Il Frassino, l'Albero delle Donne


FRASSINO
Fraxinus Excelsor

Nel mito

Frassino è la traduzione del latino fraxinus, che a sua volta deriva dalla radice di fragor, che signifca “schianto” o “fracasso” e di fractura, “frattura” (1). L’albero era infatti sacro a Poseidone, il dio dei sismi, “potenza attiva che scuote la terra” secondo le parole di Plutarco. Fu infatti Poseidone a profetizzare a Delfi con il pykrón, un metodo di divinazione con il fuoco provocato, secondo il Brosse dal “fulmine attirato dal frassino” (1). La credenza di un potere legato al fuoco celeste, nondimeno connesso alla Grande Antenata il cui spirito era conservato nella natura arborea “liberata” dal contatto con il fulmine – che in alcuni casi ha rappresentato l’antenata stessa, sotto forma di stella o meteora – ha a ogni modo origini preistoriche; e si trova nelle antiche credenze sciamaniche dall’estremo nord della Siberia fino all’Egitto prefaraonico (2). Sebbene il frassino sia maggiormente conosciuto nel mito come Yggdrasill, nondimeno l’immagine più grandiosa del mitico albero del mondo descritta nell’Edda di Snorri Sturluson del XIII secolo; è in un terreno più antico e non solo connesso alla mitologia norrena che affonda le sue mitiche radici; e i suoi simbolismi stanno a indicare una intima connessione con il mondo femminile, nondimeno la eco di una tradizione arcaica dell’area mediterranea, quando questa pianta era considerata sacra alla triplice dea, alla luna dai tre volti, immagine della Grande Madre (1). In effetti, Robert Graves suggerì una intima relazione tra Yggdrasill e la parola greca “ygra”, “l’elemento umido”, per estensione il mare (1). Nella prosa di Snorri una delle tre radici dell'albero cosmico arriva fino alla terra delle divinità celesti, gli Asi, e sotto di essa vi sarebbe una fonte e una bella sala dove le dame del destino, le mitiche Nornir, filerebbero il destino degli uomini. Sebbene sia ricorrente la loro figura triplice, si apprende dagli studi di P. Scardigli (Cfr. 3 p. 80) che queste sono molte di più. Il termine Norna deriva dall'antico norreno “Norn” che significa “colei che bisbiglia un segreto”; esse vivono presso la fonte di Urdarbrunnr, ove tessono il destino di ogni vivente. I loro nomi sono Urdhr, la vergine, che impersonifica la luna crescente; Verdhandi, colei che è della luna piena, la madre; e Skuld, la luna calante, nonchè la vecchia; nondimeno figure recanti i volti delle antiche madri emerse dagli studi della celebre Maria Gimbutas. Secondo L'Oracolo dell'Indovina, una antica opera poetica nordica, furono le prime a riprodurre ed incidere le rune. Con il loro potere, e con la sola presenza, irrorano ogni giorno, con acqua e argilla, per evitare che secchi o marcisca, il frassino Yggdrasil, che significa cavallo di Yggr, nonchè “forca” o “patibolo” di Óðr/Odin dove il dio, il “totalmente altro”, immolò se stesso al sacrificio per nove giorni e nove notti  per ricevere la saggezza delle rune ove è racchiuso il mistero, il segreto dell'esistenza stessa. Nell'Edda le Nornir sono le intagliatrici delle rune – i segreti sussurranti – che sono incise sulle loro unghie, con cui tessono la trama del destino, nonchè dell'eternità, davanti alla quale persino gli dèi soccombono; dato che periranno nel Ragnarok, a differenza delle Nornir che sono le uniche creature della mitologia norrena ad essere incarnazione di sostanza incorruttibile e immortale. L'unico elemento eterno nella cosmogonia norrena è infatti il destino, pertanto le Nornir hanno potere decisionale persino sulle divinità, che in questo senso sono alla stregua degli umani, poichè dipendono dalla volontà delle filatrici, che naturalmente sono assimilabili alle parche greche, alle moire romane, e all'archetipo preindoeuropeo della Dama Bianca, assimilabile per attributi e congruenze alla Grande Madre dei Vani