battezzò e le affido all'educazione cristiana di una certa Sila, poi anch'essa santa.
A quanto pare furono tutte martirizzate dalla persecuzione dell'imperatore Adriano e secondo alcune storie Liberata si rifiutò di concedersi a un principe pagano in nome della sua verginità: venne uccisa per capitis abscissione, ossia con un colpo di spada alla gola o pugnalata. 
Sembra che quella della crocifissione sia infatti un clamoroso falso(2).
Al di là della storia, e al di là delle origini geografiche del culto, certo è che si parla di contaminazione iconografica, dal momento che la raffigurazione di Liberata coi due bambini sembra essere più pagana che cristiana e la conclusione che si può dedurre è quella di un sincretismo con il culto della Mater Matuta come quella di Capua, in Campania, o di altre divinità pagane femminili strappate alla loro origine e riproposte, come sovente accade, in chiave cristiana. 
Tale iconografia è infatti  attribuita sia a S. Liberata vergine o Liberata da Como sia a S. Liberata vergine e martire; ma non risulta difficile, nel contesto campestre in cui sorgevano le fondamenta del santuario, immaginare che proprio lì vi fosse un culto della madre, delle madri, le Matres/Matronae che secondo i qui presenti studi altro non sono che la vera eredità di tutte le madonne della neve, del latte e del nutrimento. 
Mater Matuta in italiano significa madre propizia, anche se l'etimologia di Matuta è ancora incerta e potrebbe anche significare "mā-tu-to‑", ossia mattinierio, mattino, oppure da "mā-tu-ro‑", maturo, pronto per il raccolto, come derivazione indoeuropea preromana: di fatto, il culto delle Matres, a cui con tutta probabilità anche questa Madre nascosta dal mantello di Liberata è assimilabile, risale alle Gallie dei celti, molto prima che giungessero i romani nel tentativo di vincerli e assimilarli. 
Secondo Plutarco, nell'antica Roma venivano festeggiati i Matralia, in onore della Mater Matuta, con ricorrenza 11 Giugno, a cui potevano partecipare solo le donne libere.
— Che vi sia un legame anche con la Iside Stella Maris, nondimeno con la Meteora Astarte, la dea celeste dei Semiti, e quindi una contaminazione tra la Madre del Mattino e la Stella guida dei marinai egizi e cananei?
Forse è proprio della Stella del Mattino, che si tratta: del resto, il mantello della Madonna della Neve di Suno, è adorno di stelle a otto punte. Come visto, la chiesa presenta anche l'affresco della natività con la apparizione (nondimeno la Epifania, e quindi la comparsa della Stella, la Befana, la custode del Fuoco Celeste) dei Re Magi... —.

La Madonna Preistorica di Gradac, La Sirena del Latte e Leucotea, La Madre Bianca delle acque primordiali
Excursus

