Negli anni dove casi di stregoneria ritenuta malefica proliferavano, in particolare mi riferisco agli studi del presente sito svolti sul campo in Piemonte, nel Novarese, in Valle Antigorio (nondimeno la Trioria Antigorina) e nel borgomanerese, la demonologia credeva che mentre la strega era in volo – ciò fu confessato da Margherita Turchelli – un oggetto veniva posizionato al suo posto per ingannare marito e familiari.
Nel caso di questa testimonianza si trattava di un bastone che lasciava al posto di sé che assumeva la sua figura e la sua voce e per opera del suo amante e demone Andriolo prendeva le sue sembianze fino al suo ritorno (1, p. 321).
Quello del bastone magico è un aspetto che trova reminiscenze nel culto della Nonna del focolare risalente al neolitico, nondimeno quella che conosciamo come Befana, alla quale la tradizione di molti popoli ha dato volto e nomi differenti ma con simili corredi e dotazioni, tra cui il fuoco, la cenere, la maschera utilizzata nel folklore per evocarla (ovvero metafora della impossibilità di vederla e l'obbligo del sonno fintantoché visitava le case) e il bastone o la scopa, successivamente diventati grazie alle fiabe le famigerate bacchette magiche delle fate madrine, che altro non sono che un volto della Strega/Befana stessa (2).
Note
Margherita Turchelli, fu vedova di Jorio di Premia esaminata il 27 Aprile 1519 per crimine di apostasia delle streghe e malefiche, sospetta di pravità ereticale, diffamata per informazioni e indizi che ne precedevano la fama.
Il processo fu istituito e attuato dal rev. Sig. dottore frate Alberto Bossi di Novara dell'Ordine dei Predicatori.
Nel corpo ufficiale dell'accusa, fra le altre, quella di seguire dolosamente, per vie traverse e meditate, la setta degli eretici. Margherita avrebbe inoltre provocato tempeste e grandini, al fine di distruggere i frutti della terra e avrebbe aggiunto mali ai mali conducendo altre persone sulla via eretica; oltre ad aver praticato lo sputo dell'ostia e aver fatto con il sacramento dell'altare discorsi osceni e ladreschi.
Margherita non approfittò del presunto tempo di grazia, che anzi affrontò con “animo indurito” incorrendo nella sentenza di scomunica e di anatema (1), dando manifesto di non volersi pentire.
Davanti al prefato Signor Alberto, durante il primo interrogatorio dei tre ai quali venne sottoposta, negò tutto. Allora si decise di procedere alla tortura, dopo la quale giunse la prima confessione di essere stata iniziata alla stregoneria quarantacinque anni prima, ovvero nel 1464, da Maddalena Perini di Cristo e ciò venne confermato in un quarto interrogatorio.
“Vista l'ostinazione sua, poco dopo la fece sollevare da terra ed in tal posizione la tenne per lo spazio di circa un'ora al fine che confessi la verità. E pur rimanendo a lungo nella sua pertinacia, tuttavia, disse di voler confessare la verità se venisse deposta” (1, p. 318).
Da quella confessione, sorsero la maggior parte dei presunti elementi del Sabba, tra cui iniziazione, affidamento al demonio, volo al gioco diabolico, descrizione dello svolgimento, elenco degli altri partecipanti, elementi dell'arte strionica riguardanti tempeste, una bussola d'unguento portentoso, la dipendenza dal demonio (nonché amante di ogni strega novella) e descrizione della sua compagna e i nomi di altre ed altri coinvolti contro cui Margherita testimoniò.
In seguito, destinata alla curia secolare; a Margherita venne affidato un avvocato difensore ovvero il giureconsulto Antonio Bernardo di Campieno e la strega venne richiamata a giudizio finale nel tribunale di Rozzaro (Premia).
Con tutta probabilità venne tenuta a disposizione dei processi per il riconoscimento degli altri partecipanti alle riunioni; finché non si seppe più nulla di lei, ma secondo il Bertamini (1) è probabile che perì il rogo.
(Tratto da Le Streghe di Croveo: fatti e prospettive sulla Triora Antigorina e cenni sulle Valli dell'Ossola, Formazza e sul Novarese)
Commenti
Posta un commento