Frigg/Freya; la più simile a una Grande Madre protoindoeuropea che è sopravvissuta al rimaneggiamento patriarcale della mitologia norrena. In passato Frigg, insieme a Skaði e Freya, era probabilmente una grande dea triplice, la filatrice, la conoscitrice di ogni destino, inciso sulle unghie delle Nornir – che probabilmente sono le sue stesse dita profetiche (4). Nella Grecia, del resto, il frassino era abitato dalle ninfe Melíadi, analoghe per certi versi alle Norne norrene. Melía ha la stessa radice di méli, che significa miele, e da nome al Fraxinus excelsor, che in greco era chiamato “bumelía”, da bu che significa grande e melía, frassino. Senza il prefisso bu- melía indicava un altro frassino, l’orniello ovvero Fraxinus ornus, ancora oggi diffuso in Grecia; nondimeno era anche il nome stesso della ninfa del frassino(1). Tale specie è frequente anche nel Sud dell’Italia, in particolar modo in Sicilia, dove è tutt’oggi detto “frassino da manna”, un tempo creduta la sostanza biblica così chiamata e proveniente presumibilmente dalla linfa viscosa e zuccherina di questi frassini; tuttavia, nel deserto del Sinai gli ornielli non esistono e su questo è stata creata confusione. Nella Grande Cabilia, regione geografia dell’Algeria, il frassino è per eccellenza l’albero delle donne, che vi appendono amuleti sacri allo scopo di far innamorare gli uomini, ai quali è vietato avvicinarvisi. In Irlanda, ovvero in terra celtica, tre dei cinque alberi sacri erano frassini: il loro abbattimento nel 665 dopo Cristo segnò il trionfo del cristianesimo sulla religione tradizionale (1). Fra i celti, ove le “coracles”, le tradizionali imbarcazioni di vimini erano fatte con il legno di frassino; era simbolo di rinascita e gli erano attribuite guarigioni miracolose. Nell’alfabeto arboreo celtico era il terzo albero, designava il mese che precede l’equinozio di primavera: fino a un secolo fa in Francia si usava infatti accendere il nuovo fuoco dell’anno con la legna del frassino, affinchè la primavera beneficiasse di grandi piogge che rianimassero la vegetazione dopo il riposo del rigido inverno. Anche nel Cheshire, c’è una credenza secondo la quale strofinare le verruche con un pezzo di lardo per poi inserirlo in una fessura della corteccia di un frassino le faccia guarire miracolosamente (5 p. 638). In Inghilterra si facevano passare i bambini attraverso un frassino spaccato come cura per l’ernia e la rachitide (5 p. 792) e si credeva esserci un legame “simpatico” tra l’albero e il bimbo venuto a contatto col suo genio (5 p. 792); tanto è vero che l’abbattimento dell’albero sarebbe costato la vita a colui che vi avesse intrecciato la propria. Nell’Ovest dell’Inghilterra si credeva che tale passaggio attraverso l’albero dovesse essere fatto “contro il sole” per poi coprire la ferita della corteccia con fango e argilla: l’ernia sarebbe guarita insieme alla fessura dell’albero, o al contrario, se non chiusa correttamente, si sarebbe riaperta; e se l’albero fosse morto, sarebbe morto anche colui che presso il suo nume stava guarendo (5 p. 792). Simili credenze riguardo al frassino sono attestate in Germania, Francia, Danimarca e Svezia. Nella Descriptio insularum aquilonis di Adam, del XI sec.; canonico e magister scholarum di Brema, viene ricordato un tempio di Uppsala, nella Svezia pagana nei pressi del quale si levava un enorme albero che allarga i suoi rami ed è sempreverde, ed anche se nessuno sa di che specie sia questo albero, sembrano esserci echi del mitico Yggdrasill. In prossimità di tale albero vi sarebbe stato un pantano, formato da una fonte che scaturiva ai piedi dell’albero, accanto al quale si consumavano sacrifici gettandovi un uomo vivo: se questi non fosse ritornato alla superficie significava che gli dei avessero apprezzato il sacrificio e il desiderio del popolo sarebbe stato accolto (1).

