Dopo gli studi precedentemente svolti sull'altare delle Matronae di Pallanza, conservate presso la chiesa di Santo Stefano(VB), a continuum del saggio di ricerca svolto su queste antiche madri dei boschi, venerate già in epoca preromana dalle genti dell'area della Gallia Cisalpina e Transalpina, collocate tra il I e il V sec. d.C.; di cui la metà dei documenti in lingua celtica e l'altra in lingua germanica; le Matronae Dervonnae (danzanti) o Matres (tipico delle aree germaniche) sono il corredo archetipico delle Madri per antonomasia, pressappoco in tutte le località con simile ceppo etno-linguistico; connesse per intuito, filologia e attributi specifici a figure folcloriche e mitologiche a cui sono con tutta probabilità accostabili ed assimilabili, come Frau Holle, Berchta (la nostra amata befana e antenata del focolare) la Diana preindoeuropea e proto-celtica e Frigg la triplice dea dei Vani (ognuna rappresentante il corredo, del tutto o in parte, della tanto amata Dama Bianca che anima L'Antro di Claudia, una figura femminile ombrello molto sentita nella area celto/germanica, sotto al cui riparo stanno probabilmente tutte le altre).
Le Matronae sono il volto più prossimo a noi di quella grande madre ormai assopita in racconti lontani e voci sommerse, ciò che di Lei (anche grazie al perdurare dei loro attributi nelle Madonne della Campagna come quelle del Latte e della Neve entrambe dette anche delle grazie) è rimasto presumibilmente intatto fino a noi, nonostante la logora veste cristiana che ne avvolge e confonde il volto delle origini.
Ecco perché cammino sulle loro tracce e condivido con gioia e profonda commozione le fotografie scattate al Museo di Antichità di Torino, nell'area archeologica sotterranea (ora inaccessibile al pubblico non qualificato per via del riallestimento).
In particolare si tratta delle Matronae danzanti di Avigliana, Biandrate, Carpignano e Vercelli; quindi tutte appartenenti al territorio piemontese dove un tempo erano stanziati i celti, preziosi antenati che hanno mantenuto intatta, in queste figure poi assimilate dal culto romano, l'eredità della madre primigenia.
Non è escluso che le stesse Madri ricordate nelle Dodici Notti di Natale (in tedesco Mutternächte) che vengono tradizionalmente collocate tra il Natale e la Epifania come retaggio di un culto femminile preindoeuropeo, fossero proprio le Matronae qui discusse.
Dopotutto, il Culto della Matrona (con tutta probabilità connesso alle Dísir, le guardiane della stirpe) durante le notti d'inverno (Vetrnaetr) è stato documentato anche nel Dizionario di Mitologia Norrena di Rudolf Simek.
Album fotografico
di Claudia Simone
di cui era intrisa la cultura celtica, poi assimilate dai romani.
fine I-II sec. d.c.; rinvenute su cocci di coppe.

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