Ove i riflessi cristallini dei baci del sole sulle acque, ondeggiano
sul bordo della banchina, accompagnati dal tipico suono romantico degli ormeggi;
sorge la dolce Sirena dormiente di Savona.
Il suo aspetto ricorda una descrizione
delle Sirene di Lago di D.J. Conway, ne il fantastico mondo delle creature d’acqua,
p.97: “sono le sirene più simili agli esseri umani per aspetto fisico. Queste
creature, non hanno coda di pesce; le sottili membrane fra le dita delle mani e
dei piedi sono quasi impercettibili, e raramente hanno scaglie su qualche parte
del corpo. Tranne che per una remota bellezza assai pallida, i loro visi sono
perfettamente umani. Si sentono talmente a casa propria sia in acqua che sulla
terra ferma, che spesso vivono per qualche tempo in mezzo agli uomini senza che
nessuno sia in grado di indovinarne la reale identità. Conoscono una magia
potente. Tuttavia, occorre fare attenzione a evitare i loro incantesimi di
fascinazione, perché possono attirare per sempre un essere umano nelle loro
acque...”
(…)
Si dice che alcune creature acquatiche, che abitano la terra,
“abbiano tutte una stella in fronte, un corpo che risplende di un bagliore
iridescente che proviene dalle loro scaglie dorate; con capelli d’oro fluente”.
Per essere, questa, la descrizione che lo scrittore fa delle «sirene di lago»
di retaggio europeo; che chiama anche, indistintamente, “creature acquatiche”;
la dolce sirena dormiente di vecchia darsena di Savona; è molto verosimile.
Analizzandola da un punto di vista teratologico, la
morfologia sembrerebbe anche quella di una sirena bicaudata – dato che è dotata
di doppiezza, avendo due arti, squamati e pinnati – ma essendo una opera
realizzata di recente; va da chiedersi se Giampaolo Parini, scultore albisolese
e autore della statua; abbia seguito una qualche filologia legata a una
concreta conoscenza delle creature acquatiche che sono parte del mito e della
leggenda del suo mare – che, a quel punto, potremmo ripercorrere – o se si sia
lasciato ispirare dalla voce del vento e delle onde fragranti, in totale
libertà stilistica (il ché, non sottrarrebbe dignità e verità al messaggio
dell’incanto misterioso di cui la “sirenetta di Savona” è detentrice e
messaggera).
Certa è a ogni modo, stando alle informazioni raccolte sull’artista;
la sua predisposizione al retaggio femminile, sacro e profondo, che sembra aver
animato tutta l’arte dello scultore.
Se la scultura del Parini non avrà in
alcun modo seguito i grandi dettami della rabdomanzia, con cui invece i nostri
antenati celti poi, etruschi prima, abili rabdomanti; utilizzavano nella scelta
della collocazione di uno spirito come quello di una sirena – che aveva
scopo di “Lari”, protettrici della soglia o di Axis Mundi, esattamente come i
Dolmen; nonché di connettere le correnti celesti alle correnti telluriche che
scorrevano nel magma della terra, segnandone i nodi sotterranei strategici;
tutt'oggi testimoniati dai numerosi capitelli presenti su chiese e pievi in
tutta Italia ed Europa – se non altro sarà stato guidato da qualcosa, o
«qualcuna», nel mettere al mondo la sua prodigiosa opera di femminilità e
incanto, dotata di una rara fattura, di questi tempi così lontani dal
riconoscere la meraviglia di un corpo femminile semplice, dotato di quella
naturalità che le «vergini arcaiche» ben conoscevano e sperimentavano.
Disse
Flavio Sguerso, padagogista di Savona, sul Parini: — Ricordo il suo tratto
garbato e semplice, ma anche il suo rigore, la sua serietà e il suo impegno
politico-sociale; il suo “fare” artistico
non è mai stato un mero esercizio formale, un estetismo fine a se
stesso, pur nell’eleganza classicheggiante
del suo stile figurativo; non per niente i suoi “nudi femminili”
richiamano più il Botticelli che Picasso o Guttuso e, nella scultura, fa
pensare più al Giambologna che ad Agenore Fabbri, si veda la Sirena dormiente adagiata vicino al mare
nel porto di Savona —.