Proprietà e leggende

Il Fraxinus excelsor, nondimeno quello in fotografia; è uno tra i più alti alberi europei ed è stato considerato un rimedio miracoloso contro i morsi dei serpenti: nell’ Edda è proprio il serpente del nero abisso, a dimorare ai piedi di Yggdrasill dove ne corrode le radici; anche se la demonizzazione del serpente e relativa negativizzazione dell'elemento umido e ctonio è un tema relativamente recente e di stampo patriarcale. A ogni modo, Dioscoride consigliava di applicare il succo delle foglie dentate e affilate sulle ferite, oppure di berlo (1, Cfr. Dioscoride, I, 80). Ciò era confermato da Plinio, che scriveva che i serpenti fuggissero persino l’ombra del frassino; nondimeno che se si forma un cerchio con rami di frassino entro il quale si chiudano un fuoco acceso e un serpente, quest’ultimo si getterebbe nel fuoco piuttosto che avvicinarsi ai rami del frassino. Al più, riferisce ancora; il frassino fiorisce prima che i serpenti escano dai loro ricoveri e non perde il fogliame prima che siano tornati a rintanarsi (1, Cfr. Gaio Plinio Secondo (Il Vecchio), Naturalis historia, XVI, 64). Tale proprietà del frassino veniva citata ancora nel XVI secolo nella Maison rustique di Liébaut e fino all’inizio del nostro secolo nelle campagne ne venivano utilizzate le foglie contro i morsi delle serpi. Nel Medioevo si credeva anche in una funzione apotropaica del frassino: per allontanare gli spiriti maligni da un ambiente era sufficiente arderne la legna (1).

Scheda

Il frassino appartiene alla famiglia delle oleacee, il suo habitat si trova nei boschi e terreni freschi fino a 1400 metri. La raccolta si effettua ad aprile per la corteccia dei rami giovani e a fine giugno per semi e foglie. Appartiene a un genere di oltre sessanta specie e può raggiungere i 40 metri. Ha il tronco diritto, corteccia di colore grigio chiaro e chioma alta e arrotondata. Le foglie sono composte da quattro a sei coppie di foglie più piccole con margini dentati e aguzzi. In primavera fioriscono piccoli fiori in densi grappoli dal coloro violaceo. Il suo legname forte è stato impiegato, in passato, per fabbricare sci. La fitoterapia, nel frattempo, afferma che le foglie essiccate, la corteccia e i semi sono febbrifughi a astringenti, ma anche tonici, lassativi e sudoriferi. La fioritura dell’orniello, ovvero il frassino delle ninfe Melíadi sopraddette, avviene nel mese di maggio ed emana odore di miele. Il succo ricavato dalla corteccia, praticando una incisione in agosto con un particolare falcetto, coagulato da luogo alla “manna” sopra citata, che i Greci denominavano “il miele dell’aria” o “miele di rugiada” (1). Il frassino è antinfiammatorio, astringente, diuretico, lassativo e tonico. Il decotto di foglie si può utilizzare in caso di dolori reumatici, di infiammazioni articolari e di elevato tasso d colesterolo nel sangue. L’infuso di foglie è disintossicante, diuretico, e rallenta il processo di invecchiamento. Masticare le foglie può migliorare l’alitosi. Il decotto può detergere il viso, soprattutto in vista di pelle grassa. Per la sua robustezza, il suo legno viene utilizzato per la produzione di mobili e utensili (6).

 

Bibliografia

(1) Florario, Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Alfredo Cattabiani, Mondadori pp. 43-49
(2) L’Incanto e l’Arcano, per una antropologia della Befana, Claudia e Luigi Manciocco, Armando Editore
(3) Le Divinità Femminili del Pantheon Nordico, Claudia Emanuele, Edizioni La Zisa, p. 80 Cfr. Il Canzoniere Eddico, P. Scardigli, cit., p. 209
(4) Dita di Nornir, Brano di Claudia Simone per L’Antro di Claudia
(5) Il Ramo d’Oro, studio sulla magia e la religione, James G. Frazer, Casa Editrice Bollati Boringhieri
(6) Nuova Enciclopedia delle Erbe, riconoscimento e uso medicinale alimentare, aromatico, cosmetico; Edizioni Del Baldo, p. 104

Crediti fotografia: Claudia Simone

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