Affianco alla piccola finestra volta a Ovest, che troverete nella galleria fotografica, ho notato subito una piccola conchiglia appesa proprio affianco all'entrata della piccola chiesa, che don Emilio non ha saputo motivare; ma non sorprende se si considera l'associazione di questa Madre Propizia lì conservata, alla greca Eos, o alla romana Aurora, che è sicuramente posteri rispetto le sue origini primitive, ma non lascia indifferente l'ipotesi che possa coincidere con la greca Leucotea, l'arcaica dea bianca della spuma del mare, una fra le pochissime figure divine femminili dichiarate come ingenerate, ossia presenti sin dai primordi, nelle acque materne primigenie.
 Se è vero ciò che affermava lo storico napoletano Antonio Silla, Le Madonne di Napoli (e la Mater Matuta sembra aver avuto un certo seguito a Capua, in Campania, dove la genìa delle sirene sembra essere stata predominante sin dalle origini) sono tutte Regine del Mare, reincarnazioni di forme antiche di Sirene. Il loro culto, oggi ancora, è più pagano che cristiano” e se è vero che sul soffitto dei Semidei del Pinturicchio(1490) conservato a Roma nel palazzo dei penitenzieri, figura una sirena che allatta un bambino, una sirena del latte” per così dire e, ancora; se si considera che le sirene primigenie  erano delle donne-uccello, poiché la coda di pesce venne nell'ottocento grazie alla letteratura romanticista e se possiamo assumere, di fatto, un collegamento inevitabile tra le Madonne del latte e quelle della Neve, del nutrimento, dell'orzo, della vegetazione, per tutti i motivi che abbiamo visto, e immaginare che in principio fossero tutte forme di un'unica dea onnicomprensiva dei loro attributi; nutrice primigenia (illuminante il tema della dea madre kourotrophos, ossia nutrice, che anima parallelismi tra statuette di area mediterranea, balcanica, elladica, danubiana e asiatica del periodo coevo, di cui l'esemplare più celebre è la Madonna di Gradac, della cultura di Vinca, Valle Morava del 5000 a.c. figurata nell'atto di allattare(3)) e se ci si ricorda, naturalmente, il profondo contatto  tra la Grecia e la Britannia primitiva che, come abbiamo visto, sono profondamente connesse dalla stessa Dea Bianca Danae, dal cui nome è stata realmente fondata la Britannia primitiva con il suo nome primigenio, dell'orzo, del nutrimento (Demetra) e del latte (Cerridwen) allora è possibile assimilare questa Mater Matuta (nascosta sotto al velo di Liberata) alle Matronae, le Madri, le dee nutrici più simili alla madre originaria dalla forma di uccello emersa dagli studi di Marja Gimbutas.  
Anche le sacerdotesse Danaidi sono una prova dello stretto contatto tra la Grecia arcaica e la Britannia, che sembrano aver assimilato le stesse figure archetipiche dal culto della Grande Madre che c'era prima, prima che i popoli indoeuropei la derubassero del suo originario corredo. 
Le Danaidi compaiono tra le fonti di entrambe le civiltà, non solo, ciò che accomuna i miti più remoti dei Greci, dei celti, ma anche degli Ebrei, è il fatto che tutte e tre le etnie, furono civilizzate da quella popolazione che essi vinsero e assimilarono. 
A conclusione, queste Madonne sono tutte una reminiscenza di una dea primigenia, sopravvissuta fino a noi attraverso figure come Iside, Demetra, Diana, Dama Bianca, Santa Lucia, Frigg/Freya (e le Dísir), che altro non sono che l'antico volto di una stessa Madre/Matrona, di cui tutte queste chiesette conservano un vagito lontano, la sensazione di essere avvolte da qualcosa di antico, segreto e, per sua stessa natura, insondabile fino in fondo.

Le dee della pace e del riposo

A Santa Liberata è attribuito il potere di allontanare i pensieri tristi e, per estensione, la capacità di liberare da ogni infermità o afflizione.

La tradizione cattolica la considera una figura portatrice di pace e di serenità (un sentimento evocato nei cristiani anche dalla Stella Maris, nondimeno Iside): non sorprende che, proprio Nostra Signora della Neve sia lei stessa eredità di una antica forma di dea del riposo, sia per via dell'etimologia della dea Vacuna, dalla quale con tutta probabilità discende, sia perché in tutte le leggende dolomitiche ed alpine che le sono attribuite, c'è il topos della sfortuna che cade su tutti coloro che, ignorando il comando della signora della neve, si ostinano a lavorare anche quando lei comanda diversamente, nel suo giorno di vacanza.


La culla

Don Emilio non nasconde la passione dei paesani nell'allestire, ogni anno, il presepe all'interno della piccola pieve; affermando che la culla col bambino rimane imbastita per tutto l'anno. 
Il tema della culla, della nascita, del nutrimento e quindi della lattazione, è l'emblema della campagna, di quel soffio dell'antica madre nutrice che qui abbiamo visto ampiamente. 
Una scritta, proprio davanti alla piccola capanna, figura in primo piano all'interno della chiesa e recita:

La culla non sarà mai vuota
il piccolo pane disceso dal cielo
non è stata una presenza effimera
ma è la concretezza della nostra vita”.