Una sua mostra memorabile
è stata anche quella dedicata alle Dieci variazioni sul tema della
taranta; le variazioni su questa danza
rituale, sulla quale ha scritto pagine
mirabili Ernesto De Martino, sono molto piaciute a Nichi Vendola, il poeta politico allora presidente della Puglia, che
così le ha commentate: — Ballano a due a due le giovani donne ritratte da
Giampaolo Parini, racchiuse in abiti dai colori smaglianti, sollevati a giro da
incedere del cambio di passo del ritmo della musica che la muove… Il punto da
cui si parte è la sofferenza femminile che, nel tarantismo, si esprime come
esperienza di una doppia disuguaglianza, di classe sociale e di genere. La
forza delle tele dipinte ad olio da Parini è tale da consegnarci in una
immagine la vicenda di un lungo e complesso percorso, antropologico e storico,
di condurci a riflettere sulle ragioni della tradizione e della modernità,
della sacralità e della profanazione liberatrice —.
Sia le Matronae di origine celtica, che la dea Frigga/Freya
sopracitata, sono annoverate tra gli archetipi delle filatrici; naturalmente
connesse alla figura delle sirene che, alla stregua delle Parche, delle
Moire, e delle Nornir; filano il destino degli uomini; in tre, nella mitologia
romana e di dietrologia greca e in otto; nella cosmogonia platonica; dove
intessono il fato con l'armonia delle loro voci sovrapposte.
Volendo ricercare
un legame etimologico tra la regione ligure e le sirene; si ricordi poi che uno
degli epiteti del canto delle sirene è stato proprio «ligure aoide»: secondo una
concezione «invasionistica», i Liguri sarebbero stati in origine un
antichissimo popolo preindoeuropeo, mentre secondo gli studiosi più
“continuisti”, rappresenterebbero un antico strato diffuso nel II millennio
a.C. nell’area tirrenica.
Pure se non ci è dato avere una verità a tutto tondo,
dalle mie letture non emerge, in effetti; come usassero chiamarsi e definire
loro stessi; certo è che «liguri» sembrerebbe un termine con cui i Greci
chiamarono questa misteriosa etnia, quando partirono alla volta del Mar
Mediterraneo occidentale. Il termine ligure sembrerebbe connesso a “Loira”, il
fiume francese che verrebbe a sua volta dal latino liger, forse dal gallico
liga; che significa “fango o limo”; ovvero un tipo di sabbia. «Liga» deriverebbe
dalla radice protoindoeuropea leg(h)-, che significa “giacere”, come nella
parola gallese «Lleyg».
Se non sono una filologa, ma una arguta ricercatrice
animata dalla vocazione; e una profonda intuitrice, potrei azzardare
l’illazione per cui “ligure” sarebbe, in qualche modo, connesso a “Ligeia”, da
poco citata nella mia ricerca intitolata “Le Sirene, Miti e Rivelazioni dalle Origini” – che
non è solo il titolo di un racconto gotico che dobbiamo al genio di Edgar Allan
Poe – ma è anche sorella di Partenope e Leucosia; ab origine “muse”; compagne
di Persefone il cui mito venne introdotto sulle coste tirreniche dai coloni
greci che vi si stabilirono a partire dall'VIII secolo a.C.
La storia delle tre
sorelle, narrata dal poeta ellenista Licofrone; e a ogni modo la mito-logia
greca secondo cui Demetra le trasformò in sirene per punirle di non aver
protetto sua figlia dal ratto di Ade; sono
racconti di traccia patriarcale; posteri al vero mito primitivo di
Demetra e Persefone, che ho scritto e che trovate nell'Antro nella sezione La Via delle Madri; dove si argomenta che non c’è
alcun rapimento e che il mito avrebbe addirittura origini nella cultura egizia, nella
figura di Iside «sochit» o «sochet» (che significa campo di grano) madre dei
raccolti e recante anche epiteto di «stilla maris», poi latinizzato in «stella
maris»; che chiama il suo originario ruolo di stella guida nelle rotte dei
marinai egizi e cananei alla volta del Mediterraneo; parte di un mito della
stella guida già presente nella prima storia israelita nei panni della dea
Asherah; una forma di Astarte/Afrodite; che secondo alcuni studi sarebbe
associata alle Pleiadi; nonché – Astarte – stella cometa sposa di Adone, madre celeste
dei Semiti.
