Il “diavolo”(1) a differenza di quanto molte e molti purtroppo tutt'oggi ritengano, non ha assolutamente nulla a che fare con l'antico culto cui le vere streghe erano e sono devote, poiché è una suggestione puramente cristiana.
Il fatto che le streghe cavalcassero diavoli (che potrebbe essere una reminiscenza della marcia selvaggia della strega alpina Perchta e delle sue Truden, o capitanata dalla strega vendicatrice Erodiade/Diana) e si unissero a entità diaboliche sessualmente, come emerso da molte confessioni estorte con l'ausilio della tortura, è una parte della storia che cela una verità più profonda, più autentica.
I greci, semai, parlavano di un «Daimon» (dal greco daimónion) ossia la forza di un demone (identificabile anche nel termine «Luonto» presente nella sapienza millenaria sciamanica balto-finnica e artica che emerge negli incantesimi riportati nella Mythologia Fennica del 1789) che abitava all'interno di ognuna e ognuno, una presenza misteriosa che veniva scelta da ogni anima nel viaggio che precedeva l'incarnazione fisica, sotto l'egida delle Parche/ Fatae (alla stregua delle Nornir), le filatrici del fato che avrebbe guidato l'essere umano una volta varcata la soglia della materia, ancorandosi all'utero materno “prescelto” allo scopo di perseguire quella promessa.
Tale narrazione è stata rintracciata dal padre della psicologia dell'anima James Hillman nel Mito di Er scritto ne La Repubblica di Platone e posto a prefazione del libro del celebre allievo di Jung, intitolato Il Codice dell'Anima.
Scopo della creatura umana, una volta nata, sarebbe stato proprio quel viaggio che il grande C.G. Jung ha denominato processo di individuazione del sé, ovverosia la consapevolezza che regge anche le mura intangibili del Biancospino, che rappresenta in modo quanto più verosimile l'anima antica che mi abita e mi ha spinta a crearlo, come luogo dove anche altre e altri avrebbero potuto trarre ispirazione per individuare il proprio ospite antico.
Individuazione, quindi, del «genio tutelare» ‒ e ombra ‒ che si delinea nel sé profondo che ci abita, che vive nelle profondità (spesso insondate) di noi stesse, per questo considerato da molte e molti oscuro e pericoloso e molto diverso dall'io Storico che illusoriamente si potrebbe credere di essere.
Ciò non significa che non siamo «anche» il nostro corpo, la nostra umanità e la persona nella quale ci identifichiamo, ma non siamo solo quello.
Ciò serve comprendere alla strega e in generale ai neofiti che intraprendono il sentiero verso l'antica coscienza che vive assopita dentro, a stare bene attente e attenti a non confondere «i misteri» con un narcisistico culto della personalità ‒ la propria o di una presunta maestra o di un presunto maestro ‒ poiché le sembianze fisiche e la mente (nondimeno la trasposizione del sé concettuale), seppure non scisse dal resto del sé, sono le membra ove la scintilla dell'anima è custodita, la quale dovrebbe guidare le altre parti, piuttosto che subirne le volontà effimere.
Il progressivo avvicinamento alla propria vera anima può essere rintracciato nei richiami del suo incanto, che si esprimono dandoci la spinta a una piuttosto che a un'altra «vocazione» che altro non è che la necessità insopprimibile ad essere chi si è davvero, che è forse la vera meta di una strega.
Anche l'allontanamento da quella parte lì, che può essere rintracciato in quelle emozioni forti di rabbia e impotenza, che chiamano alla sua scoperta e quindi ad abbracciare tale oscurità che, se non nutrita nel modo giusto, potrebbe davvero trasformarsi in qualcosa di inespresso e quindi pericoloso per sé e per le altre, è molto importante da riconoscere e maneggiare, affinché la parte di sé che vive nascosta trovi la sua via per esprimersi nel mondo, ogni giorno, distribuita negli ambiti e nelle relazioni dove se ne ha più bisogno.
Messa a fuoco tale natura interiore, questa spinge a fare, nel mondo, l'unico compito mai possibile da realizzare: quello che tale anima ci ha assegnato, molto prima che assumessimo la forma che, imprecisamente, chiamiamo e identifichiamo con “noi stesse/i”, ovvero diventare ciò che siamo con quello che abbiamo.
Vocazione deriva dal latino «vocatus», nonché da «vox», voce e ha assunto pertanto il senso di «chiamata».
Ognuna e ognuno ha una voce, dentro di sé, una volontà inaggirabile che chiama al completamento del viaggio incominciato ancor prima che se ne possa avere memoria.
Tale voce, che spinge alla rotta dell'anima, si esprime anche con un richiamo a specifici gesti e si rivolge a noi attraverso simboli e tendenze innate a una particolare natura animale o naturale, che molto spesso si sente come propria, quasi da percepire di essere abitate e abitati da forze provenienti da un antico passato a cui si accede nel contatto profondo con le memorie e, se lo si desidera, avvalendosi della semiotica.