Ciò dimostra che ciò che anticamente veniva venerato e tanto atteso, non era un bambino, un uomo, nel senso che intendiamo oggi; ma letteralmente era il pane, il grano, il nutrimento, il frutto delle dee di raccolto, luce e buona fortuna: il frutto della Dea Bianca.

*****

Raccolta di Preghiere Alla Madre della Campagna, conservate presso la piccola Chiesa di Madonna della Neve

Su piccole pergamene conservate all'interno della cappella esterna della chiesetta di Madonna della Neve, recano le seguenti preghiere, che lasciano trasparire il vagito antico di una invocazione alla madre nutrice sempiterna della campagna:

Ora son tornato
alla Madonna di campagna.
Dieci anni son passati!
Ho visto la strada polverosa
che mi condusse da bambino.
Non c'eran più le viole fiorite
a profumare il mio cammino!
Una siepe di rovi spinosa,
un biancospino appassito
m'insanguinò la fronte.
Non sono più fanciullo;
giovane sono,
forte come un guerriero antico.
Desidero le vette
E mi trascina al fango la mia vita.
Stilla e geme la gelida ferita.
Lacrime amare!
Ora son giunto
alla Madonna di Campagna
come il cerbiatto ansante
corre alla fonte. 
Ho trovato un altare infuocato
un volto divino, sorridente,
un cero spento e un pane da consacrare.
Tratto da Squarci di Vangelo di Don Giovanni Cavagna.

*****

Oh le chiese piccoline
obliate tra il fogliame
cui non urgono le brame
de le chiese cittadine!
Queste vogliono i bei ceri,
grandi organi rombanti;
quelle godono dei canti
che a lor mandano i verzieri.
Hanno ognuna, un campicello
con tre croci umile e solo
c'è la notte il rosignolo,
la mattina c'è il fringuello.
Hanno ognuna, un amatore
che le viene a trovare
quando il vespero dispare
in un pallido languore”.
Autore anonimo

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Album fotografico
di Claudia Simone


























































San Placido monaco e martire benedettino

La Madonna della Neve



Santa Lucia inizialmente appartenente alla Chiesa ora solo disponibile in fotografia

L'originale affresco di Santa Lucia, conservato all'interno della sacrestia della Chiesa Parrocchiale di Suno


Santa Liberata coi due bambini, nonchè raffigurazione tardo gotica di una Mater Matuta, la Madre Propizia o Madre del Mattino di origine pagana



Porta murata presso la parete a Ovest della Chiesa

I quattro Padri della Chiesa tra cui Sant'Agostino


Madonna col bambino con volto inspiegabilmente strappato

La culla simbolo di Neve, Doni e Natale



Finestrella rivolta a Ovest e i primi raggi del tramonto


Il Pozzo antico



Galleria Fotografia dei Sincretismi

Santa Liberata che nasconde il culto pagano della Mater Matuta, Madre propizia o Madre del Mattino forse assimilabile al culto delle Matronae specifiche della Gallia Transalpina, dove peraltro Liberata nacque, in Francia. Conservata presso la Chiesa di Madonna della Neve di Suno, fotografia di Biancaspina

La Mater Matuta alle origini del culto di Liberata, conservata al Museo Archeologico dell'Antica Capua. Fotografia da Pinterest di autrice o autore sconosciuta/o

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Sitografia

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Crediti

L'Antro di Luce, ricerche dal 2018 al 2025. Portale di Magia, Culto Lunare-Dianico, Etimologia e Mitologia comparate. Studio della Tradizione, Fiabe e Leggende nelle loro versioni più pure e antiche. Sito web creato e gestito da Claudia Lucina Simone. Tutti i Diritti Riservati. La riproduzione anche parziale di qualsiasi contenuto senza il consenso scritto dell'autrice sarà punita secondo le norme di legge. Illustrazioni di Octonimoes, Deviantart.