Se così fosse ella, come la sirena, sarebbe una versione cananea di
«Sopdet», la stella egizia che richiama gli epiteti di Iside madre e stella
sopraddetti, dea associata a Sirio, la cui elevazione eliaca indicava l'inizio
della stagione delle inondazioni ogni anno.
Questa connessione tra Asherah e le
Pleiadi converge saldamente Asherah all'ittita Ishara, che era la Madre dei
Sebitti, delle “Seven Stars”, le sette stelle sorelle che amo molto e sulle
quali mi sto concentrando da alcuni anni.
Ishara era la parola semita per dire
«convento o trattato», e come tale era la dea dei giuramenti. Forse, è per
questo che si giura in nome delle stelle. Il testo più antico sopravvissuto
di lei proviene dalle rovine dell'era sumera dell'Elba nel nord-ovest della
Siria, tuttavia fu successivamente adottato dagli Hurriti e poi dagli Ittiti
come Ishara, dagli Accadi come Ashara e dagli Ugaritici cananei come Ushara.
Le tre sorelle sirene, del resto; tipiche del
mito mediterraneo; con zampe e ali d’uccello; simili anche alle arpie; trovano
retaggio proprio nella storia delle dee di reminiscenza asiatica –
mesopotamiche, sumere, egizie – tanto è vero che la Grande Signora degli
animali mesopotamica, così la sua erede Syria che ne ha in qualche modo
ereditato i tratti; vividi anche nella fenicia Astart; nella siriana Atargatis,
dalle quali è emersa la stessa «Afrodite
della bianca schiuma del mare»; sono tutte le dee connesse alla storia di come
la sirena, dalla culla asiatica da cui peraltro trae origine la stessa
Frigg/Freya, o «Mardoll/Syr» (epiteti citati da Tacito) sia stata assimilata ai miti mediterranei prima, e a
quelli nel Nord Europa poi. La stessa cosmogonia artica e baltofinnica nasce dalla reminiscenza cosmogonica asiatica dell’uovo – ab origine di anatra,
per essere precise – dove «decisivi furono i traffici della via della seta».
A
ogni modo, la reminiscenza celtica di cui la Liguria è intrisa (peraltro Grecia
e Britannia primitiva condividerebbero, secondo R. Graves, la stessa “dea
Bianca” connessa ai raccolti – ovvero reminiscenza della stessa Iside, poi sostituita
con Demetra e Cerere – alle acque, e alle famigerate isole iperboree delle
sacerdotesse mitiche) farebbe senz’altro pensare che non sia un’illazione,
quella presentata dagli studiosi che
sostengono un contatto persino tra la parola “ligure” e «Lug», famigerato eroe
e dio celtico...
ESPLORAZIONI DI RICERCA
Vecchia Darsena, Savona(SV), Liguria
Indicazioni
Se volete andare a trovare la amata sirenetta qui brevemente
presentata; si trova alla Vecchia Darsena di Savona, ovvero nel cuore della “Savona
tradizionale”. La banchina riservata all’ormeggio delle barche è utilizzata dai
pescatori che forniscono pesce fresco ai ristoranti che lì sorgono. Il resto
della darsena è adibita a porto turistico con yacht e barche a vela. Il porto
di Savona è inoltre composto dalla Darsena Nuova e dal vecchio molo
frangiflutti; che si estende sul mare dalla Calata Paolo Boselli.
La Sirena
dormiente, adagiata su una culla di reti; si trova sul bordo della banchina
della Darsena Vecchia, a lato sud-est, non difficile da notare poiché il
bronzo, opera dell’albisolese Giampaolo Parini – 1941/2015 – realizzata intorno
alle fine degli anni novanta; misura circa 120 cm.
Album fotografico
di Claudia Simone
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