A ogni modo tale demone, questa figura interna (benché se inascoltata e mal canalizzata può assumere aspetti bestiali e considerati ripugnanti) intesa come anima e volontà profonda innata, non ha nulla a che fare con Satana, diavoli e demoni descritti dalle religioni giudaico-cristiane, i cui dottori, come ben sappiamo, in qualche modo dovevano creare un capro espiatorio per tutte le storture e le vocazioni represse che rinnegavano dentro di sé e alle quali, a causa della frustrazione data dalla negazione del proprio lato tellurico e d'ombra, diedero proprio una forma femminile, trasferendole dapprima nella creazione di un demonio che fosse «fuori di sé» ‒ concezione del tutto lontana dalla «lucifera verità delle streghe», che il loro demone, e il suo aspetto sia d'ombra che luciferino lo vivono e lo amano dentro ‒ e in secondo luogo incanalandone l'immagine nell'essere più assonante, per sua stessa natura, con le vie antiche e naturali, ritenute pericolose e che perciò temevano, dal cui retaggio volevano liberare i villaggi di “pagani”(2) più ostili al rinnovamento religioso, ovvero quelle donne che mantenevano ancora in vita i barlumi di una Antica Religione Femminile basata sulla libertà e sulla scelta(3).
La libertà di trovare e nutrire dentro quella luce che brilla nel buio, la scelta (che è sempre stata propria) di portarla o meno nel mondo.
Note
(1) Satana, il Diavolo e Lucifero
Sono molti i modi con cui il Demonio è stato chiamato e definito.
La parola Satana, ad esempio, dal latino tardo Satan significa nemico, avversario, oppositore o accusatore, nondimeno colui che figura nella Sacre Scritture come spirito del male, nemico di Dio; di cui le Streghe sono diventate ovvia trasposizione.
La parola Diàvolo, similmente, dal latino diabolus o greco diábolos, è calunniatore; ovvero da dia-bállo (getto in mezzo, quindi calunnio); (Cfr: ebraico s'atan, cioè avversario).
“Lucifero” proviene invece dal latino lucifer, composto di lux – luce – e ferre – portare – il famigerato angelo caduto che la mitologia cristiana ha associato a Satana.
Anche se poche e pochi lo sanno, Lucifero era già una divinità romana, nonché assimilabile al greco Eosforo, associato al pianeta Venere così come l’Adone semitico, dio delle cose, “sposava la stella Astarte”.
Se non altro l'angelo Lucifero potrebbe essere la degenerazione del volto preindoeuropeo delle Dee di Luce, la cui origine si perde nella notte dei tempi: Lucina “candelifera”, Lucia, il cui culto è ben precedente a quello attribuito dal sincretismo con la santa siracusana ed è, secondo i nostri studi, con tutta probabilità connesso alla figura della Erodiade/Diana preromana, di dietrologia forse etrusca e protagonista del culto della luce e della gioiosa danza selvatica delle prime sacerdotesse della Europa Antica che veneravano la Grande Madre nella sua forma lunare triplice, ma anche nel suo aspetto solare; di cui Diana è portatrice, ed è per questo che nel mito illustrato nel Vangelo di Leland sarebbe sposa incestuosa di Lucifero, col quale darebbe alla luce la figlia Aradia, semidea medievale vendicatrice delle streghe; dato che la dicotomia e consecutiva scissione è un retaggio delle mitologie indoeuropee, che hanno privato le dee – così le donne – dei loro attributi primigeni; spostando l’attenzione dal culto ciclico e pacifico della Grande Madre alle bellicose e prepotenti divinità solari ad appannaggio famigeratamente maschile.
(2) Pagano/Pagana
Il termine “pagano” delineerebbe le donne e gli uomini che abitavano nei «pagus», ossia nei piccoli paesi (ben lontani dalle città ormai inevitabilmente cristianizzate) che perpetuavano riti, usanze e preghiere che, a causa della venuta del cristianesimo, venivano sempre più intimamente connessi a divinità caotiche, imprevedibili e spaventose; concentrate nella figura del famigerato diavolo.
(3) Scelta/Eresia
Il termine scelta è significativamente connesso con la parola eresia, della quale le streghe sono state accusate nel periodo relativo alla Caccia alle Streghe.
Proviene dal greco «haìresis», ovvero significa scelta.
* La etimologia delle parole è tratta da Dizionario Etimologico, Edizione Aggiornata, Rusconi Libri.
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Testo di Claudia Simone tratto da Streghe, Dee, Befane, Donne e Valchirie: alle origini della Stregoneria e la Vecchia Religione nell'Europa Antica e Occidentale vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso scritto dell'autrice e senza citare la fonte.
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